22 Dic2010
Le depart/Bariera
Krzysztof Komeda
Il vergine (Le depart, 1967)/Barriera (Bariera - 1966)
Harkit Records HRKCD 8338
32 brani – Durata: 65’09”
Krzysztof Trzciński (27 aprile 1931, Poznań – 23 aprile 1969, Varsavia), più noto come Krzysztof Komeda, ha rappresentato nella sua pur breve esistenza – morì non ancora 38enne in patria per le conseguenze di un incidente dalle circostanze mai chiarite occorsogli a Los Angeles – una figura di assoluto riferimento non solo della musica per film europea ma prima ancora del mondo del jazz europeo; del quale egli, da quella Polonia che negli anni ’60 fu una delle scuole “nazionali” di maggior temerarietà sperimentale in questo genere, è stato un esponente di primissimo piano. Pianista virtuoso ed eclettico, compositore laboratoriale e aggressivo (il suo album “Astigmatic” del ’65 è considerato uno dei capisaldi del jazz di quell’epoca), il nome di Komeda per quanto attiene il cinema è principalmente legato al regista Roman Polanski, di cui fu un naturale, spontaneo alter ego sonoro sia nel periodo polacco (Il coltello nell’acqua, 1962) che in quello hollywoodiano, sfociato nel classico Rosemarys’s Baby (1968), delle cui tensioni e del cui climax particolarmente inquietante lo “score” di Komeda è una pietra angolare.
Ma Komeda fu anche prezioso e innovativo collaboratore di altri registi compatrioti e nello stesso intimamente apolidi e “nouvellevaguisti”, quale ad esempio il veterano Jerzy Skolimowski (classe 1938). E questo prezioso CD della Harkit (il cui catalogo annovera anche gli “score” di Rosemary’s Baby, Il coltello nell’acqua e Cul de sac -1966) ne documenta il sodalizio attraverso due soundtrack diversissimi per film altrettanto differenti: Le départ (1967, girato in Belgio e tradotto in italiano con il titolo particolarmente imbecille de Il vergine) e Bariera, girato in patria, dell’anno precedente. Le départ è sostanzialmente una commedia grottesca incentrata sul personaggio interpretato da Jean-Pierre Léaud, all’epoca attore feticcio e alter ego di François Truffaut (l’Antoine Doinel “nato” con I quattrocento colpi), un parrucchiere per signora ossessionato dalle auto da corsa e apparentemente disinteressato – sino a ombre patologiche - al sesso femminile. E’ un personaggio estremizzato e caricaturato, come spesso accade nei film di Skolimowski, al quale Komeda – che era un compositore con fortissima vena di humour nero – associa “gruppi” di interventi contratti e secchi, in cui il suo talento jazzistico sembra implodere disordinatamente nel più puro stile “free” (“Chaque heure est un départ” 1 e 2, che contengono anche l’unico embrione di leit-motiv, un tema ansioso e ansimante ma irrisolto), attraverso agglomerati sonori che si fanno e si disfano in totale apparente anarchia, non senza citazioni esplicite milesdavisiane (“Les trucks du miroir”), grazie anche ad un formidabile gruppo di musicisti di cui facevano parte – e scusate se è poco – il sassofonista Gato Barbieri, il trombettista Don Cherry, il pianista René Urtreger (non a caso presente anche nell’indimenticabile score di Davis per Ascensore per il patibolo di Louis Malle, 1957) e la vocalist Christiane Legrand, sorella del grande Michel. Che si tratti di jazz grottesco, distorto in un atteggiamento quasi beffardo, è comprovato anche dalle dissonanze violente contrapposte ad un ritmo di marcetta ossessivamente ripetuta in “Le défile”; ma nel temperamento slavo di Komeda occhieggiavano anche tensioni d’avanguardia (gli archi cantilenanti e spettrali e le percussioni di “Salon de l’auto”) ed una malinconia sottesa, che affiora ad esempio nella mestissima coda per archi e piano di “Le scooter et le tramway”. Curiosità in più del CD è quello di mescolare, nei tracks, pezzi di dialogo originale alla musica, così da rendere ancora più vivo il senso di eccentricità e di antinaturalismo centrifugo dei personaggi e della vicenda.
Totalmente diverso il climax di Barriera, che porta Komeda su un fronte di classicità molto composta (gli archi severi e malinconici del brano n.16, ripresi nel n.21 e nello splendido assolo per cello del n.25: la suite, di ben sedici brani, non porta però i titoli dei singoli tracks). La storia mescolava i personaggi e il loro girovagare sentimentale (uno studente che s’innamora nella notte di una conducente di tram) sullo sfondo di una Varsavia pasquale tra secondo dopoguerra e realismo socialista. Un clima “sospeso” perfetto per l’eclettismo komediano, che include toccanti corali (brano n.19), rivisitati anche jazzisticamente (n.20), o un gioiello di intimismo cameristico come l’assolo per archi e piano del n.22 ben presto virato in una sorta di danza smagata e senza meta: per non parlare della straziante melopea per sax di Gato Barbieri (n.23), vagamente memore di echi rotiano-felliniani, e del vitreo, ipnotizzante gioco pianistico del n.27.
In sintesi Le départ e Bariera documentano con bella evidenza tutto il talento precocemente stroncato di questo musicista così europeo eppure così “libero”, i cui mosaici sonori metafisici e surreali percorrevano e accompagnavano, attraverso un insieme di stili e di linguaggi a contrasto, le più interessanti e moderne inquietudini del cinema europeo di quei formidabili – e lontanissimi, ahinoi – anni.