15 Set2014
A Dio piacendo
Marco Werba
A Dio piacendo (1996)
Cometa Edizioni Musicali CMT 10042
21 brani – durata: 43’10”
Il pluripremiato Maestro Marco Werba (Zoo, Giallo, Nero infinito, Native) nel 1996 realizza le musiche per il film drammatico A Dio piacendo, per la regia di Filippo Altadonna, con un cast di qualità: Corinne Clery, Ivano Marescotti, Marisa Merlini, Gigi Reder. Le musiche eseguite dall’Orchestra da Camera del Pantheon, diretta da Cristina Cimagalli, orchestra creata principalmente per celebrare messe della Basilica del Pantheon, alla sua prima esperienza nella musica applicata, sono l’espressione intrinseca e intimista di una vicenda altamente drammaturgica, corale, quasi teatrale nella sua forma cameristica, di un ricco industriale che viene colpito da ictus e costretto alla sedia a rotelle.
E dei suoi parenti, in particolar modo la figlia maggiore, Valeria, arrivista e spietata, che cercano di eliminarlo per impossessarsi del suo patrimonio. Ma non hanno pensato minimamente al piccolo Alessio, deus ex machina di accadimenti che sconvolgeranno la vita di tutti. Il compositore italo-spagnolo Werba (nasce a Madrid nel 1963), divenuto da diversi anni un creatore perfetto di mondi sonori horror per film italiani e soprattutto stranieri, tanto ricercato da giovani registi di genere (non dimentichiamo la sua eccellente colonna sonora per il già citato Giallo di Dario Argento), scrive una partitura classicheggiante, dalle sfumature noir, con accenni orrorifici disseminati nell’arco di tutta la OST nella forma di piccole cellule leitmotiviche, una volta con l’uso di una voce sopranile, una volta con delle dissonanze per archi e fiati. Fin dal barocchismo lieve del brano iniziale, “Tema di Valeria” per archi, basso, batteria, fiati e soprani, l’autore tende a sottolineare la crudeltà della figlia maggiore che non vede l’ora che il padre muoia, con un leitmotiv drammaticamente mesto e infame al contempo. Gli archi sospesi di “La villa” sottintendono trame oscure, anche con il subentrare delle viole e dei fiati che incupiscono l’adagio funereo, teso (effetti di voci sintetiche rendono il brano, nel suo finire, angosciante). Il tema perturbante, tenebroso ritorna in “L’anello rubato”, invece la voce sopranile, il clarinetto e il flauto, su tappeto d’archi, accennano il tema della figlia arrampicatrice in “Valeria/L’incubo” con attimi di terrore per archi taglienti. Gli archi la fanno da padrone nel soundtrack, difatti in “Violenza carnale” diventano lascivi, scivolosi, maligni. Una nenia carillonistica da tormento apre “Valeria e il bambino” per chiudere con un’arpa consolatoria. “La visione” è un misto tra ancestrali effetti liturgici e archi sottesi, più un’arpa che cerca di smorzare i toni inquietanti ammorbidendoli con il tema del ricco industriale. Archi tremebondi, suoni synth, percussioni accompagnano il lento e fastidioso incedere del male in “La morte entra a casa”. “Tema di Valeria” ritorna per archi e flauto e in questa versione ancora più classica sembra rammentare atmosfere morriconiane e ciprianiane anni ’70. “Padre e figlio” incomincia in maniera introspettiva con archi sospesi e un’arpa accorata, un nuovo tema dolcemente incantato. “Alessio e Francesca” per chitarra, archi e xilofono, presenta un leitmotiv in punta di fioretto, quasi arioso. “Solitudine (Tema di Valeria)” per clarinetto e piano soli, con aggiunta di voce sopranile, flauto e archi, è una nuova figurazione tenue e malefica del tema della figlia arrivista. “Notturno” racchiude in un arpeggio e in effetti synth vocali e strumentali, col sopraggiungere del flauto in un secondo tempo, un brano addolorato, da incubo ad occhi aperti. “Tema di Alessio” è un elegiaco pezzo per arpa pizzicata e morbidamente avvolgente. “Attrazione morbosa” risale dalle viscere per coccolare il sentimento più celato e ammantare di grazia l’amore fino a che la tensione sale e diventa minacciosa. “Marco e Ileana” è puro pezzo tensivo per archi, flauto e arpa. Il lungo “Finale e titoli di coda” ripresenta l’incipit per archi guardinghi che ha fatto capolino in diversi altri precedenti brani, accendendo l’eccitazione emotiva e fisica della storia narrata per una conclusione da colpo di scena, e nella seconda parte del pezzo il soprano e il flauto accennano il leitmotiv primario, lasciando il passo all’arpa e al controcanto del flauto che sviscera tutta la drammaticità della trama e la sua degna conclusione. Così il tema del padre sulla sedia a rotelle e della figlia pronta a tutto pur di prendere il suo posto negli affari di famiglia si mescolano, vanno a braccetto tra un soffocante classicismo e un barocchismo delicato: un compendio di bravura pentagrammale in sottrazione per Marco Werba che dimostra di saper entrare nei personaggi con una profonda conoscenza dell’io musicale. Una voce da soprano chiude l’album con “L’addio”, un’elegia funeraria.
A Dio piacendo (1996)
Cometa Edizioni Musicali CMT 10042
21 brani – durata: 43’10”
Il pluripremiato Maestro Marco Werba (Zoo, Giallo, Nero infinito, Native) nel 1996 realizza le musiche per il film drammatico A Dio piacendo, per la regia di Filippo Altadonna, con un cast di qualità: Corinne Clery, Ivano Marescotti, Marisa Merlini, Gigi Reder. Le musiche eseguite dall’Orchestra da Camera del Pantheon, diretta da Cristina Cimagalli, orchestra creata principalmente per celebrare messe della Basilica del Pantheon, alla sua prima esperienza nella musica applicata, sono l’espressione intrinseca e intimista di una vicenda altamente drammaturgica, corale, quasi teatrale nella sua forma cameristica, di un ricco industriale che viene colpito da ictus e costretto alla sedia a rotelle.
E dei suoi parenti, in particolar modo la figlia maggiore, Valeria, arrivista e spietata, che cercano di eliminarlo per impossessarsi del suo patrimonio. Ma non hanno pensato minimamente al piccolo Alessio, deus ex machina di accadimenti che sconvolgeranno la vita di tutti. Il compositore italo-spagnolo Werba (nasce a Madrid nel 1963), divenuto da diversi anni un creatore perfetto di mondi sonori horror per film italiani e soprattutto stranieri, tanto ricercato da giovani registi di genere (non dimentichiamo la sua eccellente colonna sonora per il già citato Giallo di Dario Argento), scrive una partitura classicheggiante, dalle sfumature noir, con accenni orrorifici disseminati nell’arco di tutta la OST nella forma di piccole cellule leitmotiviche, una volta con l’uso di una voce sopranile, una volta con delle dissonanze per archi e fiati. Fin dal barocchismo lieve del brano iniziale, “Tema di Valeria” per archi, basso, batteria, fiati e soprani, l’autore tende a sottolineare la crudeltà della figlia maggiore che non vede l’ora che il padre muoia, con un leitmotiv drammaticamente mesto e infame al contempo. Gli archi sospesi di “La villa” sottintendono trame oscure, anche con il subentrare delle viole e dei fiati che incupiscono l’adagio funereo, teso (effetti di voci sintetiche rendono il brano, nel suo finire, angosciante). Il tema perturbante, tenebroso ritorna in “L’anello rubato”, invece la voce sopranile, il clarinetto e il flauto, su tappeto d’archi, accennano il tema della figlia arrampicatrice in “Valeria/L’incubo” con attimi di terrore per archi taglienti. Gli archi la fanno da padrone nel soundtrack, difatti in “Violenza carnale” diventano lascivi, scivolosi, maligni. Una nenia carillonistica da tormento apre “Valeria e il bambino” per chiudere con un’arpa consolatoria. “La visione” è un misto tra ancestrali effetti liturgici e archi sottesi, più un’arpa che cerca di smorzare i toni inquietanti ammorbidendoli con il tema del ricco industriale. Archi tremebondi, suoni synth, percussioni accompagnano il lento e fastidioso incedere del male in “La morte entra a casa”. “Tema di Valeria” ritorna per archi e flauto e in questa versione ancora più classica sembra rammentare atmosfere morriconiane e ciprianiane anni ’70. “Padre e figlio” incomincia in maniera introspettiva con archi sospesi e un’arpa accorata, un nuovo tema dolcemente incantato. “Alessio e Francesca” per chitarra, archi e xilofono, presenta un leitmotiv in punta di fioretto, quasi arioso. “Solitudine (Tema di Valeria)” per clarinetto e piano soli, con aggiunta di voce sopranile, flauto e archi, è una nuova figurazione tenue e malefica del tema della figlia arrivista. “Notturno” racchiude in un arpeggio e in effetti synth vocali e strumentali, col sopraggiungere del flauto in un secondo tempo, un brano addolorato, da incubo ad occhi aperti. “Tema di Alessio” è un elegiaco pezzo per arpa pizzicata e morbidamente avvolgente. “Attrazione morbosa” risale dalle viscere per coccolare il sentimento più celato e ammantare di grazia l’amore fino a che la tensione sale e diventa minacciosa. “Marco e Ileana” è puro pezzo tensivo per archi, flauto e arpa. Il lungo “Finale e titoli di coda” ripresenta l’incipit per archi guardinghi che ha fatto capolino in diversi altri precedenti brani, accendendo l’eccitazione emotiva e fisica della storia narrata per una conclusione da colpo di scena, e nella seconda parte del pezzo il soprano e il flauto accennano il leitmotiv primario, lasciando il passo all’arpa e al controcanto del flauto che sviscera tutta la drammaticità della trama e la sua degna conclusione. Così il tema del padre sulla sedia a rotelle e della figlia pronta a tutto pur di prendere il suo posto negli affari di famiglia si mescolano, vanno a braccetto tra un soffocante classicismo e un barocchismo delicato: un compendio di bravura pentagrammale in sottrazione per Marco Werba che dimostra di saper entrare nei personaggi con una profonda conoscenza dell’io musicale. Una voce da soprano chiude l’album con “L’addio”, un’elegia funeraria.