04 Dic2013
Tepepa
Ennio Morricone
Tepepa (1968)
GDM Music/Legend CD 4220
28 brani (25 di commento + 3 canzoni) – durata: 71’39’’
Il western all’italiana è stato un genere cinematografico estremamente flessibile e permeabile alle interpolazioni: entro le sue coordinate hanno trovato spazio i miti omerici e la tragedia classica, gli echi della storia e quelli della cronaca contemporanea, la cultura popolare e il teatro shakespeariano. Accodatosi alla moda dei tortilla western diretti da Sergio Sollima, Tepepa di Giulio Petroni si inserisce nel sottogenere rivoluzionario e terzomondista ambientato sì nel Messico di inizio Novecento ma con chiarissimi riferimenti al fermento politico-sociale in atto in Italia a partire dalla fine degli anni Sessanta. Tepepa, magistralmente incarnato da Tomas Milian, è un peón impegnato in una lotta personale contro il capo del governo messicano ed ex militante Madero, accusato di non aver onorato le promesse di riscatto e giustizia fatte ai popolani e di aver così preso le distanze dagli ideali rivoluzionari. Un personaggio di tale carisma non poteva non diventare – proprio come il Cuchillo Sanchez della trilogia di Sollima - una vera e propria icona carica di valenze ideologiche per i gruppi della sinistra extraparlamentare attivi durante il periodo della contestazione e i successivi anni di piombo.
Lungi dal costruire attorno alle immagini semplici sfondi musicali, Ennio Morricone propone com’è suo costume una colonna sonora in grado di bucare lo schermo: il commento assume i contorni di una narrazione parallela a quella filmica in quanto la grammatica delle note viene sapientemente convertita in esperienza vissuta ed emozioni. La formula stilistica adottata dal compositore per gli altrimenti detti «Zapata western», una formula definitasi progressivamente in titoli quali La resa dei conti (1966), Vamos a matar, compañeros (1970), Giù la testa (1971) e la parodia Che c’entriamo noi con la rivoluzione? (1972), consiste nell’alternare o integrare tra loro con raffinato equilibrio la spontaneità antiaccademica del patrimonio popolaresco e l’enfasi colta della grande orchestra.
Il tema principale “Viva la revolución” (ripetuto in ben sette variazioni) ha un carattere evolutivo ed inizia in assolvenza con una sottile linea tracciata dai legni e dalla chitarra classica, prosegue con un fraseggio di chitarra acustica suonata per seste per poi aprirsi in un sinfonismo epico e celebrativo. Forse l’intento è quello di istituire una metafora musicale del ruolo palingenetico della rivoluzione: l’introduzione è una sorta di alba di una nuova era, il risveglio di un popolo che diventa consapevole della propria forza e dei propri diritti; lo sviluppo orchestrale successivo corrisponde alla conseguente speranza nella conquista della libertà che diventa una prospettiva possibile anche grazie alla testimonianza di Tepepa.
La partitura comprende poi un ristretto nucleo di motivi di tono densamente malinconico che si coagulano attorno al carattere solitario del protagonista: due esempi sono “A metà strada” e “Tepepa (tema d’amore)”, in entrambi è sempre la sei corde la voce principale. Un altro nucleo è riconducibile ai momenti drammatici nei quali Morricone si mantiene in parte entro i confini della tonalità, come in “Tepepa e Price”, brevissimo interludio per chitarra acustica e ottavino, o in “Tradimento primo”, un pedale d’archi investito dai fraseggi di una chitarra classica portata al massimo delle sue possibilità timbriche, in parte non esita a far uso anche delle dissonanze (“Una povera casa”, “Tradimento secondo”). “Una rosa”, “Ondas de amor – Serenade”, “Tepepa (fragrante melodia)” sono invece brani che colorano il mondo di Tepepa e della sua gente attingendo al folklore messicano. Infine, ultimo ma non per importanza, l’inno alla libertà e all’amor patrio “Al Messico che vorrei” interpretato con partecipazione viscerale da Christy, un nome ricorrente nei western rivoluzionari.
Fino a pochi anni fa, prima dell’uscita nel 2007 di un’estesa edizione giapponese su etichetta Verita Note (meno ricca però di quella qui presentata), la OST era stata pubblicata con una tracklist estremamente ridotta (dieci tracce per le italiane GDM e Dagored rispettivamente nel 2002 e nel 2004, quattordici per la spagnola Saimel nel 2000). A lungo considerata un episodio minore, Tepepa, ascoltabile ora per la prima volta assoluta nella sua interezza, può finalmente essere rivalutata e collocata con il risalto che merita nel panorama delle composizioni dedicate dal M.° Morricone al western tricolore.
Tepepa (1968)
GDM Music/Legend CD 4220
28 brani (25 di commento + 3 canzoni) – durata: 71’39’’
Il western all’italiana è stato un genere cinematografico estremamente flessibile e permeabile alle interpolazioni: entro le sue coordinate hanno trovato spazio i miti omerici e la tragedia classica, gli echi della storia e quelli della cronaca contemporanea, la cultura popolare e il teatro shakespeariano. Accodatosi alla moda dei tortilla western diretti da Sergio Sollima, Tepepa di Giulio Petroni si inserisce nel sottogenere rivoluzionario e terzomondista ambientato sì nel Messico di inizio Novecento ma con chiarissimi riferimenti al fermento politico-sociale in atto in Italia a partire dalla fine degli anni Sessanta. Tepepa, magistralmente incarnato da Tomas Milian, è un peón impegnato in una lotta personale contro il capo del governo messicano ed ex militante Madero, accusato di non aver onorato le promesse di riscatto e giustizia fatte ai popolani e di aver così preso le distanze dagli ideali rivoluzionari. Un personaggio di tale carisma non poteva non diventare – proprio come il Cuchillo Sanchez della trilogia di Sollima - una vera e propria icona carica di valenze ideologiche per i gruppi della sinistra extraparlamentare attivi durante il periodo della contestazione e i successivi anni di piombo.
Lungi dal costruire attorno alle immagini semplici sfondi musicali, Ennio Morricone propone com’è suo costume una colonna sonora in grado di bucare lo schermo: il commento assume i contorni di una narrazione parallela a quella filmica in quanto la grammatica delle note viene sapientemente convertita in esperienza vissuta ed emozioni. La formula stilistica adottata dal compositore per gli altrimenti detti «Zapata western», una formula definitasi progressivamente in titoli quali La resa dei conti (1966), Vamos a matar, compañeros (1970), Giù la testa (1971) e la parodia Che c’entriamo noi con la rivoluzione? (1972), consiste nell’alternare o integrare tra loro con raffinato equilibrio la spontaneità antiaccademica del patrimonio popolaresco e l’enfasi colta della grande orchestra.
Il tema principale “Viva la revolución” (ripetuto in ben sette variazioni) ha un carattere evolutivo ed inizia in assolvenza con una sottile linea tracciata dai legni e dalla chitarra classica, prosegue con un fraseggio di chitarra acustica suonata per seste per poi aprirsi in un sinfonismo epico e celebrativo. Forse l’intento è quello di istituire una metafora musicale del ruolo palingenetico della rivoluzione: l’introduzione è una sorta di alba di una nuova era, il risveglio di un popolo che diventa consapevole della propria forza e dei propri diritti; lo sviluppo orchestrale successivo corrisponde alla conseguente speranza nella conquista della libertà che diventa una prospettiva possibile anche grazie alla testimonianza di Tepepa.
La partitura comprende poi un ristretto nucleo di motivi di tono densamente malinconico che si coagulano attorno al carattere solitario del protagonista: due esempi sono “A metà strada” e “Tepepa (tema d’amore)”, in entrambi è sempre la sei corde la voce principale. Un altro nucleo è riconducibile ai momenti drammatici nei quali Morricone si mantiene in parte entro i confini della tonalità, come in “Tepepa e Price”, brevissimo interludio per chitarra acustica e ottavino, o in “Tradimento primo”, un pedale d’archi investito dai fraseggi di una chitarra classica portata al massimo delle sue possibilità timbriche, in parte non esita a far uso anche delle dissonanze (“Una povera casa”, “Tradimento secondo”). “Una rosa”, “Ondas de amor – Serenade”, “Tepepa (fragrante melodia)” sono invece brani che colorano il mondo di Tepepa e della sua gente attingendo al folklore messicano. Infine, ultimo ma non per importanza, l’inno alla libertà e all’amor patrio “Al Messico che vorrei” interpretato con partecipazione viscerale da Christy, un nome ricorrente nei western rivoluzionari.
Fino a pochi anni fa, prima dell’uscita nel 2007 di un’estesa edizione giapponese su etichetta Verita Note (meno ricca però di quella qui presentata), la OST era stata pubblicata con una tracklist estremamente ridotta (dieci tracce per le italiane GDM e Dagored rispettivamente nel 2002 e nel 2004, quattordici per la spagnola Saimel nel 2000). A lungo considerata un episodio minore, Tepepa, ascoltabile ora per la prima volta assoluta nella sua interezza, può finalmente essere rivalutata e collocata con il risalto che merita nel panorama delle composizioni dedicate dal M.° Morricone al western tricolore.