18 Dic2014
Monk with a Camera
Pivio & Aldo De Scalzi
Monk with a Camera (Id. - 2013)
Crueza SRL/I dischi dell’espleta ESP047
28 brani – durata: 55’70”
La coppia di compositori liguri Pivio & Aldo De Scalzi è assodato essere il duo più di spicco nel panorama cine-musicale italiano, un duo illustre e talentuoso dell’Ottava Arte, che dal debutto nel Cinema con Ferzan Ozpetek nel 1997 con Hamam – Il bagno turco fino ad oggi con i sodali Manetti Bros. per Song ‘e Napule, spaziando anche tra teatro e televisione, hanno composto più di ottanta colonne sonore per ogni tipologia di genere filmico e seriale. Nella loro lunga filmografia compaiono molti documentari, e ultimo della lista è proprio Monk with a Camera di Tina Mascara e Guido Santi, storia di Nicholas Vreeland, uomo privilegiato, playboy rinomato, sommerso da una vita lussuosa, nipote della leggendaria editrice di Vogue, Diana Vreeland, che decide di abbandonare l’agiatezza della sua esistenza, anche di fotografo di successo, e diventare un monaco buddista tibetano.
L’incontro con uno dei maestri del Dalai Lama gli ha fatto decidere di vivere in un monastero in India, dove ha studiato il buddismo per quattordici anni. Ad un tratto, però, Nicholas torna alla fotografia per aiutare i suoi confratelli a ricostruire il loro monastero. Ultimamente, il Dalai Lama ha nominato Vreeland abate del monastero, lui il primo occidentale nella storia buddista tibetana a raggiungere una tale posizione così importante. I due compositori liguri accompagnano questa vita e questo viaggio straordinari di Nicholas con un sapiente uso di suoni sintetici e strumenti etnici (santur), armonizzati da archi (Gnu Quartet), marimba, vibrafoni, chitarre, xilofono e piano (molti di questi strumenti suonati da Pivio e De Scalzi stessi), con reminiscenze minimali alla Philip Glass, che è un autore che ha dato veramente tanto alla musica documentaristica (vedi Godfrey Reggio e la trilogia dei Squatsi). Uno dei temi principali, “Pianos for Heights” (poi non usato nella partitura finale del documentario), è un ostinato per piano ed effetti synt, con intervento del santur, parafrasi del celebre tema degli Art of Noise, “Moments in Love”. Ma partendo dalla prima traccia, “Organic”, la coppia di musicisti autori cine-musicali delinea il percorso atmosferico ed enfatico della partitura, fatto di sensazioni armoniche lontane ed eteree, di un astrattismo sintetico mai banale e sempre ricercato. “Monk with a Camera (Titles)” marca sonoramente i territori in cui si svolge la vicenda, puntando sull’etnica percussiva e sul suo suono liquefatto, tendente allo sperimentalismo del migliore Thomas Newman. Glassianamente ascendente è il successivo “Four Pulses (I p.)” e la maestria esecutiva del duo di compositori prevale su quella tematica. Altro pezzo non inserito nel montaggio finale del documentario è il percussivo e orientaleggiante “Drums for a Monk (I p.)”, che a tratti rammenta un pezzo di John Williams per Memorie di una Geisha. “Letik” per chitarre acustiche, anche sovrapposte, e synt è un incedere onirico e ascetico verso l’”IO”, un pezzo di pura bravura interpretativa e bellezza leitmotivica. Tornano gli Art of Noise omaggiati negli archi e nel santur in crescendo nello scartato “Great Heights”: un vero peccato non poterlo sentire sulle immagini, data la sua nobile ariosità e dolcezza. “From Tuva to Tibet” è un agglomerato di synt, strumenti e percussioni etniche per un viaggio più dell’anima che del corpo. Ennesimo brano eliminato dal montaggio è “Old Photos” per piano, vibrafono, marimba e xilofono, alla Glass nella sua essenza incorporea. “Metro and Park” parte meditativo e prosegue nel suo astrattismo marcatamente asiatico. “Free Theme Three (2nd Mov.)” sembra essere al primo ascolto una parafrasi del tema scartato simil Art of Noise, invece si dimostra come ennesima idea tematica avvincente per archi dall’incedere aperto e meditabondo al contempo e percussioni lievi. “The Clock” è pezzo ostinato per archi e dalle percussioni sintetiche ondivaghe, molto elettrizzante. “The Train (The Master)” per piano solo iniziale e poi vibrafono, archi e percussioni, un altro inciso profondamente avvolgente e ricco di spiritualità; uno dei brani più belli dell’intera score. “Walking with the Master” inebria con i suoi archi in controcanto e la sua lucida avvenenza esecutiva. “Welcome to India” vive di synt, percussioni ed effetti riverberati a sottolineare l’arcaicità spirituale di un mondo lontano e affascinante: e mi piace ribadire la bravura dei vari musicisti, compositori in testa, nelle loro performance.
In “The Train (The Mother)” ritorna il tema avvolgente di cui sopra, per vibrafono stavolta e archi, di una sensibilità disarmante. Torna anche “Free Theme Three (3nd Mov.)” più elastico e orientaleggiante, con archi a cantarne il tema incantevole. “Walking with the Master (II p.)” ripresenta il tema glassiano in una elegia per archi struggente. “The Train” che è il tema del viaggio, qui è un ostinato lento a procedere ma che si rinvigorisce di nota in nota. “Four Pulses (II p.)” riappare e Glass prende sempre il sopravvento ma come pura citazione, nulla più! Il brevissimo “Triumphal”, pezzo per archi tirati fino ad esplodere di gioia (bravissimi Roberto Izzo e Sylvia Trabucco ai violini, Raffaele Rebaudengo alla viola e Stefano Cabrera al violoncello). Ricompare il tema dei titoli di testa, “Monk with a Camera (Strings V.)” con effetti acquatici e archi in gran spolvero (anche in versione successiva per santur). “Dalai” è suono ancestrale, profondo, sacro, con un tema all’interno dall’incedere solenne, d’altronde il nome del brano esprime tutto il concetto spirituale che la musica ampiamente tratteggia. “The Master Goes Away” viaggia tra lidi sonori e armonici nuovamente glassiani. “New Monastery”, penultimo pezzo di questa partitura straordinariamente mistica e sottilmente mite, da il là, per archi in un ostinato crescendo, al conclusivo e percussivo “Drums for a Monk (II p.)”. Una score da comprare ad occhi chiusi e orecchie ben tese su www.pivioealdodescalzi.com.
Monk with a Camera (Id. - 2013)
Crueza SRL/I dischi dell’espleta ESP047
28 brani – durata: 55’70”
La coppia di compositori liguri Pivio & Aldo De Scalzi è assodato essere il duo più di spicco nel panorama cine-musicale italiano, un duo illustre e talentuoso dell’Ottava Arte, che dal debutto nel Cinema con Ferzan Ozpetek nel 1997 con Hamam – Il bagno turco fino ad oggi con i sodali Manetti Bros. per Song ‘e Napule, spaziando anche tra teatro e televisione, hanno composto più di ottanta colonne sonore per ogni tipologia di genere filmico e seriale. Nella loro lunga filmografia compaiono molti documentari, e ultimo della lista è proprio Monk with a Camera di Tina Mascara e Guido Santi, storia di Nicholas Vreeland, uomo privilegiato, playboy rinomato, sommerso da una vita lussuosa, nipote della leggendaria editrice di Vogue, Diana Vreeland, che decide di abbandonare l’agiatezza della sua esistenza, anche di fotografo di successo, e diventare un monaco buddista tibetano.
L’incontro con uno dei maestri del Dalai Lama gli ha fatto decidere di vivere in un monastero in India, dove ha studiato il buddismo per quattordici anni. Ad un tratto, però, Nicholas torna alla fotografia per aiutare i suoi confratelli a ricostruire il loro monastero. Ultimamente, il Dalai Lama ha nominato Vreeland abate del monastero, lui il primo occidentale nella storia buddista tibetana a raggiungere una tale posizione così importante. I due compositori liguri accompagnano questa vita e questo viaggio straordinari di Nicholas con un sapiente uso di suoni sintetici e strumenti etnici (santur), armonizzati da archi (Gnu Quartet), marimba, vibrafoni, chitarre, xilofono e piano (molti di questi strumenti suonati da Pivio e De Scalzi stessi), con reminiscenze minimali alla Philip Glass, che è un autore che ha dato veramente tanto alla musica documentaristica (vedi Godfrey Reggio e la trilogia dei Squatsi). Uno dei temi principali, “Pianos for Heights” (poi non usato nella partitura finale del documentario), è un ostinato per piano ed effetti synt, con intervento del santur, parafrasi del celebre tema degli Art of Noise, “Moments in Love”. Ma partendo dalla prima traccia, “Organic”, la coppia di musicisti autori cine-musicali delinea il percorso atmosferico ed enfatico della partitura, fatto di sensazioni armoniche lontane ed eteree, di un astrattismo sintetico mai banale e sempre ricercato. “Monk with a Camera (Titles)” marca sonoramente i territori in cui si svolge la vicenda, puntando sull’etnica percussiva e sul suo suono liquefatto, tendente allo sperimentalismo del migliore Thomas Newman. Glassianamente ascendente è il successivo “Four Pulses (I p.)” e la maestria esecutiva del duo di compositori prevale su quella tematica. Altro pezzo non inserito nel montaggio finale del documentario è il percussivo e orientaleggiante “Drums for a Monk (I p.)”, che a tratti rammenta un pezzo di John Williams per Memorie di una Geisha. “Letik” per chitarre acustiche, anche sovrapposte, e synt è un incedere onirico e ascetico verso l’”IO”, un pezzo di pura bravura interpretativa e bellezza leitmotivica. Tornano gli Art of Noise omaggiati negli archi e nel santur in crescendo nello scartato “Great Heights”: un vero peccato non poterlo sentire sulle immagini, data la sua nobile ariosità e dolcezza. “From Tuva to Tibet” è un agglomerato di synt, strumenti e percussioni etniche per un viaggio più dell’anima che del corpo. Ennesimo brano eliminato dal montaggio è “Old Photos” per piano, vibrafono, marimba e xilofono, alla Glass nella sua essenza incorporea. “Metro and Park” parte meditativo e prosegue nel suo astrattismo marcatamente asiatico. “Free Theme Three (2nd Mov.)” sembra essere al primo ascolto una parafrasi del tema scartato simil Art of Noise, invece si dimostra come ennesima idea tematica avvincente per archi dall’incedere aperto e meditabondo al contempo e percussioni lievi. “The Clock” è pezzo ostinato per archi e dalle percussioni sintetiche ondivaghe, molto elettrizzante. “The Train (The Master)” per piano solo iniziale e poi vibrafono, archi e percussioni, un altro inciso profondamente avvolgente e ricco di spiritualità; uno dei brani più belli dell’intera score. “Walking with the Master” inebria con i suoi archi in controcanto e la sua lucida avvenenza esecutiva. “Welcome to India” vive di synt, percussioni ed effetti riverberati a sottolineare l’arcaicità spirituale di un mondo lontano e affascinante: e mi piace ribadire la bravura dei vari musicisti, compositori in testa, nelle loro performance.
In “The Train (The Mother)” ritorna il tema avvolgente di cui sopra, per vibrafono stavolta e archi, di una sensibilità disarmante. Torna anche “Free Theme Three (3nd Mov.)” più elastico e orientaleggiante, con archi a cantarne il tema incantevole. “Walking with the Master (II p.)” ripresenta il tema glassiano in una elegia per archi struggente. “The Train” che è il tema del viaggio, qui è un ostinato lento a procedere ma che si rinvigorisce di nota in nota. “Four Pulses (II p.)” riappare e Glass prende sempre il sopravvento ma come pura citazione, nulla più! Il brevissimo “Triumphal”, pezzo per archi tirati fino ad esplodere di gioia (bravissimi Roberto Izzo e Sylvia Trabucco ai violini, Raffaele Rebaudengo alla viola e Stefano Cabrera al violoncello). Ricompare il tema dei titoli di testa, “Monk with a Camera (Strings V.)” con effetti acquatici e archi in gran spolvero (anche in versione successiva per santur). “Dalai” è suono ancestrale, profondo, sacro, con un tema all’interno dall’incedere solenne, d’altronde il nome del brano esprime tutto il concetto spirituale che la musica ampiamente tratteggia. “The Master Goes Away” viaggia tra lidi sonori e armonici nuovamente glassiani. “New Monastery”, penultimo pezzo di questa partitura straordinariamente mistica e sottilmente mite, da il là, per archi in un ostinato crescendo, al conclusivo e percussivo “Drums for a Monk (II p.)”. Una score da comprare ad occhi chiusi e orecchie ben tese su www.pivioealdodescalzi.com.