11 Feb2011
Wonder Woman
Christopher Drake
Wonder Woman (Id. - 2009)
La-La Land Records LLLCD 1115
22 brani – Durata: 53' 47''
Sensazionale è il primo aggettivo che viene in mente per descrivere la musica di Christopher Drake. Un modo per farsene un'idea è visitare e ascoltare la pagina ufficiale My Space dove l'autore offre un assaggio del suo stile: un frullato di grandi pezzi sinfonici alla maniera dei grandi nomi dell'Ottava Arte. L'impressione è che Drake abbia divorato i pentagrammi di Danny Elfman, Howard Shore, Hans Zimmer, John Debney, Christopher Young e si trovi perfettamente a suo agio nell'imbastire complicate partiture epiche e d'azione. C'è poi un aspetto che ha quasi dello straordinario. Tutta l'orchestra è ottenuta con esecutori digitali, in pratica ogni singolo suono è eseguito da un computer con un database di samples orchestrali, cosa da far drizzare i capelli vista l'attenzione timbrica e le cesellature esecutive che caratterizzano ogni brano. Nel 2009 Drake (Hellboy) ha dato ampia prova di questo talento con la OST di Wonder Woman, seguita l'anno successivo dalla speculare Batman Under The Red Hood, due produzioni della DC Universe. Wonder Woman in particolare ha segnato un momento di maturità anche perché l'autore ha dovuto lottare con la produzione del film inizialmente orientata per uno score rock fracassone. Convinto invece che la pellicola avesse bisogno di una musica “grandiosa, cinematica e lirica nello stile di Holst, Bruckner e Prokofiev” (parole sue), Drake ha ottenuto il benestare del produttore Bruce Timm e dato libero sfogo alla sua vena classicheggiante, consegnando un commento musicale indiscutibilmente epico e quasi incredibile per un cartone animato, sebbene di questo rango. L'amazzone creata dallo psicologo americano William Moulton Marston è descritta da un tema di quattro note perché quattro – spiega l'autore nel ricco booklet – sono le vocali dell'eroina in questione (“Won-der Wo-man”). Bizzarrie a parte, la scelta di un tema principale (“The Battle / Origins” e il conclusivo “Wonder Woman”) arioso ed evocativo dà respiro ad uno score che altrimenti risulterebbe troppo tensivo. Inoltre l'innesto di una voce solista femminile, ripresa ed amplificata in taluni passaggi dal grande coro campionato, regala decibel e decibel di pathos. Altre idee non sembrano molto azzeccate, come la scelta di usare delle quinte ostentate (“Bracelets And Arrows”) che producono un effetto arcaicizzante, quasi si trattasse di un film ambientato nel medioevo. Forse il punto debole della OST è proprio la sua eccessiva esteriorità e la boria di competere con blockbuster più titolati, laddove sarebbe stata più gradita un'autogestione, per così dire, della creatività e un realismo sui mezzi a disposizione. In effetti l'impossibilità di impiegare un'orchestra filarmonica e il ripiego, come anticipavamo, su un'esecuzione “computer generated” presentano degli inevitabili lati oscuri. Per carità, tanto di cappello lo si deve all'eccellente e solitario lavoro con cui la musica è stata orchestrata per circa 100 elementi virtuali ed eseguita dall'orchestra sintetizzata. C'è da rimanere quasi increduli di fronte alla superba affinità del risultato finale con un'esecuzione tradizionale (in particolare risultano assai pregevoli i campioni di ottoni, fiati e percussioni, un po' meno i pur sorprendenti cori che si spingono anche nel recitare parole in latino!). Rimane da dire però che alcuni passaggi, soprattutto per archi, relativi alle sequenze meno adrenaliniche e orchestrate più sobriamente, mostrano il fianco alla critica, mancando dell'individualità dei singoli strumenti. Quindi i cultori dell'ancien régime possono ancora dormire sonni tranquilli: le orchestre virtuali hanno ancora molto da imparare dalle loro omologhe in carne e ossa.