23 Giu2011
Uomini e no
Ennio Morricone
Uomini e no (1980)
Digitmovies CDDM096
12 brani – Durata: 44’37”
Ricordo bene la prima proiezione alla Mostra del cinema di Venezia dell’80 del film di Valentino Orsini tratto dal fondamentale e tormentato romanzo (1944) di Elio Vittorini sulla Resistenza: alla scena della fucilazione, un campo lungo fisso notturno di quasi sette minuti accompagnato da quattordici esposizioni in crescendo di un identico nucleo tematico musicale, una marcia in progressione secca e sghemba, interrotta e resa ansiosamente zoppicante da un sapiente gioco di pause e intervalli che potrebbero prolungarla praticamente all’infinito, l’illustre e compianto critico del Corriere della Sera Giovanni Grazzini – mi sembra all’altezza della decima o undicesima esposizione – proruppe in sala con un “Bastaaaa!!”. L’effetto voluto era stato ottenuto: un senso di oppressione, di soffocamento, di incombenza ossessiva che la splendida invenzione morriconiana aveva sortito con una architettura musicale in certo senso memore del Bolero raveliano. La versione “extended” del brano, noto appunto come “Fucilazione”, apre questa preziosa registrazione integrale della Digitmovies di una delle partiture più suggestive del maestro romano negli anni Ottanta: l’integrazione, rispetto a versioni precedenti del brano, consiste nella disperata, tragica enunciazione d’apertura da parte degli archi del tema principale del film, il quale possiede una doppia valenza, sia di cupo e ineluttabile leitmotif di morte sia, più disteso e lirico, di tema d’amore. Poi è il rullo di un tamburo a indicare l’andatura ritmica particolare della pagina, su cui vanno a inserirsi progressivamente legni, ottoni, archi, con una sapientissima elaborazione di intervalli e di arcate dinamiche. Alla sesta esposizione sono i legni ad accennare, sovrastando il ritmo di marcia, il tema principale: che esploderà, maestoso e ineluttabile, nell’organo che interviene – sorretto anche dagli ottoni - dalla decima esposizione in poi. Un pezzo di bravura orchestrale rimasto agli annali.
Il resto dello score ruota, non senza qualche eccesso di ripetitività (alcuni tracks sono quasi sovrapponibili, si ascolti “Uomini e no”, che praticamente è “Fucilazione” espunta dell’introduzione) intorno a questi due principali nuclei (marcia e tema) esplorandone tutte le possibilità variative: che si tratti di un love theme ce lo dicono il flauto, l’oboe e la viola in “Un amore impossibile” e “Enne 2 e Berta”, così come sono sempre i legni, cui fanno eco gli ottoni con sordina, su un tremolo degli archi e il suono percussivo del pianoforte, a riproporre questo inesorabile contrappunto fra i due elementi in “Il capitano Enne 2”. D’altronde è proprio il disperato dissidio fra amore e lotta, fra giusta causa e sentimento, vissuto sulla propria pelle dal capitano partigiano Enne 2 nel film impersonato da Flavio Bucci, ad essere al centro anche del romanzo di Vittorini, e il dialettico confrontarsi delle due principali idee musicali morriconiane ne coglie in pieno la valenza drammatica. “Per Berta”, dedicato al personaggio interpretato da Monica Guerritore, si connota come dolente adagio per archi sul quale il flauto innalza il tema d’amore, cui fanno eco gli accordi della spinetta (uno strumento che in quegli anni era molto caro a Morricone, per quel sapore onirico e anacronistico che recava con sé soprattutto nelle pagine più meditative), sino ad una lunga, accorata coda per pianoforte. “Amara repressione” è la più ampia ed elaborata delle variazioni intorno al tema della fucilazione: il ritmo è reso più regolare dalla scansione in battere del tamburo, mentre ai legni saettanti si affiancano sempre la spinetta che va a raddoppiare cupi disegni dei celli e bassi, e sinistre fanfare in sordina degli ottoni: l’apparizione frammentata del tema d’amore, nel corno inglese, nel violoncello solo, nel flauto, ha un sapore spettrale, d’ineluttabile sconfitta. Meraviglioso e struggente il lied “Dedicato agli innocenti”, per archi e spinetta, con il fraseggio iniziale della viola sola mentre “Dopo la strage” lavora sul tema lirico trasformandolo in epicedio funebre assaporato in tutto il suo sapiente gioco di modulazioni interne.
“Nel dramma, un amore” che affida a spinetta, legni e archi ciò che resta del tema d’amore, in una esposizione sconsolata e dolorosa, chiude l’album e una partitura che trasmette un senso di acuta claustrofobia psicologica ma, nel contempo, fa affiorare la miglior vena lirica e compassionevole di un maestro dalle risorse inesauribili.