19 Nov2014
Un giovane compositore tra le web series di genere: intervista esclusiva ad Antonio Manca
Un giovane compositore tra le web series di genere: intervista esclusiva ad Antonio Manca
Oramai il web è disseminato di serie di vario tipo, soprattutto molte nel nostro Paese (a dire il vero anche nel resto del mondo!) ancorate al genere horror, sci-fi, thriller e comico demenziale dove si può sperimentare tantissimo, anche con budget irrisori, contando prima di tutto su ottime idee originali e tanta creatività tipicamente italiana, sottolineando che a costo zero si può fare di tutto e di più, sfiorando in molteplici casi la genialità ed un’originalità da urlo. E in questo marasma di contenitori filmici di nuovi reietti, sfigati, universitari, zombi, assassini seriali, alieni, mamme imperfette, extracomunitari e chi più ne ha più ne metta, vi sono dietro intere troupe arrangiate o professionalissime e attori il più delle volte non professionisti e loro, quelli che interessano maggiormente a noi di Colonne Sonore, i compositori, provetti artigiani dell’arte dell’arrangiarsi!
Uno di questi che abbiamo incontrato dopo aver visto, e in particolar modo sentito, due web series di genere nel genere, cioè il western Quella sporca sacca nera, che ha fatto incetta di premi, e il thriller soprannaturale La runa, si chiama Antonio Manca ed è giovanissimo ma dal grande talento.
Colonne Sonore: Caro Antonio, ti chiedo di presentarti ai nostri lettori e farci sapere, prima di tutto, perchè hai scelto di diventare compositore di musica applicata?
Antonio Manca: Ciao a tutti i lettori di ColonneSonore.net!
Sono un musicista e studente di 22 anni, ho iniziato a fare i miei primi esperimenti nella musica applicata a 15 anni con musiche di scena per spettacoli teatrali in ambito scolastico, è stata una grande esperienza, molto utile in termini formativi. Ho imparato molto.
L’esigenza di scrivere musica applicata deriva prima di tutto da una personale passione per il Cinema e dal bisogno di scrivere pensando a delle immagini, ai colori, avendo come riferimento una fonte visiva... forse perché artisticamente ho iniziato con una forte passione per il disegno che ho coltivato nel corso degli anni, quindi quando scrivo musica, anche non applicata, penso istintivamente per figure, immagini, l’aspetto visivo è centrale.
CS: Prima di addentrarci tra le tue composizioni, svelaci quali sono i compositori italiani e stranieri che più hanno influenzato, e continuano a farlo, il tuo modo di scrivere musica per immagini?
AM: I miei compositori preferiti che hanno una grande influenza su di me sono Johann Sebastian Bach, Ludwig van Beethoven, Franco Donatoni e Luciano Berio. Tra i compositori di musica per film sicuramente Ennio Morricone, James Newton Howard, Howard Shore, Danny Elfman, Bernard Herrmann e Jerry Goldsmith. Mi piacciono molto anche Akira Yamaoka e Bear McCreary. Ci sono tanti altri autori di generi musicali diversi che ammiro molto e che m’influenzano, ma rischierei di occupare mezza pagina solo con i loro nomi!
CS: A proposito della prima web series western italiana, vincitrice di parecchi premi e candidata a diversi Festival di Cinema e Serie TV in giro per il mondo, Quella sporca sacca nera di Mauro Aragoni, si sente moltissimo che la tua musica ha fatto sua gli stilemi tipici morriconiani per i western italici non solo leoniani. E’ impossibile non prescindere da Ennio Morricone nel comporre musica per un western nostrano o si tratta di doveroso omaggio, diremmo “alla Tarantino”, richiestoti dal regista?
AM: Mauro non è solo un regista di grande talento, ma anche un musicista, quindi il suo modo di pensare le scene è strettamente collegato alla musica che nei suoi film ha un ruolo fondamentale; lui pensa ogni scena in relazione alle musiche, come usava fare Sergio Leone. Per Quella Sporca Sacca Nera mi dava una breve descrizione della scena e io scrivevo il pezzo cercando di intuire la sua idea visiva, pensare appunto per immagini senza vedere nulla del girato e del montato, il che favorisce non solo l’immaginazione ma anche l’intuito nel trovare certe soluzioni.
Nella post-produzione Mauro ha realizzato, con le mie stesse musiche, un design straordinario. Tra i suoi registi preferiti c’è anche Tarantino ma quando iniziammo a collaborare mi chiese espressamente di omaggiare Ennio Morricone, dal quale penso sia impossibile non prescindere quando si scrive musica per un Western.
Questo ci ha condotto ad una sperimentazione, per cui pur omaggiando Morricone ho evitato associazioni tematiche a personaggi, fatti, luoghi, etc. e ho scritto dei brani contrastanti tra loro associati ad ogni scena (quindi nella superficie l’approccio risulta “tarantiniano”).
Di conseguenza per una questione di coerenza interna musicale il tematismo c’è comunque ma ha una diversa funzione, sta in profondità, non è subito evidente ed è autonomo rispetto alle immagini, serve solo a regolare i rapporti tra ogni brano e garantire una certa unità evitando così che il “sound western” risulti l’unico connettivo tra i pezzi della partitura. Se da un lato ho cercato di attenermi agli stilemi morriconiani ho provato anche a creare delle opposizioni, dei contrasti come nell’uso del Shakuhachi, uno strumento orientale utilizzato per caratterizzare atmosfere e ambientazioni occidentali.
Per quanto riguarda poi altre influenze relative a questo film, posso dire che è stato fondamentale il confronto con tutta la troupe, ho tenuto conto delle idee di tutti, ad esempio nella scena del saloon (unica scena in cui con Mauro ho deciso i sincroni sul montato) l’uso del pianoforte mi è stato suggerito da Alessio Cuboni, aiuto regista e produttore, con cui mi sono sempre confrontato per quanto riguarda le musiche ricevendo consigli e pareri davvero utili, anche sulle versioni non definitive. Altro confronto importantissimo sulla partitura è stato quello con Maurizio Pulina, l’attore protagonista del film, che ha ascoltato da subito le prime versioni scritte per alcune scene usandole per immedesimarsi meglio nella parte di Red Bill. E’ stato poi un immenso onore confrontarmi con Ennio Morricone in persona, dal quale ho ricevuto impressioni positive sulla partitura e consigli professionali.
CS: Usi strumenti veri o solo campionamenti per le tue colonne sonore per le serie web? E nel secondo caso ciò ti limita o ti stimola ad inventarti suoni più simili a quelli veri e originali?
AM: Per ora ho usato campionamenti e non trovo limiti in questo perché è comunque stimolante cercare di ricreare le sonorità di un vero ensemble strumentale e allo stesso tempo giocare sul timbro, ottenere soluzioni particolari, trattare elettronicamente i suoni. Certo, le potenzialità degli strumenti reali sono ben diverse e per future produzioni ho certamente intenzione di usarli, ma senza abbandonare definitivamente i campionamenti.
CS: Parlando della web series thriller La runa di Fabio Mangroni la tua partitura rispetta tutti i canoni della musica tensiva, con un pianoforte malinconico e foriero di mistero in primo piano, a sottolineare ogni singolo momento astratto ed orrorifico
della serie in questione. Anche in questo caso hai dovuto allinearti ai commenti classici del genere o hai comunque cercato di distanziarti trovando una tua linea originale, di certo non facile, da perseguire?
AM: Anche in questo film il regista, Fabio Mangroni, ha dato molta rilevanza alla musica. Fabio aveva in realtà già scritto alcuni brani per la colonna sonora del film quando mi chiese di collaborare. La sua esigenza era quella di avere una sigla per i titoli di testa della serie con dei nessi alle atmosfere dei film di Tim Burton, così il principale riferimento per questa serie è stato Danny Elfman. Ho cercato di trovare un modo molto personale di realizzare certe atmosfere senza cadere nell’imitazione stilistica, economizzando il materiale usando elementi molto semplici: tutta la sigla di La Runa è uno sviluppo di tre note.
Da questo brano sono nati altri tre pezzi utilizzati nel film, un secondo tema, una variante dei titoli di testa e una variazione della sigla per la scena della chiesa. Un elemento fondamentale che mi ha stimolato a formare un sound scuro oltre ai riferimenti a Elfman è stata la fotografia, curata in questa Serie Web in modo fantastico da Fabio e dall’aiuto regista Gianpaolo Deiala.
CS: Cosa ti propone il tuo futuro lavorativo in questo campo non propriamente semplice da percorrere?
AM: In questo momento è per me un grande piacere collaborare per questi lavori cinematografici, sono realizzati davvero bene e ciò che mi piace di più sono prima di tutto il lavoro di squadra e l’intesa con il regista, la collaborazione con la troupe e con tutti gli artisti che lavorano alle serie, credo siano tutti fattori basilari per svolgere questo tipo di attività. L’obiettivo non solo mio ma di tutte le produzioni indipendenti con cui collaboro è quello di raggiungere le sale cinematografiche con budget più grossi che possano soddisfare le esigenze artistiche di tutti, questa è una nostra finalità molto importante.
Ovviamente le mie intenzioni sono quelle di continuare in questo campo, perfezionarmi e cercare di dare il meglio, perseguire sempre l’obiettivo che abbiamo raggiunto ad esempio con Quella Sporca Sacca Nera, ovvero l’unione di scrittura tradizionale e sound design, due dimensioni che nel Cinema di oggi devono a parer mio convivere.
Oramai il web è disseminato di serie di vario tipo, soprattutto molte nel nostro Paese (a dire il vero anche nel resto del mondo!) ancorate al genere horror, sci-fi, thriller e comico demenziale dove si può sperimentare tantissimo, anche con budget irrisori, contando prima di tutto su ottime idee originali e tanta creatività tipicamente italiana, sottolineando che a costo zero si può fare di tutto e di più, sfiorando in molteplici casi la genialità ed un’originalità da urlo. E in questo marasma di contenitori filmici di nuovi reietti, sfigati, universitari, zombi, assassini seriali, alieni, mamme imperfette, extracomunitari e chi più ne ha più ne metta, vi sono dietro intere troupe arrangiate o professionalissime e attori il più delle volte non professionisti e loro, quelli che interessano maggiormente a noi di Colonne Sonore, i compositori, provetti artigiani dell’arte dell’arrangiarsi!
Uno di questi che abbiamo incontrato dopo aver visto, e in particolar modo sentito, due web series di genere nel genere, cioè il western Quella sporca sacca nera, che ha fatto incetta di premi, e il thriller soprannaturale La runa, si chiama Antonio Manca ed è giovanissimo ma dal grande talento.
Colonne Sonore: Caro Antonio, ti chiedo di presentarti ai nostri lettori e farci sapere, prima di tutto, perchè hai scelto di diventare compositore di musica applicata?
Antonio Manca: Ciao a tutti i lettori di ColonneSonore.net!
Sono un musicista e studente di 22 anni, ho iniziato a fare i miei primi esperimenti nella musica applicata a 15 anni con musiche di scena per spettacoli teatrali in ambito scolastico, è stata una grande esperienza, molto utile in termini formativi. Ho imparato molto.
L’esigenza di scrivere musica applicata deriva prima di tutto da una personale passione per il Cinema e dal bisogno di scrivere pensando a delle immagini, ai colori, avendo come riferimento una fonte visiva... forse perché artisticamente ho iniziato con una forte passione per il disegno che ho coltivato nel corso degli anni, quindi quando scrivo musica, anche non applicata, penso istintivamente per figure, immagini, l’aspetto visivo è centrale.
CS: Prima di addentrarci tra le tue composizioni, svelaci quali sono i compositori italiani e stranieri che più hanno influenzato, e continuano a farlo, il tuo modo di scrivere musica per immagini?
AM: I miei compositori preferiti che hanno una grande influenza su di me sono Johann Sebastian Bach, Ludwig van Beethoven, Franco Donatoni e Luciano Berio. Tra i compositori di musica per film sicuramente Ennio Morricone, James Newton Howard, Howard Shore, Danny Elfman, Bernard Herrmann e Jerry Goldsmith. Mi piacciono molto anche Akira Yamaoka e Bear McCreary. Ci sono tanti altri autori di generi musicali diversi che ammiro molto e che m’influenzano, ma rischierei di occupare mezza pagina solo con i loro nomi!
CS: A proposito della prima web series western italiana, vincitrice di parecchi premi e candidata a diversi Festival di Cinema e Serie TV in giro per il mondo, Quella sporca sacca nera di Mauro Aragoni, si sente moltissimo che la tua musica ha fatto sua gli stilemi tipici morriconiani per i western italici non solo leoniani. E’ impossibile non prescindere da Ennio Morricone nel comporre musica per un western nostrano o si tratta di doveroso omaggio, diremmo “alla Tarantino”, richiestoti dal regista?
AM: Mauro non è solo un regista di grande talento, ma anche un musicista, quindi il suo modo di pensare le scene è strettamente collegato alla musica che nei suoi film ha un ruolo fondamentale; lui pensa ogni scena in relazione alle musiche, come usava fare Sergio Leone. Per Quella Sporca Sacca Nera mi dava una breve descrizione della scena e io scrivevo il pezzo cercando di intuire la sua idea visiva, pensare appunto per immagini senza vedere nulla del girato e del montato, il che favorisce non solo l’immaginazione ma anche l’intuito nel trovare certe soluzioni.
Nella post-produzione Mauro ha realizzato, con le mie stesse musiche, un design straordinario. Tra i suoi registi preferiti c’è anche Tarantino ma quando iniziammo a collaborare mi chiese espressamente di omaggiare Ennio Morricone, dal quale penso sia impossibile non prescindere quando si scrive musica per un Western.
Questo ci ha condotto ad una sperimentazione, per cui pur omaggiando Morricone ho evitato associazioni tematiche a personaggi, fatti, luoghi, etc. e ho scritto dei brani contrastanti tra loro associati ad ogni scena (quindi nella superficie l’approccio risulta “tarantiniano”).
Di conseguenza per una questione di coerenza interna musicale il tematismo c’è comunque ma ha una diversa funzione, sta in profondità, non è subito evidente ed è autonomo rispetto alle immagini, serve solo a regolare i rapporti tra ogni brano e garantire una certa unità evitando così che il “sound western” risulti l’unico connettivo tra i pezzi della partitura. Se da un lato ho cercato di attenermi agli stilemi morriconiani ho provato anche a creare delle opposizioni, dei contrasti come nell’uso del Shakuhachi, uno strumento orientale utilizzato per caratterizzare atmosfere e ambientazioni occidentali.
Per quanto riguarda poi altre influenze relative a questo film, posso dire che è stato fondamentale il confronto con tutta la troupe, ho tenuto conto delle idee di tutti, ad esempio nella scena del saloon (unica scena in cui con Mauro ho deciso i sincroni sul montato) l’uso del pianoforte mi è stato suggerito da Alessio Cuboni, aiuto regista e produttore, con cui mi sono sempre confrontato per quanto riguarda le musiche ricevendo consigli e pareri davvero utili, anche sulle versioni non definitive. Altro confronto importantissimo sulla partitura è stato quello con Maurizio Pulina, l’attore protagonista del film, che ha ascoltato da subito le prime versioni scritte per alcune scene usandole per immedesimarsi meglio nella parte di Red Bill. E’ stato poi un immenso onore confrontarmi con Ennio Morricone in persona, dal quale ho ricevuto impressioni positive sulla partitura e consigli professionali.
CS: Usi strumenti veri o solo campionamenti per le tue colonne sonore per le serie web? E nel secondo caso ciò ti limita o ti stimola ad inventarti suoni più simili a quelli veri e originali?
AM: Per ora ho usato campionamenti e non trovo limiti in questo perché è comunque stimolante cercare di ricreare le sonorità di un vero ensemble strumentale e allo stesso tempo giocare sul timbro, ottenere soluzioni particolari, trattare elettronicamente i suoni. Certo, le potenzialità degli strumenti reali sono ben diverse e per future produzioni ho certamente intenzione di usarli, ma senza abbandonare definitivamente i campionamenti.
CS: Parlando della web series thriller La runa di Fabio Mangroni la tua partitura rispetta tutti i canoni della musica tensiva, con un pianoforte malinconico e foriero di mistero in primo piano, a sottolineare ogni singolo momento astratto ed orrorifico
della serie in questione. Anche in questo caso hai dovuto allinearti ai commenti classici del genere o hai comunque cercato di distanziarti trovando una tua linea originale, di certo non facile, da perseguire?
AM: Anche in questo film il regista, Fabio Mangroni, ha dato molta rilevanza alla musica. Fabio aveva in realtà già scritto alcuni brani per la colonna sonora del film quando mi chiese di collaborare. La sua esigenza era quella di avere una sigla per i titoli di testa della serie con dei nessi alle atmosfere dei film di Tim Burton, così il principale riferimento per questa serie è stato Danny Elfman. Ho cercato di trovare un modo molto personale di realizzare certe atmosfere senza cadere nell’imitazione stilistica, economizzando il materiale usando elementi molto semplici: tutta la sigla di La Runa è uno sviluppo di tre note.
Da questo brano sono nati altri tre pezzi utilizzati nel film, un secondo tema, una variante dei titoli di testa e una variazione della sigla per la scena della chiesa. Un elemento fondamentale che mi ha stimolato a formare un sound scuro oltre ai riferimenti a Elfman è stata la fotografia, curata in questa Serie Web in modo fantastico da Fabio e dall’aiuto regista Gianpaolo Deiala.
CS: Cosa ti propone il tuo futuro lavorativo in questo campo non propriamente semplice da percorrere?
AM: In questo momento è per me un grande piacere collaborare per questi lavori cinematografici, sono realizzati davvero bene e ciò che mi piace di più sono prima di tutto il lavoro di squadra e l’intesa con il regista, la collaborazione con la troupe e con tutti gli artisti che lavorano alle serie, credo siano tutti fattori basilari per svolgere questo tipo di attività. L’obiettivo non solo mio ma di tutte le produzioni indipendenti con cui collaboro è quello di raggiungere le sale cinematografiche con budget più grossi che possano soddisfare le esigenze artistiche di tutti, questa è una nostra finalità molto importante.
Ovviamente le mie intenzioni sono quelle di continuare in questo campo, perfezionarmi e cercare di dare il meglio, perseguire sempre l’obiettivo che abbiamo raggiunto ad esempio con Quella Sporca Sacca Nera, ovvero l’unione di scrittura tradizionale e sound design, due dimensioni che nel Cinema di oggi devono a parer mio convivere.