Muqataea
Francesca Guccione
Muqataea (2021)
Whales Records WR21FG011
8 brani – Durata: 45’29”
Profuma di suoni e leitmotiv mediterranei, selvaggi, antichi, tribali, sensorialmente intrisi di onirica disperazione e concreta rievocazione nostalgica, alla scoperta di una propria appartenenza e di una propria perduta conoscenza; quella conoscenza che si acquisisce con l’innocenza della crescita dall’infanzia all’adolescenza e che via via sfuma nell’età adulta, causa la frenesia di una vita che rincorriamo di continuo invece di farci rincorrere da essa stessa, perdendo il senno. Profuma di quella sicilianità colma di bellezze e contrapposizioni che solo un isolano può conoscere – e un vero siciliano può respirare – e che la nostra compositrice, cantante e violinista Francesca Guccione sa far sue sino in profondità, essendo ella medesima una siciliana di Modica. Un intimo e simbolico cantico alla sua città Modica che diviene un album intitolato “Muqataea”, che, come riportato nel comunicato stampa del presente CD, nelle parole della compositrice: “in arabo significa contea, ed è il mio personale viaggio alla riscoperta della mia città natale, Modica, osservata con gli occhi dell’immaginazione; una città che fu solo una contea per diversi secoli”. Un album che non ha nulla a che fare con la musica applicata alle immagini ma che fa ben sperare nella sua autrice, che ci auguriamo prestissimo all’opera su una colonna sonora, perché ha tutte le carte in regola per esserlo a pieno diritto. La Guccione, dopo il diploma in violino al conservatorio A. Scarlatti di Palermo, consegue diversi master in musica per cinema e media, gira il mondo con il suo strumento d’elezione in vari concerti e realizza le musiche per diversi cortometraggi del CSC (Centro Sperimentale di Cinema). Nel 2021 concretizza il suo primo album sotto la direzione artistica del violoncellista e compositore Giovanni Sollima.
In questo suo ennesimo lavoro confluiscono differenti collaborazioni importanti, che hanno a che fare con la musica per film – vedi la supervisione del compositore Marco Biscarini (in coppia con Daniele Furlati nelle score per Giorgio Diritti, da Il vento fa il suo giro a Volevo nascondermi) e la cantante e compositrice La Tarma (Marta Ascari) interprete della canzone “Invisible” dal film pluripremiato e succitato Volevo nascondermi, più la direzione artistica del summenzionato Sollima – e influenze musicali colte (Ligeti, Morricone, Craig Armstrong, Glass), che avvicinano moltissimo questo viaggio intimamente personale della stessa non solo alla sua terra natia, anche ad una sorta di colonna sonora ancestralmente minimale per un film on the road sul ritorno alle origini e alla cultura di pertinenza: dunque la Guccione dichiara che “Il disco infatti descrive una giornata trascorsa in questo luogo immaginario che prende vita dai luoghi della mia terra, in un orizzonte perso che confina tra la realtà e l’immaginazione. Per realizzare questo lavoro mi sono ispirata alle caratteristiche morfologiche del territorio, alle strade labirintiche, all’architettura tardo barocca e al mondo più fantastico del folklore siciliano, dando spazio a personaggi come “il Pircanti” e “la Majara” che animano ancora oggi i racconti popolari dell’isola. Da un punto di vista musicale, oltre alla struttura minimalista degli archi e del pianoforte, il sottofondo elettronico è costituito da vari sintetizzatori e vari elaborati campioni audio che catturano l’idioma dialettale della mia provincia. Dialetto che costituisce il paesaggio sonoro in cui vivo quotidianamente e la casa sonora che mi è più cara. Un ringraziamento speciale a Marcella Burderi per la sua gentilezza nel farmi utilizzare i suoni delle Memorie Orali degli Iblei.”.
Ogni traccia delle otto composte, eseguite dalla Guccione e da Vincenzo Di Silvestro ai violini, Francesco Angelico e Giulia Strano ai violoncelli, da Salvatore Assenza al clarinetto, da Antonio Ministeri al pianoforte e dall’artista visuale Giorgio Bertinelli che ha curato le ambientazioni sintetiche, vive di quella incorporea, minimale, sensoriale e meravigliosa ampiezza compositiva che solo una donna dall’animo sentimentalmente e passionalmente particolare e meridionale può riportare con tale intensità su pentagramma: i brani più significativi – anche se a dire il vero ogni traccia è di una bellezza emotiva coinvolgente e speciale che sarebbe ingiusto segnalarne una piuttosto che un’altra – sono l’ondulatorio e misticheggiante “Pircanti – Y” che rammenta quei pezzi immateriali minimal-pop di Craig Armstrong, con un pizzico di atonalismo dissociante alla Ligeti, il morriconiano “Muqataea”, il glassiano e superbo “An Echo in My Backpack” e il girovagare giocoso di “Postcard From Muqataea”.