01 Giu2010
Afghan Star
AA.VV.
Afghan Star (Id. - 2009)
Silva Screen music/Emi music Publishing 738572129224
15 brani (8 di commento + 4 canzoni) – Durata: 1h.01’05”
E' la versione locale di American Idol, format televisivo che permette al pubblico di votare per eleggere la futura stella della musica popolar-nazionale.
E' il documentario diretto dalla giornalista e cineasta britannica Havana Marking, che rivela essere un’affascinante esplorazione della società afgana. Un'analisi meticolosa di cultura e costumi del paese dagli anni Ottanta (prima della presa di potere talebano) ad oggi, dove il popolo afgano cerca di tornare ad un assetto sociale similare, utilizzando questo spettacolo televisivo come primo passo.
Ma è anche la cultura pop che approda in Afghanistan grazie ad un concorso canoro alla tv, lasciando increduli inizialmente milioni di spettatori perché, grazie ai voti via sms, Afghan Star rappresenta per molti di loro un modo di far sentire, per la prima volta, la propria voce. Con uno share pari a un terzo della popolazione, si può dire che tutto il paese entri in uno stato di fervida eccitazione alle luci dei riflettori, offrendo un'immagine del tutto inedita, in cui un simbolo importante della cultura pop occidentale mette in discussione i cambiamenti portati dall’era post-talebana.
La componente etnica è forte in ogni singolo brano del documentario e ne risulta forte il contrasto. E' netta la contrapposizione fra interessanti melodie prettamente afgane e un impianto musicale ricercatamente moderno, forzatamente occidentale. A tratti grottesco e a tratti arcaico (molti dei synth e dei pad usati sembrano appena usciti dai primi '80), l'arrangiamento dei brani fa il verso a una cultura, quella della mtv-generation e delle produzioni discografiche americane multimiliardarie, con un risultato goffo, edulcorato. Loop e drum-machine poco efficaci e qualitativamente non all'altezza della pellicola, un bpm molto simile in tutte le tracks e gli stucchevoli interventi di percussioni e fisarmonica delineano un quadro dove prevale il vecchio sul nuovo, nel suono, e nelle scelte stilistiche.
La commistione fra generi potrebbe risultare davvero accattivante ma il livello qualitativo dei mezzi impiegati e le scelte, francamente banali, rendono questa soundtrack ben lontana da quella di The Millionare di Danny Boyle.