La morte non conta i dollari
Nora Orlandi e Robby Poitevin
La morte non conta i dollari (1967)
GDM Music CD Club 7044
27 brani (25 di commento + 2 canzoni) - durata: 55' 27"
Nell’ambito della cospicua produzione di western all’italiana a cavallo tra i decenni Sessanta e Settanta, non infrequenti sono i casi in cui una discreta colonna sonora accompagni una pellicola mediocre e ne segua il destino di scarsa notorietà. È quello che è accaduto a La morte non conta i dollari, film in cui il tradizionale archetipo della vendetta viene ad intrecciarsi con una serie di misteriosi omicidi che conferiscono allo sviluppo della storia un climax da thriller.
Il CD, realizzato con la consueta cura dall’instancabile GDM Music grazie al ritrovamento dei nastri originali negli archivi della RCA, ce ne restituisce per la prima volta in assoluto il solido commento musicale scritto a quattro mani da Nora Orlandi e Robby Poitevin, i quali optano nella circostanza per il dinamismo e le asperità stilistiche tipiche del genere, pur non disdegnando di insistere talvolta su toni più romantici o più introspettivi (va ricordato che quest’ultimo in particolare è un tratto distintivo della musicista vogherese: si tenga presente, ad esempio, la chiave interpretativa da lei adottata in Clint il solitario, uno spaghetti-western del 1966 dallo score quasi interamente sospeso in una dimensione sognante).
I primi minuti d’ascolto dimostrano efficacemente tale bipolarità: per il brano d’apertura i due autori confezionano un tema per tromba avventuroso e nostalgico insieme (“Titoli – Seq. 1”), mentre in “Seq. 2” si vira già verso un’ atmosfera sentimentale, rallentando il tempo e toccando le corde più liriche del coro.
Un momento topico della OST arriva con “Seq. 3”, classico motivo di grande intensità usato per enfatizzare la frenesia delle cavalcate attraverso i profondi spazi del West: la sua struttura prevede un furioso strumming di chitarra acustica e degli interventi solistici eseguiti nell’ordine da una chitarra elettrica piuttosto decisa, dalla sezione fiati e dall’orchestra d’archi. “Seq. 20” ne riprenderà il tema ma con un arrangiamento più fitto (vengono aggiunti timpani e campane) e un tempo più dilatato.
“Seq. 4” è divisa in due parti: la prima è una ripetizione di “Seq. 2”; la seconda ha un’involuzione malinconica per armonica e flauto. Quest’ultima sezione verrà impiegata anche come base per “Seq. 6” e “Seq. 11”, dove ascoltiamo la voce della stessa Orlandi impegnata rispettivamente in una versione canora e in una serie di vocalismi che, alternati al flauto, ricamano quasi una nenia infantile.
Di grande fascino sono le tracce drammatiche: si va dalla perentoria chitarra elettrica alternata a passaggi orchestrali di “Seq. 7” alle reminiscenze sacre per organo e chitarra classica di “Seq. 12”, riprese poi con piccole variazioni nella strumentazione anche in “Seq. 14”, con gli archi al posto della chitarra, e in “Seq. 17”, per organo solo.
Venendo ai brani d’ispirazione etnica, non possono passare inosservati soprattutto i virtuosismi flamenco (rasgueado e tremolo) della chitarra introduttiva di “Seq. 16”.
La voce di Raul, ancora sulle note di “Seq. 2”, chiude degnamente la tracklist (“Finale – Seq. 21”) prima di lasciare il testimone a sei versioni alternative in stereo.
Come si può cogliere da questa breve analisi, La morte non conta i dollari è una partitura molto varia e ricca di chiaroscuri dove la verve melodica di Nora Orlandi e l’eclettismo di Robby Poitevin - due nomi che hanno frequentato il western spesso legati da vincoli di collaborazione, di solito in veste di compositrice la prima, di direttore d’orchestra il secondo – possono trovare libero sfogo.
In sostanza, un disco che non tradisce le aspettative e che darà piena soddisfazione a tutti gli appassionati.