Fallen Drive
Filippo Landi
Fallen Drive (Inedito, 2023)
Dox Records
15 brani – Durata: 32’00”
Un thriller dove la ritorsione per torti subiti in passato la fa da padrone: una coppia partecipa alla classica riunione del liceo con l’intenzione di vendicarsi di un ex compagno di classe. Per la regia di Nick Cassidy e David M. Rice, questo avvincente film, da noi ancora inedito, porta la firma compositiva di un nostro connazionale, il giovanissimo e talentuoso Filippo Landi (leggi nostra intervista), orchestratore e assistente orchestratore per pellicole e serie TV importanti – ad esempio Creed III (2023) con lo score di Joseph Shirley, Renfield (2023) con la partitura di Marco Beltrami, Willow (2022) con le musiche di James Newton Howard, The Mandalorian (2023) con musica di Ludwig Göransson e Joseph Shirley e Gremlins: Secrets of the Mogwai (2023) con composizioni di Sherri Chung – e autore in proprio per alcuni corti.
Landi realizza uno score di matrice elettronica con intrusioni orchestrali campionate, ottimamente architettate, che sanno come accrescere la tensione non solo fisica ma psicologica della trama. “Into the Wood” è il brano d’apertura dell’album digitale: archi sottesi, che vorrebbero rassicurare, su tappeto synth in levare altamente tensivo e inquietante. “One Last Time” ci illustra un nebulizzato leitmotiv che fa leva su un suono etereo. “Confessions” sembra proseguire la linea sintetica del precedente pezzo, con una continuativa e perturbante progressione ritmico gocciolante che presagisce ‘confessioni’ tremende, irrobustite dagli archi sottesi, fintamente confortanti come nel brano d’apertura. Aeree dissonanze synth vocianti si delineano nel compulsivo “Of Love and Revenge”, che a tratti ricorda certe ascensioni timbriche elettroniche del caro John Carpenter ed Ennio Morricone del film cult sci-fi La cosa; nella seconda metà della traccia si vira verso metalliche e oscure discese aeriformi agli inferi. “Fallen Drive” è ondulante e asfissiante nel suo liturgico innalzarsi al male sotto forma di espiazione punitiva (la presenza di un organo campionato alla Vangelis ne ingrandisce la sacralità per nulla redentiva): un tema melanconico serpeggia nella traccia. “Reuniting with the Past” conferisce alla tastiera e alla chitarra acustica, su effetti synth atmosferici, un senso di astrattiva quiete e di pace ritrovata dopo tanto dolore subìto, con un finale quasi salvifico nella sua conformazione eroica. “End Credits” risulta metallicamente urban nel suono progrediente dei synth e degli archi sospensivi e melodicamente fascianti, sicuramente con un sottobosco di trepidazione costante. “I’m in Town for a Day” suona instabile e rituale nel suo lineare e breve astrattismo spaziale. “Reunion” ha un aspetto cantilenante allarmisticamente tenue. “Bad Idea” tamburella metallicamente come un allarme scattato all’improvviso e infermabile nel suo aggressivo incedere. “Say Something” e “DIY Justice” sono fasce sonore da incubo, assai angoscianti e graffianti, tipiche delle scene horror jumpscare. “The Sound of Remorse”, con il suo sgocciolio synth raggelante e gracchiante, ci striscia dentro come un rimorso senza fine esclusivamente assalente e vendicativo. “Dustin” è una risuonante oppressione sonora mentre il conclusivo “Brotherhood” fa trasalire inizialmente seppur trapeli un sound anni ’80 techno dance sullo sfondo che ci fa pensare ad altro.