21 Ott2014
Guardians of the Galaxy
Tyler Bates/AA.VV.
Guardiani della galassia (Guardians of the Galaxy, 2014)
Hollywood Records D002014802
Cd 1, 12 brani – Durata: 42’32”
Cd 2, 29 brani – Durata: 67’29”
C'è inoltre un espediente, diremo così, di "narrazione acustica" decisivo; infatti il patchwork di brani pop-rock contenuti nel film e che questa edizione deluxe della Hollywood Records offre nel primo dei due cd intitolato "Awesome Mix Vol. 1", viene proposto simulandone la riproduzione su un vecchio registratore a nastro; espediente che ne restituisce l'atmosfera originaria e retrò amplificandone nel contempo la valenza mitopoietica. L'accostamento di questo cocktail di rock vintage con la partitura palestrata e schiacciasassi di Tyler Bates rappresenta un accostamento spericolato ma a suo modo efficace, solo che si perdoni al compositore californiano di 300 il rifugiarsi spesso in soluzioni di comodo (specie dal punto di vista ritmico) e nei pressoché ovvii stereotipi musicali del blockbuster di genere. Da un lato dunque David Bowie e i Jackson Five, Marvin Gaye e i Raspberries, 10cc e Rupert Holmes, in una giostra rockettara vintage fortemente contestualizzata ed evocativa, che crea un'atmosfera di divertimento generazionalmente trasversale, giovanilista e nostalgico ad un tempo; dall'altro la piena acquisizione da parte di Bates dei canoni musicali Marvel (ben noti ad un altro Tyler, Brian), rappresentati da orchestrazione massiccia, fantasismo orchestrale, andature martellanti e impianto aggressivamente epico-apocalittico. Più che fantascienza, dunque, avventura e azione pura attraversano questo score, caratterizzato sostanzialmente da due elementi: un tema trionfalistico e spiccatamente "marveliano" ("The final battle begins"), felicemente declinato in lungo e in largo, e poi la ricorrente, stringente presenza di ostinati ritmici degli archi in figurazioni ribattute e secche, spesso bruscamente troncate (un esempio per tutti, "What a bunch of A-holes"). Due tòpoi cui Bates affida la propria gioiosa macchina da guerra sonora senza andar troppo per il sottile; anche se ad esempio gli ampi, solenni arpeggi degli archi di "Morag" o il delicato, sussurrato ingresso del pianoforte nell'esporre sullo sfondo degli archi il tema principale in "To the stars" dimostrano anche un lato più complesso e sfumato del suo comporre. La frequente chiamata in causa del coro, il ricorso a sonorità elettroniche profonde, viscerali ("Everyone's an idiot") e l'incursione di tamburi militari, campane e percussioni assortite contribuiscono a rafforzare il climax ultimativo e grandiosamente "alieno" della partitura, che racchiude comunque spunti interessanti e a volte posti dialetticamente a confronto; "Sanctuary" per esempio insiste sull'ostinato dei violini contrapposto al pesante, ringhioso intervento degli ottoni gravi, mentre il "Ronan's theme" sembra voler esprimere il Male allo stato grezzo. Il lunghissimo "The Kyln escape" si riappropria del tema principale, spezzandolo e segmentandolo in rapidissimi flash, in un'incandescente fusione tra coro e orchestra, collocandosi - come anche la rocciosa "Guardians united" - fra le più efficaci pagine d'azione del lavoro, e confermando la sapienza e l'esperienza di Bates quale architetto di grattacieli sonori forse non troppo rifiniti al proprio interno, ma sicuramente svettanti verso altezze vertiginose. Formidabili poi le distorsioni e i rintocchi di campana di "Ronan's arrival", quasi idealmente contrapposti alla mesta cupezza di "Sacrifice", dove il battito degli archi sostiene accordi gravi e lontananze corali dispiegate in frasi ampie e ieratiche. Bates lavora su un materiale leitmotivico tutto sommato ridotto, ma lo riempie e lo enfatizza con esposizioni di incombente, ultimativa grandiosità, come accade in “The ballad of the Nova Corps.” e ancor più nel magnifico, fluttuante “Groot spores”, dall'eloquio ridondante e fastoso, anche se mai come nel breve ma radioso “The great companion”, dalle esplosioni orchestrali accecanti.
Agitatissima action music è quella di “The big blast”, scossa da movimenti sismici degli archi e della percussione mentre ottoni e coro ululano in dissonanze urticanti; le frasi si allargano in una smisurata ampiezza, distendendosi orizzontalmente in lunghe circonvoluzioni corali come in “Groot cocoon”, e “Black tears” porta il tema principale all'apogeo in un trionfo iperbolico di ritmica e di accenti ravvicinati. Le tonalità crepuscolari e tristi del breve “Citizens unite” preludono alla maestosa ricapitolazione di “A Nova upgrade”, che tuttavia si conclude a ritmo di danza leggera, con il leit-motiv accennato graziosamente dagli archi.
Tyler Bates sembra dunque soddisfare pienamente le esigenze di una committenza a due velocità, che fonde l'estetica dell'entertainment da videogiochi con l'ambizioni di una fantascienza adulta e bellicosa: riconfermandosi, in ciò, un musicista “da combattimento” sempre pronto a dare il meglio di sé al fronte.