I quattro pistoleri di Santa Trinità
Roberto Pregadio
I quattro pistoleri di Santa Trinità (1971)
GDM Music 4125
20 brani (17 di commento + 3 canzoni) - durata: 42' 18"
Per I quattro pistoleri di Santa Trinità, Roberto Pregadio opta per questo tipo di sonorità e la prima traccia del CD, corrispondente al tema dei titoli di testa, vale come una dichiarazione d’intenti: la tromba, anziché esibirsi in lunghi e sofferti deguello o lasciarsi permeare da influenze provenienti dal folklore messicano, si muove lungo armonie jazz dai ritmi sincopati e nel finale si abbandona addirittura a qualche spunto improvvisativo su base organistica. Tale impronta jazzistica permane, in maniera più o meno evidente, in molti dei brani successivi: in quelli più drammatici e angoscianti come “Attesa jazz”, “Quattro pistole”, “Mistero” e “Attesa di morte”; in “Notturno”, costruita attorno ad un delicatissimo assolo di chitarra semiacustica; in “Cowboy swing”, dove la tromba e il flauto rincorrendosi languidamente evocano un’aura più facilmente assimilabile ad un moderno contesto urbano che ad una dimensione western; in “Pistolero nei guai”, anch’essa incentrata sull’onnipresente tromba ma con in più una manciata di accordi pieni suonati da una chitarra elettrica distorta; infine in una versione alternativa del tema principale impreziosita da alcune incursioni del flauto.
Con “Julie” e “Nella prateria” si ritorna opportunamente all’interno dei margini del western italiano e non: la prima è una canzone triste, ripresa più lungamente anche nel finale, interpretata dalla voce profonda di Peter Boom su uno scarno arpeggio di chitarra classica; la seconda non è altro che un arrangiamento orchestrale ad ampio respiro della precedente. Ritroveremo la stessa melodia per sottolineare dei momenti malinconici, come in “Ricordi”, o per descrivere i vasti spazi del West, come nella lenta “Verso la frontiera” e, in una veste più insinuante e drammatica, in “Crepuscolo al canyon”.
Il brano “Momento drammatico” suggella degnamente la partitura in quanto i due stili, tradizionale e jazzistico, finalmente si fondono in una lunga performance a commento della resa dei conti.
Restringendo il giudizio nell’ambito del western, I quattro pistoleri di Santa Trinità conferma come l’integrazione tra le atmosfere del genere e uno score orientato verso il jazz sia piuttosto ardua. Fatta questa precisazione, non si può negare che il disco, ad una fruizione autonoma rispetto alle immagini, abbia un certo fascino e dimostri il grande eclettismo compositivo di Roberto Pregadio. A mio avviso però non è possibile evitare di rimpiangere altre partiture del Maestro che brillano maggiormente per le grandiose tessiture orchestrali e il particolare gusto melodico, come Il pistolero dell’Ave Maria (1965), scritto insieme a Franco Micalizzi e pubblicato alcuni anni or sono dalla Curci su un CD purtroppo da tempo fuori catalogo (è utopistico sperare in una ristampa?), L’ultimo killer (1967) e Un buco in fronte (1968), quest’ultima composta a quattro mani con Walter Rizzati