20 Nov2014
Il leone di vetro
Pericle Odierna
Il leone di vetro (2014)
Heristal Entertainment/Pesi & Misure APMCD221
15 brani – durata: 40’06”
Il compositore Pericle Odierna (classe 1965), con al suo attivo diverse colonne sonore per il cinema, teatro e televisione, ha scritto le musiche per il film storico drammatico di Salvatore Chiosi, alla sua opera prima, dal titolo Il leone di vetro, vincitore del premio “Massimo Troisi” per la migliore colonna sonora dell’anno 2014.
Odierna, nato a St. Albans, Hertfordshire, in Gran Bretagna, diplomatosi nel nostro Paese in clarinetto e dalla formazione classica, compone una partitura, per questa storia di vinificazione e di una famiglia veneta all’alba dell’Unità d’Italia nel 1866, di notevole impatto emotivo, con un leitmotiv primario (“Il leone di vetro”) molto suggestivo e aperto, in cui dominano gli archi, fiati, suoni sintetici atmosferici e il pianoforte (lo stesso Odierna): un tema ondivago dalle influenze tardoromantiche e dall’incedere patriottico. Il seconda tema che si presenta all’ascolto è “La famiglia Biasin”, la vera protagonista della narrazione, un leitmotiv tormentoso e a tratti malinconico, in cui primeggiano gli archi e il piano, quasi nymaniano nella sua estensione armonica. “Spartaco e Marco” respira di sonorità arabe, con la presenza velata e astratta di strumenti etnici quali erhu e il duduk (suonati dal compositore) e di un piano timido in controcanto, un brano ambient proprio elegiaco. “Venezia” profuma di essenze mozartiane e glassiane al contempo, di un classicismo ostinato e trattenuto nella medesima esecuzione. Un pezzo incantevole e delicato è “Alba veneta” per archi sospesi, arpa, piano e erhu, che infonde reminiscenze della musica popolare asiatica: una traccia struggente e armonicamente intensa, da applausi! “Ecco il Raboso” con il suo flauto irlandese e gli archi sospesi, in cui un piano misterioso e afflitto fa sentire la sua eco lontana, ci mostra un nuovo tema dedicato al vino Raboso commercializzato dalla famiglia Biasin. “Echi di guerra” come dice lo stesso titolo, narra di guerre lontane ma vivide nelle menti e nei cuori dei protagonisti della pellicola, un elegia dolorosa. “Amanti” è puro minimalismo, un tema all’apparenza foriero di sentimenti gioiosi, in realtà intriso di tristezza e delusione, con un mesto duduk sul finire. “Festa della vendemmia” è una ballata popolare dalle sonorità tipiche della tradizione musicale ottocentesca. “1866” è un ostinato in crescendo, dall’incedere glassiano, che a metà riluce del tema principale sottoforma di marcia eroica. “Notturno n°1” già nel titolo ci dice di essere una dichiarazione d’intenti, un brano puramente chopiniano, con il suo piano che enuncia il leitmotiv su archi in controcanto. “Querini” è il leitmotiv della Contessa vedova che porta la sua uva a vinificare dai Biasin, un flauto asiatico, un duduk in sottofondo e un’arpa per un brano affranto e atmosferico. “Minuetto” è classicismo mozartiano. Il penultimo pezzo del CD, “L’Italia”, racchiude in maniera intima e ariosa l’essenza della storia del film, una storia fatta prima di tutto di passioni celate e svelate, di desideri trattenuti e sfogati, del nostro Paese che nasce e che grida Unità!
L’album si chiude con “Addii”, un brano orientaleggiante dove tutti gli strumenti etnici la fanno da padrone, in cui Odierna torna a ribadire la concezione del suo score, come dice egli stesso nel libretto: “Quando Salvatore Chiosi [il regista] m’ha parlato del film e della bella storia mi sono immediatamente chiesto: come posso servire questa pellicola con la mia musica?
Essendo ambientato nella metà dell’800 scriverò una musica in stile tardo romantico o no?
La musica seguirà sintassi extradiegetiche e filologiche o entro nei solchi delle immagini in modo astratto?
Sulle prime immagini poi la soluzione. Faccio sicuramente ricorso alle nozioni acquisite durante gli studi della composizione sulla musica romantica ma le filtro attraverso il mio personale percorso fatto di severe impostazioni classiche e accademiche e le altre mie grandi passioni come il jazz, la musica popolare.
Così la scelta di “contaminare” un linguaggio apparentemente filologico con l’uso di strumenti e sonorità lontane dall'immaginario tardoromantico. L’erhu, il duduk, l'iris flute, strumenti legati più alla musica tradizionale e popolare asiatica, celtica e balcanica mi sembrano perfetti. Riesco a veicolare il mio pensiero. Tutto poi trova la giusta collocazione in piena sintonia e sinergia con il regista. L’orchestrazione va dal solo strumento all’orchestra da camera.”
Il leone di vetro (2014)
Heristal Entertainment/Pesi & Misure APMCD221
15 brani – durata: 40’06”
Il compositore Pericle Odierna (classe 1965), con al suo attivo diverse colonne sonore per il cinema, teatro e televisione, ha scritto le musiche per il film storico drammatico di Salvatore Chiosi, alla sua opera prima, dal titolo Il leone di vetro, vincitore del premio “Massimo Troisi” per la migliore colonna sonora dell’anno 2014.
Odierna, nato a St. Albans, Hertfordshire, in Gran Bretagna, diplomatosi nel nostro Paese in clarinetto e dalla formazione classica, compone una partitura, per questa storia di vinificazione e di una famiglia veneta all’alba dell’Unità d’Italia nel 1866, di notevole impatto emotivo, con un leitmotiv primario (“Il leone di vetro”) molto suggestivo e aperto, in cui dominano gli archi, fiati, suoni sintetici atmosferici e il pianoforte (lo stesso Odierna): un tema ondivago dalle influenze tardoromantiche e dall’incedere patriottico. Il seconda tema che si presenta all’ascolto è “La famiglia Biasin”, la vera protagonista della narrazione, un leitmotiv tormentoso e a tratti malinconico, in cui primeggiano gli archi e il piano, quasi nymaniano nella sua estensione armonica. “Spartaco e Marco” respira di sonorità arabe, con la presenza velata e astratta di strumenti etnici quali erhu e il duduk (suonati dal compositore) e di un piano timido in controcanto, un brano ambient proprio elegiaco. “Venezia” profuma di essenze mozartiane e glassiane al contempo, di un classicismo ostinato e trattenuto nella medesima esecuzione. Un pezzo incantevole e delicato è “Alba veneta” per archi sospesi, arpa, piano e erhu, che infonde reminiscenze della musica popolare asiatica: una traccia struggente e armonicamente intensa, da applausi! “Ecco il Raboso” con il suo flauto irlandese e gli archi sospesi, in cui un piano misterioso e afflitto fa sentire la sua eco lontana, ci mostra un nuovo tema dedicato al vino Raboso commercializzato dalla famiglia Biasin. “Echi di guerra” come dice lo stesso titolo, narra di guerre lontane ma vivide nelle menti e nei cuori dei protagonisti della pellicola, un elegia dolorosa. “Amanti” è puro minimalismo, un tema all’apparenza foriero di sentimenti gioiosi, in realtà intriso di tristezza e delusione, con un mesto duduk sul finire. “Festa della vendemmia” è una ballata popolare dalle sonorità tipiche della tradizione musicale ottocentesca. “1866” è un ostinato in crescendo, dall’incedere glassiano, che a metà riluce del tema principale sottoforma di marcia eroica. “Notturno n°1” già nel titolo ci dice di essere una dichiarazione d’intenti, un brano puramente chopiniano, con il suo piano che enuncia il leitmotiv su archi in controcanto. “Querini” è il leitmotiv della Contessa vedova che porta la sua uva a vinificare dai Biasin, un flauto asiatico, un duduk in sottofondo e un’arpa per un brano affranto e atmosferico. “Minuetto” è classicismo mozartiano. Il penultimo pezzo del CD, “L’Italia”, racchiude in maniera intima e ariosa l’essenza della storia del film, una storia fatta prima di tutto di passioni celate e svelate, di desideri trattenuti e sfogati, del nostro Paese che nasce e che grida Unità!
L’album si chiude con “Addii”, un brano orientaleggiante dove tutti gli strumenti etnici la fanno da padrone, in cui Odierna torna a ribadire la concezione del suo score, come dice egli stesso nel libretto: “Quando Salvatore Chiosi [il regista] m’ha parlato del film e della bella storia mi sono immediatamente chiesto: come posso servire questa pellicola con la mia musica?
Essendo ambientato nella metà dell’800 scriverò una musica in stile tardo romantico o no?
La musica seguirà sintassi extradiegetiche e filologiche o entro nei solchi delle immagini in modo astratto?
Sulle prime immagini poi la soluzione. Faccio sicuramente ricorso alle nozioni acquisite durante gli studi della composizione sulla musica romantica ma le filtro attraverso il mio personale percorso fatto di severe impostazioni classiche e accademiche e le altre mie grandi passioni come il jazz, la musica popolare.
Così la scelta di “contaminare” un linguaggio apparentemente filologico con l’uso di strumenti e sonorità lontane dall'immaginario tardoromantico. L’erhu, il duduk, l'iris flute, strumenti legati più alla musica tradizionale e popolare asiatica, celtica e balcanica mi sembrano perfetti. Riesco a veicolare il mio pensiero. Tutto poi trova la giusta collocazione in piena sintonia e sinergia con il regista. L’orchestrazione va dal solo strumento all’orchestra da camera.”