08 Set2014
Curse of Chucky
Joseph LoDuca
La maledizione di Chucky (Curse of Chucky, 2013)
Back Lot Music
19 brani - Durata: 69'13''
Dopo nove anni di silenzio, il bambolotto killer torna a insanguinare i set hollywoodiani con il nuovo capitolo della saga di Chucky (noto in Italia come “la bambola assassina”), nell'anniversario speciale dei 25 anni dal primo film a lui dedicato, Child's Play, diretto da Tom Holland nel 1988. Creato dal geniale allora 25enne Don Mancini, la bambola assassina, tra il 1990 e il 2004, ha avuto quattro sequel: Child's Play 2 nel 1990, Child's Play 3: Look who's stalking nel '91, Bride of Chucky nel '98 e Seed of Chucky nel 2004. Pur essendo il creatore e sceneggiatore del personaggio, Mancini ha diretto soltanto i due più recenti film della fortunata serie, ovvero Seed of Chucky dieci anni fa e Curse of Chucky l'anno scorso.
Attualmente è in produzione il settimo film, Revenge of Chucky, che uscirà nel 2015. Per questa horror-saga si sono succeduti diversi “compositori di Chucky”: Joe Renzetti per il primissimo del 1988, Graeme Revell per il secondo e quarto film, John D'Andrea e Cory Lerios per il terzo e infine il nostro Pino Donaggio per il quinto capitolo.
Per questa nuova divertente epopea di profusione ematica, Don Mancini – fortemente condizionato dai desideri dei fans del bambolotto – ci propone un Chucky più drammaticamente spietato, come quello raccontato nella trilogia, abbandonando i toni della commedia orrorifica che avevano caratterizzato invece i due film precedenti a questo, nei quali il toy-killer sembrava esser divenuto pressoché parodia di se stesso, deprimendo l'estetica delle immagini gore a una violenza gigionesca quanto didascalicamente anodina. In Curse of Chucky invece, pur non rivoluzionando le modalità espositive e narrative che già caratterizzarono le gimmick del primo film – non dotato ovviamente delle possibilità della tecnologia animatronica sfoderate invece nel capitolo “d'argento” - Don Mancini riesce a divertire, incuriosire, spaventare, anche commuovere, nel claustrofobico proscenio dell'interno di una gotica residenza americana nella quale si compie l'implacabile mattanza del serial killer esotericamente imprigionato nel corpo di pezza di un Tipo Bello. Inizialmente nuovamente in trattativa con Donaggio (il compositore preferito da Mancini), per questioni produttive l'incarico per la colonna sonora viene poi affidato a Joseph LoDuca, 55enne compositore statunitense, figlio d'arte ed enfant prodige. LoDuca divenne famoso nel 1981, ancor prima della nascita della bambola-killer, come autore della colonna sonora del fortunato cult-horror La casa (or. The Evil Dead), trampolino di lancio del regista Sam Raimi. Nella seconda metà degli anni Novanta invece LoDuca si è dedicato al genere fantasy-mitologico musicando le fortunate serie televisive americane Xena – Principessa guerriera ed Hercules. Ci sono dunque tutti gli ingredienti artistici per un prodotto cinematografico convincente e quasi perfetto nei ritmi e nella caratterizzazione dei personaggi, tendenzialmente ridicolizzati, puniti e abbandonati alla loro ineluttabile uscita di scena. In questo Chucky troviamo la mano di una nemesi che estingue il vizio ma anche il perbenismo confessionale (incarnato da Padre Frank, la seconda vittima di Chucky, intossicato dal Vetox durante la roulette russa della cena a base di chili). E su tutti la vittima più importante, Nica, bellissima e sventurata ragazza nella sua paraplegia (alla quale Chucky l'aveva condannata venticinque anni prima), ma nel contempo battagliera, decisa a non darla vinta al serial killer e, come da epilogo cliffhanger, rinchiusa in un manicomio criminale e accusata di tutti gli efferati omicidi perpetrati da Chucky. LoDuca attacca con una gustosa nenia da music box (in linea con l'umore un po' gotico del contesto spaziale) sostenuta da arpeggi pianistici e da planimetrie tonali e inserti di elettronica pienamente aggiornati con le odierne tendenze produttive (“Main Title – Chucky Theme”). Dolcemente inquietante e melanconico il dialogo chitarra-pianoforte di “Special Delivery”, mentre gli archi in glissando e una strutturale rarefazione di sviluppo in “Screams in the Night – Quite Enough Pity” fanno da oscuro sfondo alla prima azione nefasta del bambolotto, ovvero l'assassinio della madre di Nica. “Kitchen Prep – Round Table” è un buona confezione di sapori elettrotensivi con episodi strumentali gustosamente sfuggenti e inquieti nel loro status interrogativo che permea la bellissima scena della cena, nella quale si attende la vittima del Vetox e, con falsi allarmi, il regista inganna continuamente lo spettatore. “Too Much Oregano” è scandito dall'heartbeat digitale e dall'incedere di archi, percussioni cromatiche, ottoni, come un demiurgico orologio che scandisce il tempo di una snervante attesa che si concluderà con la morte di uno dei convitati. Il leitmotivetto di Chucky ritorna nell'inquietante sequenza dell'“Up Elevator” mentre la traccia “Unsolved” ci offre un through-composing in aumentazione che, con le sue punte parossistiche, mette a dura prova i timpani dell'ascoltatore. Di umore più rock-progressivo con minimalismo di elettronica ed effetti percussivi è il brano “The Curse”; “Slo-Mo Escape” fa da fondale alla scena rallenty della fuga di Ian e Nica sulla sedia a rotelle, dopo che Ian si è convinto che il vero artefice della strage è proprio il bambolotto e non la cognata, come inizialmente anche lui stesso (poi brutalmente giustiziato da Chucky) credeva. In generale le tracce dell'album sono strutturate su liberi sviluppi intorno al tema montato e rimontato, con ostinati percussivi e sviluppi strumentali con ingredienti elettronici abbastanza similari e improvvisi accenti sincronizzati ai momenti culminanti del girato rivolti all'applicazione della musica e alla sua funzionalità all'interno della pellicola. Un lavoro forse più godibile e intelligibile all'interno del film che non in autonomia, ma meritevole pur traendo da modalità produttive e sequenze stenografiche per certi versi attese ma prudentemente non smoderatamente citazionistiche, che promuovono dunque senza clamori il lavoro complessivo dell'ultima fatica di LoDuca.
La maledizione di Chucky (Curse of Chucky, 2013)
Back Lot Music
19 brani - Durata: 69'13''
Dopo nove anni di silenzio, il bambolotto killer torna a insanguinare i set hollywoodiani con il nuovo capitolo della saga di Chucky (noto in Italia come “la bambola assassina”), nell'anniversario speciale dei 25 anni dal primo film a lui dedicato, Child's Play, diretto da Tom Holland nel 1988. Creato dal geniale allora 25enne Don Mancini, la bambola assassina, tra il 1990 e il 2004, ha avuto quattro sequel: Child's Play 2 nel 1990, Child's Play 3: Look who's stalking nel '91, Bride of Chucky nel '98 e Seed of Chucky nel 2004. Pur essendo il creatore e sceneggiatore del personaggio, Mancini ha diretto soltanto i due più recenti film della fortunata serie, ovvero Seed of Chucky dieci anni fa e Curse of Chucky l'anno scorso.
Attualmente è in produzione il settimo film, Revenge of Chucky, che uscirà nel 2015. Per questa horror-saga si sono succeduti diversi “compositori di Chucky”: Joe Renzetti per il primissimo del 1988, Graeme Revell per il secondo e quarto film, John D'Andrea e Cory Lerios per il terzo e infine il nostro Pino Donaggio per il quinto capitolo.
Per questa nuova divertente epopea di profusione ematica, Don Mancini – fortemente condizionato dai desideri dei fans del bambolotto – ci propone un Chucky più drammaticamente spietato, come quello raccontato nella trilogia, abbandonando i toni della commedia orrorifica che avevano caratterizzato invece i due film precedenti a questo, nei quali il toy-killer sembrava esser divenuto pressoché parodia di se stesso, deprimendo l'estetica delle immagini gore a una violenza gigionesca quanto didascalicamente anodina. In Curse of Chucky invece, pur non rivoluzionando le modalità espositive e narrative che già caratterizzarono le gimmick del primo film – non dotato ovviamente delle possibilità della tecnologia animatronica sfoderate invece nel capitolo “d'argento” - Don Mancini riesce a divertire, incuriosire, spaventare, anche commuovere, nel claustrofobico proscenio dell'interno di una gotica residenza americana nella quale si compie l'implacabile mattanza del serial killer esotericamente imprigionato nel corpo di pezza di un Tipo Bello. Inizialmente nuovamente in trattativa con Donaggio (il compositore preferito da Mancini), per questioni produttive l'incarico per la colonna sonora viene poi affidato a Joseph LoDuca, 55enne compositore statunitense, figlio d'arte ed enfant prodige. LoDuca divenne famoso nel 1981, ancor prima della nascita della bambola-killer, come autore della colonna sonora del fortunato cult-horror La casa (or. The Evil Dead), trampolino di lancio del regista Sam Raimi. Nella seconda metà degli anni Novanta invece LoDuca si è dedicato al genere fantasy-mitologico musicando le fortunate serie televisive americane Xena – Principessa guerriera ed Hercules. Ci sono dunque tutti gli ingredienti artistici per un prodotto cinematografico convincente e quasi perfetto nei ritmi e nella caratterizzazione dei personaggi, tendenzialmente ridicolizzati, puniti e abbandonati alla loro ineluttabile uscita di scena. In questo Chucky troviamo la mano di una nemesi che estingue il vizio ma anche il perbenismo confessionale (incarnato da Padre Frank, la seconda vittima di Chucky, intossicato dal Vetox durante la roulette russa della cena a base di chili). E su tutti la vittima più importante, Nica, bellissima e sventurata ragazza nella sua paraplegia (alla quale Chucky l'aveva condannata venticinque anni prima), ma nel contempo battagliera, decisa a non darla vinta al serial killer e, come da epilogo cliffhanger, rinchiusa in un manicomio criminale e accusata di tutti gli efferati omicidi perpetrati da Chucky. LoDuca attacca con una gustosa nenia da music box (in linea con l'umore un po' gotico del contesto spaziale) sostenuta da arpeggi pianistici e da planimetrie tonali e inserti di elettronica pienamente aggiornati con le odierne tendenze produttive (“Main Title – Chucky Theme”). Dolcemente inquietante e melanconico il dialogo chitarra-pianoforte di “Special Delivery”, mentre gli archi in glissando e una strutturale rarefazione di sviluppo in “Screams in the Night – Quite Enough Pity” fanno da oscuro sfondo alla prima azione nefasta del bambolotto, ovvero l'assassinio della madre di Nica. “Kitchen Prep – Round Table” è un buona confezione di sapori elettrotensivi con episodi strumentali gustosamente sfuggenti e inquieti nel loro status interrogativo che permea la bellissima scena della cena, nella quale si attende la vittima del Vetox e, con falsi allarmi, il regista inganna continuamente lo spettatore. “Too Much Oregano” è scandito dall'heartbeat digitale e dall'incedere di archi, percussioni cromatiche, ottoni, come un demiurgico orologio che scandisce il tempo di una snervante attesa che si concluderà con la morte di uno dei convitati. Il leitmotivetto di Chucky ritorna nell'inquietante sequenza dell'“Up Elevator” mentre la traccia “Unsolved” ci offre un through-composing in aumentazione che, con le sue punte parossistiche, mette a dura prova i timpani dell'ascoltatore. Di umore più rock-progressivo con minimalismo di elettronica ed effetti percussivi è il brano “The Curse”; “Slo-Mo Escape” fa da fondale alla scena rallenty della fuga di Ian e Nica sulla sedia a rotelle, dopo che Ian si è convinto che il vero artefice della strage è proprio il bambolotto e non la cognata, come inizialmente anche lui stesso (poi brutalmente giustiziato da Chucky) credeva. In generale le tracce dell'album sono strutturate su liberi sviluppi intorno al tema montato e rimontato, con ostinati percussivi e sviluppi strumentali con ingredienti elettronici abbastanza similari e improvvisi accenti sincronizzati ai momenti culminanti del girato rivolti all'applicazione della musica e alla sua funzionalità all'interno della pellicola. Un lavoro forse più godibile e intelligibile all'interno del film che non in autonomia, ma meritevole pur traendo da modalità produttive e sequenze stenografiche per certi versi attese ma prudentemente non smoderatamente citazionistiche, che promuovono dunque senza clamori il lavoro complessivo dell'ultima fatica di LoDuca.