Knight of Cups
Hanan Townshend/AA.VV.
Knight of Cups (2015)
Milan Records 399 805-2
16 brani – durata: 64’17”
Il penultimo film di Terrence Malick, ancora inedito nel nostro Paese (e chissà se mai lo vedremo!), Knight of Cups (tradotto: Cavaliere di Coppe), vede come protagonista uno scrittore (Christian Bale), tra Los Angeles e Las Vegas, darsi alla ricerca forsennata dell’amore e di se stesso attraverso una serie di avventure con sei donne diverse (tra le quali Cate Blanchett e Natalie Portman). La pellicola, come sempre in Malick, vede nella parte musicale la selezione di diversi fonti sonore, con prevalenza classica (è nota la passione per la musica classica del regista americano!) e la realizzazione dello scoring originale da parte del giovane compositore neozelandese Hanan Townshend che vive ad Austin in Texas.
Quest’ultimo, alla seconda collaborazione con Malick dopo il film To the Wonder, nel curriculum cine-musicale ha molti cortometraggi, diversi spot, documentari e alcune pellicole, ma la notorietà l’ha raggiunta proprio con il regista dell’Illinois, cresciuto però in Texas dove ancora risiede e dove ha conosciuto Townshend. Si sa che nella filmografia di Malick vi sono collaborazioni illustri con compositori di musica applicata, vedi Ennio Morricone (nomination all’Oscar per I giorni del cielo del 1978), Hans Zimmer (La sottile linea rossa del 1998), il compianto James Horner (The New World – Il nuovo mondo del 2005), Alexandre Desplat (The Tree of Life del 2011), sempre e comunque affiancando a questi autori di spicco musica classica da lui scelta senza se e senza ma. E anche il giovane talentuoso Townshend si trova a dover dividere i suoi sette brani originali con nomi del calibro e tracce note e intramontabili di Ralph Vaughan Williams (“Fantasy on a Theme of Thomas Tallis”), Edward Grieg (“The Death of Ase From Peer Gynt Suite No. 1 Op. 46 (Excerpt)” e “Solveig’s Song From Peer Gynt Suite No. 2 Op. 55”), Claude Debussy (“Epigraphes Antiques: Pour L’egyptienne (Excerpt)”) e il compianto e contemporaneo Wojciech Kilar con un estratto del suo bellissimo “Exodus”, sinfonia in tre movimenti del 1981 – simile al successivo, nell’andamento e nell’impostazione timbrica, adagio struggente e malinconico di John Williams, “Jewish Town (Krakow Ghetto – Winter ’41)” scritto per Schindler’s List nel 1993 – ; classicismo profuso in quantità in contrasto con le due canzoni di Burial (elettronica teutonica disco martellante ed estenuante in “Ashtray Wasp”) e di Nahid Akthar (world music pakistana nel ballabile “Dilbar Dilbara Mera”). Tornando a Townshend, le sue tracce spaziano dall’evocativo minimalismo glassiano di “Water Theme No. 1” (che ritorna nella parte 2 e 3 con leggere variazioni), all’atmosferico crescendo sintetico di “Spirals” alla Brian Eno del brano “Prophecy Theme” composto per il fantascientifico cervellotico Dune di David Lynch, passando per l’adagio per archi sospesi di “The Pilgrim”, l’organo angoscioso ed etereo di “Distress” su arpe cantilenanti, il funereo e tetro “Fortune” e le sue reinterpretazioni per orchestra (con poche varianti a dire il vero, quasi distese all’infinito!) del “Tema di Thomas Tallis” di Vaughan Williams e dell’”Esodo” di Kilar. Un album disomogeneo però efficace, quasi un viaggio nell’inconscio del protagonista del film, dissociato tra sonorità pop, world music, classiche ed elettroniche.