La Musica per Immagini: per me “Emozione allo stato puro”!
La Musica per Immagini: per me “Emozione allo stato puro”!
Intervista esclusiva a Giuliano Taviani
Colonne Sonore: A domani (Gianni Zanasi, 1999)
Giuliano Taviani: A domani viene considerato il film del mio esordio. In verità il mio primo film risale a qualche anno prima. Si chiamava Piccole Anime del 1996. Probabilmente devo a quel film la mia carriera di musicista di colonne sonore.
Nel 1992 avevo scritto la mia prima musica per uno spettacolo teatrale. Era uno spettacolo su Oscar Wilde rappresentato in un piccolo teatro off romano. In quello spettacolo conobbi un attore, di nome Giacomo Ciarrapico.
Qualche tempo dopo, casualmente al mercato di Porta Portese ci rincontrammo e lui mi fece una proposta: "Ho un ricordo delle musiche dello spettacolo che abbiamo fatto insieme molto bello. Io oltre all'attore sto scrivendo insieme a un mio amico, Mattia Torre, uno spettacolo e vorrei farne la regia; in verità stiamo fondando una compagnia teatrale. Ti va di essere il nostro musicista?"
Io accettai con entusiasmo e negli anni a seguire producemmo una decina di spettacoli che ricevettero consensi e successi.
Un giorno alla fine di una replica di uno spettacolo, si presentò Gianluca Arcopinto, produttore illuminato e folle, e ci fece questa proposta: "Dato che mi è rimasta in avanzo un pò di pellicola, domani vi porterei una macchina da presa, un operatore e un macchinista... vi va di fare di questo spettacolo un film?"
La proposta era veramente bislacca, come trasformare uno spettacolo in un film?, e tutto da un giorno all'altro. Ma l'imprudenza giovanile ci fece accettare istantaneamente la proposta. Ne uscì il film Piccole Anime e le musiche furono quelle dello spettacolo rivisitate.
Il film non ebbe un gran successo di pubblico, anzi al contrario, uscì per solo pochi giorni al cineclub Labirinto, ma alcuni critici lo notarono e ne parlarono bene, e per quanto mi riguarda, lo vide Gianni Zanasi che mi chiamò per musicare il suo nuovo film: A domani. Lavorare con Gianni fu estremamente stimolante. Lavorammo spesso a fianco, e riuscì a spingermi verso sonorità e composizioni che probabilmente non avrei praticato senza la sua simpatica cocciutaggine. L'edizione musicale era la Cam, etichetta storica e gloriosa delle colonne sonore italiane. Edizione seria con cui poi firmai molti lavori.
E' grazie alla Cam che misi piede da Maestro nel tempio degli studi di registrazione: il Forum village.
Fu molto emozionante per me, dato che ero stato alla forum da piccolo per assistere da ospite alle registrazioni di Piovani, Morricone e Crivelli per i film di mio padre e mio zio.
La pellicola andò in concorso a Venezia.
http://www.youtube.com/watch?v=_Lyq3PKIY2s&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=18&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=wxR2QBLRYQs&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=38&feature=plcp
CS: Tutta la conoscenza del mondo (Eros Puglielli, 2001)
GT: Un anno dopo, Antonio Ciano, produttore con cui avevo lavorato ad alcuni cortometraggi, mi chiamò proponendomi di musicare il suo primo film da produttore per la regia di Eros Puglielli.
Accettai subito. Avevo visto dei corti di Eros molto belli e lo reputavo uno tra i migliori registi esordienti. Il film si chiamava Tutta la conoscenza del mondo.
Commedia molto divertente intrisa di fantascienza, horror e new age; con Giovanna Mezzogiorno che proprio in quel periodo stava diventando famosa grazie a L'ultimo bacio.
L'idea musicale fu quella di scrivere una partitura alla Bernard Herrmann, ma forzando la mano tanto da divenire una sorta di parodia delle musiche hitchcokiane.
Niente di meglio per un musicista come me che aveva una incondizionata venerazione per il maestro americano.
L'edizione musicale, anche in questo caso, fu della Cam, che nonostante il film fosse a bassissimo costo accettò la mia richiesta di andare a registrare con una grande orchestra di 65 elementi. Andammo a Sofia. Era la prima volta che sentivo eseguire la mia musica da un organico tanto grande.
Durante i miei studi di composizione avevo scritto tante partiture per grande orchestra, ma il risultato lo avevo sentito eseguito da un computer senza anima. Ora tutti quei maestri stavano suonando la mia musica! Fu una grande emozione. E mi viene da ridere a pensare agli errori che commisi.
Per risparmiare sul viaggio arrivammo a Sofia due giorni prima della registrazione.
Avevo finito di comporre gli ultimi pezzi per il film a Roma all'ultimo momento e decisi di fare le parti staccate a Sofia (per un organico orchestrale di così tante persone!), da solo, senza assistenti, senza computer, a mano, con la matita e la carta da musica, confidando ingenuamente nei miei due giorni di anticipo.
Mi chiusi in albergo e piano piano realizzai che non ce l'avrei mai fatta. Era la stessa sensazione che avevo provato durante un esame di composizione durante il quale a metà del compito mi resi conto che mancava meno della metà del tempo; e al conservatorio, se non lo completi, il lavoro è nullo.
Il panico! Mi salvò Olga Tanferna della Cam che, capendo la situazione, chiamò un copista bulgaro a mezzanotte e mi aiutò a trascrivere le parti staccate per tutta la notte.
Il film fu presentato al festival di Berlino.
http://www.youtube.com/watch?v=OcudS0gLQjQ&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=35&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=NVo0IJ1kgu0&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=6&feature=plcp
CS: Ora o mai più (Lucio pellegrini, 2003)
GT: Penso che sono molti i fattori che contribuiscono a creare una buona colonna sonora. Ma il più importante per me è lavorare a un film che ti coinvolga molto; che consideri un bel film, diretto e girato bene. Oltre a lavorare con più entusiasmo vengo ancora più motivato da una sensazione quasi di sfida e di orgoglio: la mia musica non può essere al di sotto del film!
Quando mi arrivarono le prime scene montate di Ora o mai più, mi trovai di fronte a emozioni e storie che stavo vivendo in prima persona in quel periodo.
Ora o mai più narra la storia di uno studente che un pò per seguire una bella ragazza, un pò per un blando impegno politico incontra un gruppo di ragazzi di un piccolo centro sociale a Pisa. Siamo nel 2001 alle soglie del G8 di Genova, dove finiranno il nostro protagonista (per la precisione a Bolzaneto) e i suoi amici di lotte politiche.
In quel periodo io vivevo in un quartiere della periferia romana,e insieme a un gruppo di ragazzi occupammo un casale disabitato e fatiscente con l'obbiettivo di renderlo un centro musicale per il quartiere con sale prove per i giovani musicisti e corsi di musica.
Furono momenti emozionanti, l'impegno politico si mischiava alla passione comune per la musica, e come naturale nacquero storie d'amore e amicizie solide.
Ma dopo i tremendi avvenimenti del G8 di Genova tutto questo scomparve, la paura prese il sopravvento, molti si allontanarono e decidemmo allora di consegnare il casale a una associazione per la riabilitazione di ex detenuti.
Ecco, quando iniziai a lavorare al film di Lucio Pellegrini mi resi conto che le mie emozioni personali coincidevano con quelle del protagonista: il mio amore per la politica, per gli ideali utopistici dei giovani, il dolore per la morte di Carlo Giuliani, la rabbia contro il governo Berlusconi-Fini-Scajola, gli amori adolescenziali, la triste consapevolezza di diventare grandi e di allontanarsi sempre più dagli ideali e dalle utopie giovanili per entrare in un mondo più maturo ma anche più nichilista ed egoista.
Sarà per tutti questi fattori che ricordo la scrittura della partitura del film come un momento di altissima ispirazione, momenti fluidi, quasi magici, dove le note e gli accordi venivano quasi da soli come se fossero stati secoli che facevo questo mestiere.
Il film fu presentato al festival di Locarno.
http://www.youtube.com/watch?v=60YOXdxR-lU&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=7&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=URCupzBD1xs&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=27&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=yXo7GblyOKI&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=1&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=TfQ1Lv_UU-0&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=2&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=gtMG0CBOU6g&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=33&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=IqbrG_-mOx8&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=39&feature=plcp
CS: Saimir (Francesco Munzi, 2004)
GT: Conosco Francesco Munzi da quasi trent'anni. Siamo entrambi del '69 e frequentavamo lo stesso liceo.
Posso dire che ci siamo incoraggiati a vicenda nella difficile e in parte folle scelta di intraprendere questi pericolosi mestieri. Musicai il suo e il mio primo cortometraggio: Valse del 1993. Un bellissimo esordio in super8. Ma si deve aspettare il 2004 per il suo primo film.
Quando Francesco mi mandò la sceneggiatura rimasi molto colpito dalla forza della storia. Nonostante si parlasse di immigrazione, di Albania, di malavita, il film in realtà raccontava il rapporto tra un padre e un figlio, innalzando una storia contingente in una storia universale.
Ritengo fondamentale il momento di discussione con il regista, dopo aver letto la sceneggiatura. Un momento dove cerco di carpire il più possibile l'idea musicale che ha il regista (sempre che ce l'abbia...) e lo ritengo già un primo banco di prova dove espongo le mie prime sensazione e idee musicali, per creare quel terreno fertile di sintonia col regista.
Importante però che queste discussioni siano limitate, cioè può diventare controproducente discutere ore e ore riguardo una materia così evanescente come è la musica.
Incontrai Francesco. Mi disse che dato che i due protagonisti erano albanesi emigrati in Italia, la connotazione musicale albanese poteva e doveva essere importante. Gli risposi che in parte ero d'accordo ma a condizione di non scimmiottare delle musiche albanesi fatte da un musicista italiano. Se io dovevo essere l'autore delle musiche mi dovevo sentire libero di scrivere musica secondo il mio stile italiano. Sicuramente avrei preso in prestito degli elementi sonori, ritmi, oppure timbri vicini alla cultura albanese ma necessariamente filtrati dal mio modo "occidentale" di scrivere musica.
Se non fosse stato così sarebbe stato molto meglio prendere delle musiche dal repertorio di artisti albanesi...
Ma il film non era un documentario, i personaggi albanesi nel film si scontrano con la realtà italiana, e come dicevo prima, fondamentalmente il film tratta di un argomento universale come il rapporto tra un padre e un figlio. Fummo assolutamente d'accordo.
Dunque se dalla tradizione albanese presi in prestito le misure irregolari (7/4), i clarinetti e i tamburi, il cembalon dalla Romania, per il resto mi sentii libero di scrivere quello che sentivo giusto per il film senza nessuna altra restrizione, seguendo il mio stile.
Il film fu presentato al Festival di Venezia.
http://www.youtube.com/watch?v=aq2W0Wy1GK0&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=15&feature=plcp
CS: La masseria delle allodole (Paolo e Vittorio Taviani, 2007)
GT: "Non faremo mai un film insieme!" Questo il patto che io e mio padre stringemmo anni fa.
Mi sono sempre sentito orgoglioso della mia gavetta a teatro e per i cortometraggi, e proprio perché cittadino di una nazione in cui il nepotismo comanda, ho sempre fortemente rivendicato di non aver mai usufruito di un aiutino, una spintarella, una telefonatina....
L'unico vantaggio del fatto di provenire da una famiglia di cinema può essere stato quello di ricevere una certa fiducia da un regista riguardo il discorso cinema in generale. Nel 2006 mi chiamò mio padre e mi disse: "Ho parlato con Paolo,e per il film nuovo che stiamo scrivendo, La masseria delle allodole, abbiamo pensato a te e alla tua musica. E' vero che facemmo un patto tanti anni fa, ma è anche vero che ormai sei un professionista con alle spalle molti film del nuovo cinema italiano. Sarebbe un peccato, se in nome di un principio giusto, come quello del nostro patto, commettessimo ora una scelta sbagliata che ci priva di far una bella esperienza insieme."
Non potei che accettare, con estrema gioia e con intenso terrore!....
.....e invece il lavoro procedette fluido e appassionato e l'intesa con mio padre e mio zio fu ottima.
Probabilmente il fatto di conoscere così bene i registi di questo film mi ha portato velocemente a centrare quel colore musicale che li poteva convincere e (speravo) entusiasmare.
Come in Saimir anche la colonna di questo film ha dei legami con la musica etnica, la musica armena.
Il film riadattato liberamente dal romanzo di Antonia Arslan, racconta lo sterminio da parte dei "giovani turchi" di una famiglia rifugiatasi in una masseria, nel 1915 in Armenia, durante il genocidio.
Grazie al prezioso aiuto di Riccardo Giagni, musicista e esperto di musica etnica (e non solo) e di sua moglie Sonya Orfalyan, scrittrice di origini armene, conobbi più a fondo la musica e la cultura armena. Rimasi colpito (chi non lo sarebbe?) dallo strumento principe della musica armena, il duduk, uno strumento a fiato ad ancia doppia costruito con legno di albicocco che produce un suono caldo e malinconico e dai cori dell’antica liturgia armena.
Sempre grazie alla edizione Cam, riuscìmmo a dividere le registrazioni in due location differenti: a Yerevan per registrare il duduk con il più grande suonatore di duduk del mondo, Gevorg Dabaghian (non lo proponemmo a Gasparian, più famoso di Dabaghian, perché ci dissero che non legge la musica,va solo ad orecchio) e il coro femminile armeno; a Praga per l'orchestra.
L'esperienza a Yerevan fu fortissima. Il giorno prima di registrare fummo invitati dal coro femminile Hover, composto da studentesse del conservatorio, alle loro prove.
Mi colpì il fatto che in quella desolata povertà e arretratezza tecnologica, quelle ragazze splendessero per bravura e cultura, cantando perfettamente il repertorio colto e spesso difficile della tradizione armena ma anche della musica moderna del 900. Il giorno dopo registrammo.
Prima col gran maestro Dabaghian, e con il suo assistente Vache Sarafyan, che considero un grandissimo compositore contemporaneo, poi con il coro.
Appena arrivato a Yerevan, già dai primi incontri, mi resi conto che il dramma del genocidio, anche se a distanza di quasi un secolo, era ancora vivo nel popolo armeno, anche in queste ragazze giovani.
La scena che dovevamo registrare riguardava uno dei momenti più dolorosi del film, quando dopo lo sterminio, andati via i turchi, le donne, le mamme, le moglie e le figlie raggiungono e piangono i loro cari straziati a terra senza vita dalla atroce malvagità dei turchi. Questo pianto fatto di voci e lamenti doveva diventare coro, poi musica. La situazione era molto delicata.
Era forte in me il timore di poter essere scambiato per un "europeo cinematografaro" che era venuto a Yerevan per speculare su un dolore ancora vivo, su una ferita ancora aperta.
Decisi dunque di non mostrare il film alle musiciste durante la registrazione.
Ma una volta registrato chiesero di vederlo.
Non potei negarlo. Ci mettemmo tutti intorno al monitor.
Alla fine della scena e della musica girandomi verso le ragazze le vidi tutte con le lacrime agli occhi, ma anche con un sorriso che interpretai come un ringraziamento a noi che raccontiamo di nuovo al mondo quello che di terribile successe e che ancora non è stato riconosciuto.
Ed è stata anche la prima e ultima volta che ho visto il mio fidato ingegnere del suono Goffredo Gibellini (che coinvolgo in tutti i lavori che faccio, e a cui sono molto debitore per la sua bravura e la passione che mette in ogni avventura) emozionarsi fino alle lacrime anche lui.
Il film fu presentato al festival di Berlino fuori concorso.
http://www.youtube.com/watch?v=uOZKzo0vE70&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=29&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=sUmAxh6o9Ts&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=19&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=MzWlS3TIcK4&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=36&feature=plcp
CS: Forse Dio è malato (Franco Brogi Taviani, 2008)
GT: Un altro parente, mio zio Franco Brogi, mi chiamò per propormi di musicare il suo docufiction sull'Africa. Ma tante altre proposte iniziavano a fioccare dal cinema, tv e teatro.
E anche se da una parte l'allenamento alla scrittura ti aiuta a produrre più in fretta e più pagine di musica, il mio modo di comporre un pò ne risentiva.
Non sono mai stato un compositore rapido, probabilmente perché ho sempre cercato di non accontentarmi del mestiere. Al contrario ho sempre cercato di sperimentare qualcosa di nuovo che oltre a confermare potesse trasgredire le regole che rientrano nel mio bagaglio musicale di studi e dei lavori fatti. Ma per fare questo c’è bisogno di tempo e pazienza.
Inoltre lavorare per un progetto, sia un film per il cinema, per la tv o per il teatro, richiede una particolare concentrazione, dedizione, cosa oltretutto che esige, a suo diritto, il committente, il regista, il produttore...
Le produzioni spesso tendono a chiudere il film una volta completato il montaggio, dunque,
nonostante ci possa essere l'aiuto prezioso di copisti e assistenti, il tempo, per quanto mi riguarda, è sempre molto, troppo poco. Riguardo agli orchestratori il discorso è differente.
La mia passione per la musica nacque da adolescente con il rock'n'roll, il punk per la precisione. Mi colpirono i ritmi vorticosi e scatenati e i timbri taglienti.
Crescendo e studiando musica piano piano scoprii che anche la musica minimale colta di fine secolo aveva un legame e una parentela forte con il rock.
Anche qui il ritmo e il timbro avevano preso una rivincita sulla melodia che aveva primeggiato sempre in assoluto, con il suo massimo splendore nell'800.
Dunque per me, poco melodico, mi veniva un pò complicato chiedere aiuto a degli orchestratori.
Proposi allora a Carmelo Travia, eccellente pianista, dotato di una musicalità innata, conosciuto in uno dei posti a me piu cari, le isole Eolie, di collaborare ai miei lavori. Piano piano, rendendoci conto che i nostri due modi di fare musica si potevano felicemente mischiare, venne spontaneo di proporre a Carmelo la co-firma dei lavori, in nome della sana collaborazione tra autori, in nome di poter affrontare i tanti lavori proposti, in nome anche di un pizzico di serenità in più rispetto a mia moglie e ai miei due figli. Tornando al film Forse Dio e' malato, mi rimarrà sempre nel cuore e nei miei ricordi l'incontro, le prove, lo spaccato di vita con i musicisti di una comunità senegalese a Roma.
Avemmo la fortuna di poter lavorare con Badarà Seck, cantante carismatico senegalese e con una strepitosa cantante e trombonista di Johannesburg Siya Makuzeni. Anche qui ringrazio la Cam che insieme alla produzione del film riuscirono a far venire a Roma a registrare Siya, dopo una accurata selezione tra centinaia di artisti africani fatta da me e Carmelo.
Avevo mandato a Siya via email i provini, cantati da me (povera lei......) per farsi una idea. Ma avevo deciso di convocarla a Roma due giorni prima della registrazione per poter fare le prove nel mio studiolo.
Dopo 10 minuti di prove, bloccai tutto e le dissi: "Bene, ora andiamo a fare i turisti e a conoscere Roma!" Mi guardò stupita e interrogativa.
Gli risposi che sorprendentemente, aveva colto già subito lo spirito e le indicazioni, anzi stava facendo quello che fanno i grandi artisti, i grandi attori: interpretare le nostre idee e elevarle in sublime.
Sentivo che erano momenti magici che andavo preservati fino allo studio di registrazione. E così fù.
http://www.youtube.com/watch?v=DqL6fQtZuyg&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=4&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=Ous2UZ6gs8Y&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=34&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=pEaCHcukTHg&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=3&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=k3AFAvfDEuQ&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=31&feature=plcp
CS: Due partite (Enzo Monteleone, 2009)
GT: Il compositore di cinema è considerato uno dei quattro autori del film, insieme allo sceneggiatore, direttore della fotografia e regista.
E, come è giusto, lavora sempre al servizio del film sotto le direttive del regista.
Ho sempre creduto e accettato la struttura gerarchica (quasi militaresca…) dei set e dei film, la imparai sin da piccolo, quando e io le mie sorelle, dopo due mesi che non vedevamo mio padre e mia madre arrivavamo sul set a fargli visita. Ma venivamo accolti da perentorie urlate del tipo: "SILENZIOOO!!!!! voi,ora state zitti e muti fermi da una parte! E guai a chi osa sedersi su quelle sedie!!!" Che paura! Eppure in questo modo imparavamo il rispetto sacro che si doveva avere nei confronti di tutte quelle persone che insieme, col loro lavoro stavano creando qualcosa di importante, e ci era chiaro che era necessario un comando, una regia appunto.
Ma come tutti i grandi comandanti e i grandi registi, si deve avere l'intelligenza e la sensibilità per riuscire ad appropriarsi di questo potere, con l'unico obiettivo di coinvolgere tutti i collaboratori e farsi dare il meglio da ognuno.
Eppure mi è capitato (per fortuna di rado) di incontrarmi-scontrarmi con registi che impugnano questi loro diritti in modo non proprio rettilineo.
C’è il sospettoso, quel regista che considera il musicista o qualsiasi collaboratore (anche se da loro stessi scelti e quindi stimati) come un potenziale danneggiatore del film.
Affronta la lavorazione come una guerra, dove i nemici possono essere anche i suoi stessi ufficiali pronti all'ammutinamento. Duro vincere una guerra in queste circostanze...
Oppure ci sono registi che nonostante apprezzino il lavoro che stai facendo, cercano di evitare di gratificarti pensando che qualora lo facessero, ci sentiremmo giustificati a mollare lo sforzo e la tensione. Invece è proprio l'intesa e la fiducia del regista che ci danno la forza per continuare ad appassionarci e scrivere sempre meglio.
Ci sono registi infine che pensano di poterti imporre i loro gusti e loro scelte senza un minimo scambio. Non sortirà mai una buona musica se non hai la possibilità di seguire anche il tuo istinto.
Ora non voglio certo classificare il mio incontro con Enzo Monteleone in una di queste categorie ma sicuramente non fu tra i migliori.
Ricordo che mi chiamò dopo aver sentito un mio disco di colonne sonore. Ci incontrammo e conoscemmo in sala montaggio.
Sin dalle prime sue reazioni alle mie proposte musicali mi resi conto che non stavamo trovando quella sintonia che occorre a due professionisti per fare un buon lavoro insieme.
Ma nonostante i suoi sbadigli e le sue battute ironiche, inaspettatamente mi disse:"Ok, tutto bene, a parte qualche piccola cosetta, la strada è quella giusta, ce la possiamo fare."
Rimasi di stucco. Annuii. Mi domandavo: "Forse sono troppo permaloso? ..o troppo catastrofico? Oppure semplicemente questo regista ha un carattere stravagante ma in verità va tutto bene?".
Ma sbagliai: perché la mossa giusta sarebbe stata quella di affrontare subito i dubbi che avevo per capire meglio la situazione. E forse avrei fatto bene ad abbandonare il film…perché solo al mix, Enzo, a bassa voce, mi disse che aveva richiesto alla produzione di chiedere e pagare i permessi per far rimanere alcune musiche di repertorio provenienti da altri film.
Non si trattava di canzoni, ma di musiche strumentali, di commento, scritte apposta per altri film, oltretutto famosi.
Musiche che erano state montate sul film per prova, e di cui il regista si era innamorato…( ma per parlare di questa pratica ormai diffusa delle musiche d'appoggio provvisorie avremmo bisogno di interi capitoli..)
Mi opposi, sostenendo che era un danno alla mia musica ma sopratutto al senso musicale della colonna sul film.
Mi rispose che sul programma musicale c'erano molte musiche mie e potevo stare tranquillo.
Non ho partecipato al mix e non ho tolto le rimanenti mie musiche solo per non creare un danno alla produzione e alla distribuzione che attendevano il film per l'imminente uscita.
(Una prossima volta mi occuperò delle fobie di noi musicisti. Non sono poche!).
http://www.youtube.com/watch?v=LbkhWz7Qfr0&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=32&feature=plcp
CS: Boris – Il film (Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo, 2011)
GT: Quanto è bello poter lavorare con gli amici e con le persone cui nutri grande stima.
Non che questo precluda a incomprensioni o contrasti, anzi a volte le dinamiche di amicizia stranamente creano equivoci o cose poche chiare.
Ma con "la triade" sono legato oltre che da un profondo senso di amicizia e stima anche da un patto che risale a venti anni fa (come ho raccontato all'inizio di questa intervista), basato sulla convinzione di seguire quello che ci piace e ci sembra giusto, senza nessun vincolo legato al successo commerciale oppure al politicamente corretto.
Proprio in nome di questi principi è da più di sei anni che lavoriamo insieme al progetto Boris; prima in formato serie per Fox, ora per un film.
Probabilmente proprio questa seria impostazione, nonostante non si tratti di cifre da cinepanettoni, ha prodotto un enorme successo legato al passaparola e al sostegno dei suoi fan, a volte sfociato addirittura in venerazione che rasenta il fanatismo.
Sulla serie, nonostante i problemi di budget (inesistente, dunque la musica è stata per forza maggiore prodotta soltanto in elettronica) ci siamo divertiti e sbizzarriti a creare il commento con la massima libertà.
Tra noi musici, il regista e Lorenzo Mieli, produttore acuto e intelligente, è nata una splendida sintonia che ha creato quel terreno fertile in cui lo sforzo creativo era sempre accompagnato a un gran divertimento.
Nonostante fossimo sotto pagati e i diritti Siae su Fox quasi inesistenti abbiamo seguito la serie come si trattasse di tanti piccoli film.
Non abbiamo seguito quella impostazione da serie tv in cui spesso i musicisti compongono alcuni temi lunghi e poi il montatore con quel materiale riesce a ricavare, tagliandole e montandole, la colonna per tutta la serie.
Al contrario, ad ogni fine montaggio di puntata ci si vedeva con i registi, si discuteva e si creava nuova musica li' dove sentivamo ci fosse bisogno di nuovi temi.
Complici anche le troppo lunghe discussioni con tre registi, non sempre all'unisono tra loro, abbiamo dedicato tantissimo tempo a Boris. Ma oggi guardando indietro, siamo tutti d'accordo: ne è valsa la pena.
Se le musiche sulla serie spesso risentivano del montaggio veloce e dunque dovevano anche svolgere quel compito di passaggio da una scena all'altra, rischiando a volte di diventare dei veloci e divertiti siparietti, sul film abbiamo proceduto in modo diverso.
Nel film intanto abbiamo avvertito un elemento in più: quello della tragedia. Se nella serie il protagonista è Alessandro, lo stagista, e anche tutto quanto il set degli Occhi del cuore, nel film il protagonista vero diventa René Ferretti, il regista; che vive tragicamente la sua condizione di regista di serie B, quando invece vorrebbe elevarsi a regista serio e drammatico ma il mondo dello spettacolo italiano non glielo permette.
Dunque abbiamo pensato di sottolineare questo aspetto giocando con la musica in contrasto. Nel film raramente ci sono musiche simpatiche e divertenti, spesso sono al contrario dense e ricche di pathos ma anche cupe e paurose.
http://www.youtube.com/watch?v=iF0iMLTrPxQ&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=rn-hcuTpXHk&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=22&feature=plcp
CS: Nessuno mi può giudicare (Massimiliano Bruno, 2011), Amore bugie e calcetto, Oggi Sposi, La donna della mia vita (Luca Lucini, 2009-2011)
GT: Proprio grazie a Boris, due dei migliori registi della "nuova commedia all'italiana", ci hanno cercato e incaricato di scrivere le colonne dei loro film.
Massimiliano Bruno oltre ad essere un ottimo regista e sceneggiatore è un eccellente attore. E in Boris interpreta un personaggio molto divertente: Martellone. Luca Lucini, sin dalla prima serie è un grande fan di Boris. Pur avendo, come ovvio, stile e scrittura diversi accomuno i nostri lavori per i loro film per la fluidità del lavoro, per l’ottima intesa, e per il grande divertimento nella realizzazione.
Pur essendo giovani, entrambi hanno una grande professionalità sul loro lavoro, conoscono i meccanismi più segreti del cinema e sanno gestire il loro potere di regista con umiltà e fermezza nello stesso tempo, riuscendo a ottenere il massimo dai lori collaboratori.
Se un film ha problemi di sceneggiatura o zoppica qua e la', il lavoro per noi musicisti sarà sicuramente problematico.
Innazitutto perché se non è chiaro qual'è il pensiero che il regista vuole trasmettere, sarà difficile per noi cercare di mettere a fuoco il sentimento musicale che dovrebbe servire al film, e in secondo luogo perché il regista, il montatore e spesso sopratutto i produttori chiederanno al musicista di "salvare il film".
Ora, una musica può sublimare una bella scena, può contribuire a rendere il film memorabile e magnifico, ma non ha il potere di "aggiustare un film". Concordo con il maestro Morricone quando dice: "La musica non è la medicina del film."
Con Luca Lucini e con Massimiliano Bruno questo non è mai avvenuto.
Hanno una visione chiara e cristallina di quello che stanno facendo e una idea precisa e scientifica di quello che sarà il film. Ma contemporaneamente sono pronti ad affidarsi alle mani dei loro collaboratori.
Riescono così a creare un terreno fecondo in cui, oltre alla professionalità, all'artigianato e al duro lavoro c’è spazio per la soddisfazione, l'amicizia e il divertimento.
http://www.youtube.com/watch?v=cG0tHZ30WF8&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=37&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=KPAd9BAzahM&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=25&feature=plcp
http://www.youtube.com/watch?v=Y_SlpSHj0hs&list=UUwHro_T34YSr1gkb6L23JEQ&index=23&feature=plcp
CS: Cesare deve morire (Paolo e Vittorio Taviani, 2012)
GT: Molti sono gli spunti da cui cerco di trarre ispirazione quando inizio un lavoro: la sceneggiatura, il dialogo con il regista, le prime immagini e sequenze montate.
In Cesare deve morire, dopo aver letto la sceneggiatura ci facemmo una idea di quello che poteva essere il colore della musica. Io e Carmelo ci mettemmo a scrivere qualche tema.
Ma andando ad assistere sul set alle riprese cancellammo tutto quello fatto e decidemmo di ricominciare da capo.
Il docufilm segue le prove, la messa in scena del Giulio Cesare di Shakespeare da parte di un gruppo teatrale composto da detenuti del carcere di Rebibbia.
Si tratta di detenuti del braccio più violento, di massima sicurezza, condannati all'ergastolo o a venti, trent'anni per i più gravi reati.
Anche in questo caso, lavorare a questo film mi aveva portato a scoprire un mondo a me sconosciuto: quello delle carceri, dove il dolore e la sofferenza dell'uomo sono tangibili nelle cose, negli sguardi, nei rumori .
Già con la compagnia teatrale con Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre eravamo stati tempo fa nel carcere di Rebibbia a rappresentare un nostro spettacolo.
Fu una forte esperienza anche quella, ma il nostro rapporto con i detenuti si limitò a quello tra noi teatranti e loro pubblico. In questo caso è stato diverso.
I detenuti sono gli attori del film, ed entrando in carcere mi sono trovato difronte a una troupe all'apparenza normale, affiatata e concentrata sul da farsi.
Ho iniziato ad aiutare, a darmi da fare per entrare nello spirito del set.
Capita spesso che durante una lavorazione si creino amicizie nuove, così ho conosciuto, parlato e discusso con gli attori; si è creato subito un bel clima cordiale. Tutti erano attenti, rispettosi, partecipi del lavoro.
L'aiuto regista poi mi si avvicinava e mi sussurrava all'orecchio la loro storia.
Persone gentili, educate e simpatiche si rivelavano pluriomicidi,camorristi e mafiosi, autori di delitti tra i più gravi. Ma tutti avevano negli occhi uno sguardo di grande dignità.
Avevano tutti compreso il valore di quello che stavamo facendo.
Avevano intuito che la potenza dell'arte, del cinema, avrebbe potuto raccontare le loro storie non soltanto dal punto di vista giudiziario ma cogliendo le contraddizioni dell'animo umano: dunque non condannati ad un eterno giudizio negativo dal resto del mondo.
Anche in questo caso mi resi conto che con la musica avevamo una responsabilità forte che dovevamo gestire con attenzione e pudore.
Cancellammo tutto quello fatto in precedenza e ci venne naturale scegliere come elemento centrale della colonna un tema semplice, composto da poche note che si ripetono, suonato da uno strumento a fiato, il sassofono.Un tema dolce ma anche malinconico che nella sua semplicità si scontra con una base musicale, una armonia fatta di elementi sonori sporchi, dissonanti a volte addirittura sgradevoli.
Quasi a voler raccontare la purezza dell'animo umano corrotto dal mondo che ci circonda.
Il suono caldo e vivo del sassofono lotta con una armonia realizzata principalmente da suoni sintetici, elettronici che rendono il discorso musicale moderno e contemporaneo.
Anche il film, seppure diretto da due registi ottantenni, ha per me una grande forza che deriva dal suo linguaggio allo stesso tempo classico e fortemente contemporaneo, oserei dire all'avanguardia.
Il film è stato presentato in concorso al festival di Berlino.
CS: Quali sono i tuoi compositori italiani e stranieri preferiti di musica per film?
GT: Ennio Morricone, Nicola Piovani e Nino Rota rimangono e rimarranno nel mio cuore come i responsabili della mia scelta di fare il musicista da film.
I primi due, lavorando ai film di mio padre e mio zio, li conobbi da vicino e anche se bambino mi fu facile amarli incondizionatamente.
Il gusto circense di Nino Rota mi sedusse da adolescente.
Ma tutta la scuola italiana famosa nel mondo la considero fondamentale per la mia cultura musicale: Piero Piccioni, Piero Umiliani e Armando Trovajoli.
Bernard Herrmann, John Williams, li considero i capisaldi della musica da film americana.
Oggi sono particolarmente affascinato dalle sonorità di Thomas Newmann, Alexandre Desplat, Dario Marianelli e Alberto Iglesias. Così come sono particolarmente affascinato dalla fantasia fiabesca di Danny Elfman o dalla sapienza di James Newton Howard.
E ho una particolare devozione per Jon Brion che provenendo dal folk e dalle canzoni ha scritto alcune colonne sonore come Magnolia, Ubriaco d'amore e Eternal sunshine of the spotless mind,che ritengo degli autentici capolavori.
CS: Cosa significa per te “musica per immagini”?
GT: Per capire cosa è per me la musica per immagini devo tornare alla mia infanzia.
E mi spiace risultare riduttivo se racconterò ancora una volta il mio rapporto con il cinema di mio padre e mio zio. Ma d'altronde fu quella la mia culla di celluloide.
La lavorazione di ogni film veniva seguita da tutta la famiglia con attenzione e apprensione.
Dalla lettura della sceneggiatura, ai pranzi allegri dove sembrava che la produzione avesse trovato i soldi per farlo, alle cene tristi dove invece sembrava tutto crollato e perso, alle riprese sul set, al montaggio, alla registrazione delle musiche e finalmente alla proiezione del film finito.
Dunque, nonostante tutto il percorso del film fosse stato connotato da elementi materiali, concreti, difficili e faticosi, alla fine durante la visione accadeva quello che per me era un miracolo.
Brividi ghiacciati di emozione che dai piedi salivano sulla schiena e arrivavano alla testa.
Era l'emozione che il film mi trasmetteva. Mi resi conto che in quei momenti topici del film era proprio la musica accoppiata a quelle immagini, a quelle facce, a quelle storie che rendeva sublime il tutto.
Così, dopo aver inciso alla Forum a dodici anni il coro dei bambini del Requiem di Verdi con la direzione di Nicola Piovani, ritrovare quella musica così epica in quelle scene tragiche della guerra, mi emozionava.
Egualmente il tema di Kaos e de La notte di San Lorenzo di Nicola Piovani, ormai familiari al nostro orecchio di bambini, dato che mio padre le suonava al pianoforte, durante la visione mi creavano una esplosione di emozioni che mai scorderò.
E ancora il tema di Ennio Morricone per Il prato, ma sopratutto la tarantella di Ennio Morricone nella scena finale di Allonsanfan: una musica in crescendo, sempre più incalzante, tanto da prendere violentemente il posto delle parole dell'attore che parla in primo piano ma che noi spettatori non ascoltiamo perché travolti da questa musica meravigliosa.
Quentin Tarantino la utilizzerà per i titoli di coda del suo film Bastardi senza gloria.
Questo per me è “musica per immagini". Emozione allo stato puro.
Grazie a queste musiche capii che il mio mondo sarebbe stato quello della musica da film.