Supermagic – Infinito
Angelo Talocci
Supermagic – Infinito (2011)
iTunes
10 brani – durata: 32’09’’
Sta ormai assumendo le sembianze di un vero e proprio mandato musicale la filiazione di Angelo Talocci con lo show teatrale Supermagic. Giunto alla sua ottava edizione, l’evento che raccoglie con cadenza annuale i migliori esponenti della magia e dell’illusionismo internazionali, da tre anni ha trovato nella cifra del compositore romano un’effigie irrinunciabile. E senz’altro indiscutibile. Se è vero infatti che Talocci ha esordito alla corte della manifestazione nel 2009, sull’onda degli importanti riscontri riscossi per il suo variegato e ispirato commento musicale all’altrettanto “magico” Tablò (l’imponente musical/spettacolo interpretato da Gaetano Triggiano di cui abbiamo già ampiamente trattato nelle pagine del nostro sito) e quindi oltremodo garante di una conclamata competenza per le strategie narrative e spettacolari di questo particolare medium, è altrettanto innegabile che la capacità dell’autore di potenziare il sostanziale coefficiente di fantasia e fantastico dello spettacolo grazie alla sua nota scrittura improntata al grandeur sinfonico di stampo hollywoodiano, alla vena melodica ariosa e all’occorrenza capace di spandere verso picchi enfatici non comuni alle necessità del prodotto medio italico, ha avuto un ruolo primario nel definirsi di questa funzionalissima partnership.
A riprova di questa oculatezza nella scelta del referente musicale, ecco la presentazione discografica delle musiche per l’ultima edizione diretta da Renato Giordano – stavolta impostata sul tema dell’infinito – disponibile su iTunes nell’ambito di un’operazione di archiviazione dei propri lavori (un catalogo vastissimo che attraversa cinema, tv, pubblicità e teatro) che il musicista ha recentemente attivato grazie alla praticità della piattaforma digitale. I dieci brani della raccolta rappresentano, come di norma, gli interventi incidentali che Talocci ha composto per accompagnare i quadri narrativi dello spettacolo; momenti di collegamento tra un numero e all’altro che, recitati su palco, abbisognavano di un approccio di scoring a tutto tondo. Il compositore ha reagito organicamente, plasmando ancora una volta un tema portante che assolve pienamente al “sense of wonder” di cui tutto il progetto è permeato. “Oltre l’infinito” prende infatti le mosse da una delicata nenia per music-box su cui, progressivamente, si strutturano intelaiature crescenti culminanti in marziali fasce di ottoni e archi che dischiudono subito allo scenario zimmeriano. Il brano mette in mostra le peculiarità del comporre talocciano: metriche e innesti ritmici elaborati, melodismo morbido e avvolgente, enfasi strumentale. Riconfermata anche l’expertise tecnica del musicista, noto per la sua dedizione alla cura del suono sintetizzato: la gestione dei campionamenti sempre al di sopra della media, il mix “dinamico” durante l’esecuzione dello spartito e una nuovo traguardo nell’implementazione dei campioni vocali (sperimentati da Talocci proprio nella precedete edizione di Supermagic) in grado di arrivare ad una resa corale davvero ragguardevole. Oltre che nel cue d’apertura, l’efficacia del trattamento corale è evidente anche nell’intenso e liturgico “Oltre l’infinito (seconda versione)”.
Sempre attraversato dalla maestosità del main theme, il commento snocciola anche interventi meno accessi e altisonanti dove però l’attenzione alla timbrica e alla compiutezza musicale non vengono meno. Si ascolti ad esempio il fagotto a là Dukas in “Geometria dell’infinito”; le masse aleatorie e atonali de “L’infinito distrutto”; il volteggiare incantato del clarino ne “Il nodo infinito” (unico pezzo chiamato ad accompagnare un numero di scena) e le molte architetture circolari e quasi minimaliste degli archi disseminate nell’intero lavoro.
La chiusura è affidata ad un lungo pezzo con funzione riepilogativa (utilizzato come ouverture in sala), un’ulteriore certificazione di una scelta, quella degli organizzatori, ben lontana dalle comodità routinarie ma al contrario sostanziata dalla certezza di un responso musicale sempre all’altezza della dimensione “straordinaria” imbastita sul palcoscenico.