Dragonheir: Silent Gods
Daniel Sadowski, Joel Santos, Weijun Chen, Elliot Leung, Chad Cannon, LuoQing, Inon Zur, Gary Wang, Yang Qu
Dragonheir: Silent Gods (Id. - 2023)
Digital Album
46 brani – Durata: 86’00”
Dragonheir: Silent Gods è uno degli ultimi e più gettonati videogiochi di ruolo strategico high-fantasy open-world – che altro non sono che un potenziale gioco-viaggio che ridesta il nostro spirito esplorativo, facendoci muovere liberamente in un mondo virtuale –. Ancor meglio, così come definiti egregiamente sul web, sono <<Giochi open world sempre più diffusi nel globo, perché coniugano l’esigenza di viaggiare a quella di esplorare un universo alternativo>>. Quindi, da ultimo in ordine di tempo, Dragonheir: Silent Gods conduce i suoi viaggiatori in un itinerario epico, nel quale si può scoprire un mondo ultra dinamico con diverse possibilità di esplorazione. La colonna musicale è stata affidata ad un team di compositori provenienti da più parti del globo – conservando così quel senso di comunità variopinta da più nazioni, riunita all’unico scopo di esplorare vasti mondi e affrontare viaggi eroici in piena libertà interpretativa e spirito d’avventura senza frontiere e differenziazioni etniche –, ognuno con la sua cifra stilistica pur tuttavia mantenendo un tratteggio musical comunicativo assai lineare e compatto.
Nella quasi ora e mezza della OST i nostri eroi del pentagramma, ossia Daniel Sadowski, Joel Santos, Weijun Chen, Elliot Leung, Chad Cannon, LuoQing, Inon Zur, Gary Wang e Yang Qu, con le poderose orchestrazioni dell’italiano Filippo Landi (vi rimandiamo alla nostra intervista-lezione di musica per immagini), tranne per i compositori Weijun Chen e Chad Cannon che hanno curato personalmente le orchestrazioni dei loro brani, riescono ad aprirci un universo (più che un mondo) di note risuonanti epopee fantasy celtico-mistico sinfoniche larghe e possenti, meditabonde e sognanti, gloriose e ancestrali.
Daniel Sadowski, in apertura dell’album digitale, con “Dragonheir: Silent Gods – Main Title”, tra cori gonfi e una grandeur orchestrale epicamente in levare, a metà piombata in una sospensione riflessivo misticheggiante con cornamusa, synth, coro, archi e ottoni, il tutto deflagrante in una pomposità senza freni, dà il senso dell’intera opera videoludica sonora. Sentimento pentagrammato che prosegue nelle successive tre parti di “Crusade Against Emerald Breath”: travolgenti, incessanti e sostenute cavalcate coral-sinfo-sintetiche, in cui ogni strumento è un guerriero senza macchia ne paura pronto al sacrificio pur di affermare la vittoria sull’oppressore di turno (si ha la sensazione di una carica a tutta velocità di un esercito disposto a morire in battaglia ad ogni costo). Questo iniziale roboante clangore sinfonico viene acquietato dalla traccia meditativa di matrice celtica, “Nytheri” di Joel Santos e dal coro funereo addolorante “Luminary’s Prayer” di Weijun Chen, che incarna a metà conformazioni favolistico angeliche di affascinante seduttività grazie alla voce spirituale di Cassandra Violet, che fa rammentare i leitmotiv di Trevor Jones per Labyrinth e di Daniel Pemberton per The Dark Crystal: Age of Resistance; medesima percezione uditiva nel susseguente “Luminary’s Hymn” sempre di Chen. Il quale con “Bustling Harbor” ci regala una danza del ventre arabeggiante che ricorda certe soluzioni – orchestrativamente meno ricche, ma per questioni di budget all’epoca – di Joseph Lo Duca per la serie Xena – Principessa guerriera; anche in “Dazzling Fair” Chen ci fa sognare facendoci danzare soavemente tra ritmi orientali di un dì fiabescamente antico e oniricamente bello. Con “War of Lumina” Chen cambia registro, e con un ritmo quasi sincopato alla Jason Bourne di John Powell e un coro maschile gonfio, ci fionda in una guerra oscura. Chen in “Dragonsaerie Empire” delinea una melodia oriental-arabeggiante dalle linee ascensionali delicatissime, etereamente intrise di epicità. “Crusade Against Glacial Billows”, ancora di Chen, è un crescendo arcano alla Zimmer per massa orchestrale e corale messa all’opera. Elliot Leung in “Child of Chaos” punta coralmente e sinfonicamente (molto zimmerianamente) verso conglomerati frastornanti in levare, senza lasciare tregua al giocatore e all’ascoltatore, il primo catapultato in un caos ragionato, il secondo stordito da un caos raziocinamente organizzato. Chad Cannon in “Crusade Against Empire’s Shadow” sembra proseguire il discorso del brano precedente, pompando maggiormente l’aspetto devastante di un’orchestrazione tutta cardiacamente in crescendo, in uno di quei brani d’azione stratificato nella scrittura e composito nell’esecuzione al fulmicotone. “Residence in Woods” di Shenji suona aereo e vibrante emozionalità incantante pur nella sua brevità. “Exiles’ Cage II” di Chen è etereo, impalpabile. “Watcher’s Fort” di LuoQing mantiene le regole d’ingaggio sonore dei colleghi finora ascoltati: tamburi lontani e persistenti, suoni etnici sparsi e tanta epicità sullo sfondo. LuoQing a seguire, in “Leisurely Afternoon”, gioca con grazie puntillistica. “Blue Oak’s Heart” do Joel Santos è celestiale sul fil di lana come il brano appena prima, con una linea d’archi sottile e addolcente in secondo piano. Germogliante e orientale in nuce, con qualche oscura presenza a contornarne le vesti ancestrali, è “Whispered Vespers” di LuoQing. “Heartflame Castle” di Weijun Chen è il perfetto proseguimento e sviluppo della traccia di LuoQing, con una melodia orientale sprofondata in livori strumentali tetri e preoccupanti. “Savage Wilderness” di Weijun Chen suona rabbioso, selvaggio e sinfo-metal, con interventi vocali tipici dei canti tribali di battaglia dei nativi indiani americani (un pezzo tra i più energici e attraenti dell’album).
“Champion’s Peak” di ChunLe appare come il proseguo percussivo incessante del brano di Chen ma senza presenza corale e vocale a infoltirne le dinamiche guerresche. L’esperto di musiche per videogiochi, Inon Zur (Syberia, Prince of Persia, Crysis, Men of Valor, Fallout 3, Dragon Age: Origins, Il Signore degli Anelli: La guerra del Nord), nel suo unico pezzo presente, “Unyielding Mettle”, dà fiato agli ottoni e alle percussioni in un clangore d’armi orchestrali senza un attimo di tregua. “Rally of Glacial Billows” di Weijun Chen è un percorso dark labirintico coral-synth-strumental-tribale aggredente. Un crescendo orchestral-ritmico epicizzante in “Defense Versus Plunder” di LuoQing, che ci fa danzare sensualmente in “Of Wines and Travelers”, mescolando sonorità celtico-arabeggianti. “Meteoric Corruption” di Chad Cannon suona oscuro, invece il suo “Fabula Adenthia” possiede un meraviglioso leitmotiv romanticamente celtico, dal sapore antico e sognante, che allarga il cuore ad ogni nuovo sentire. “Unyielding Silk” di Cannon ha una progressione armonica serpentina da scary music. “Poison Light Deep” di Yang Qu è leggiadro, gocciolante, in puro sound fiabesco alla Joe Hisaishi. “Inferno and Twinkle” di Yang Qu rievoca il tema portante di Wojciech Kilar del Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola del 1992. “The Battle of Inferno and Twinkle” di Qu è un crescendo sinfonico senza via di scampo in cui predominano archi ondosi e ottoni corposamente epici. “Sanguine Snowfield”, sempre di Qu, echeggia spiritualmente lontano come un fior di loto che volteggia sull’acquitrino senza mai posarsi. “Feywild” di Weijun Chen porta con sé la stessa sensazione aleatoria e rassicurante del brano precedente, con una melodia progressiva che rammenta “The Alethiometer” di Lorne Balfe da His Dark Materials. “Sparkle! Sparkle!” di Chen fa il verso gigioneggiante al tema di Spugna da Hook di John Williams ma ancor di più al tema della serie Sherlock di David Arnold e Michael Price. “Crusade Against Creeping Flame” di Yang Qu e “Crusade Against Lady of Greeneries” di Weijun Chen raggiungo la medesima meta prefissata con un sinfonismo vigorosamente in levare. “Rise and Fall” di Chen è pura leggerezza sonora, dai tratti orientali appena accennati e dolcemente sentimentali. Il doppiatore e cantante americano Sean Chiplock si cimenta in stornelli celtici da cantastorie tutti con la medesima melodia, assai nota e abusata in generi filmico-seriali-videoludici di questo tipo di narrazione, in “A Travelers Tale”, “From Silk to Blood”, “Glory Be United” e “Lost in the Cold”, orchestrati da Chen. Il quale compone gli ultimi tre pezzi di questa OST: la bellissima sarabanda sinfo-vocale tra Vivaldi e Mozart di “Rain of Fire”, il misticismo astrale e celtico di “Siren’s Song” e il rombo tuonante orchestrale in crescendo del conclusivo “Climax: Final Chapter”.
Quando si dice che soprattutto nei videogames, oggi come oggi, si possono ascoltare le migliori colonne sonore, non ci si sbaglia affatto; in special modo dopo aver goduto di questa Dragonheir: Silent Gods e del suo parterre di ottimi compositori.