21 Giu2011
Testa t’ammazzo, croce… sei morto… Mi chiamano Alleluja/Il West ti va stretto, amico… È arrivato Alleluja
Stelvio Cipriani
Testa t’ammazzo, croce… sei morto… Mi chiamano Alleluja (1971)/Il West ti va stretto, amico… È arrivato Alleluja (1972)
GDM Music ”The Hillside Series” CD 4119
37 brani (13 + 24) – durata: 65’ 31’’
Dopo i Sartana ironici, con Testa t’ammazzo, croce… sei morto… Mi chiamano Alleluja e Il West ti va stretto, amico… È arrivato Alleluja il regista Giuliano Carnimeo approda a due esempi di western apertamente comici (più il secondo del primo). In realtà si rilevano ancora in entrambi connivenze esplicite con alcune peculiarità dello spaghetti classico, come gli eccessi di violenza e i riferimenti alla rivoluzione messicana, che non è più quella del primo Novecento, cinematograficamente dotata di forte carica ispiratrice, bensì quella degli anni Sessanta del secolo XIX (durante la dominazione dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo insidiata da Benito Juàrez). I due soggetti hanno parecchi elementi in comune: Alleluja, interpretato da George Hilton, è un pistolero che viene assoldato dal generale rivoluzionario Ramirez per recuperare dei preziosi necessari a finanziare la causa. Nel corso delle sue missioni si imbatterà in antagonisti eccentrici e in situazioni assurde. Per le musiche dei suoi western dai titoli lunghissimi, Carnimeo – che di lì a breve sconfinerà nella macchietta con la creazione del personaggio di Tressette - si è sempre rivolto ad artisti di indiscutibile caratura, come Gianni Ferrio, Francesco De Masi, Bruno Nicolai. Stavolta l’incarico viene affidato a Stelvio Cipriani, autore altrettanto meritevole cui vanno ascritti in totale quattordici western, compresi The bounty killer (1966), che coincide con il suo esordio come musicista per il cinema, e Blindman (1971), che spicca per l’uso originale delle vocalità e, opzione apparentemente incompatibile con il genere, per il ricorso al sitar come strumento solista. Venendo a commentare i due capitoli dedicati ad Alleluja, il compositore romano si atterrà alle linee guida del verbo morriconiano, per quanto arricchite con ghiribizzi, svolazzi e minime divagazioni etniche (non necessariamente messicane come imporrebbe la tradizione). Addirittura, forse con l’intento di rubricare un nuovo stile definendolo proprio a partire dalla disseminazione di tali ornamenti, qualcuno ha parlato nell’una e nell’altra circostanza di “barocco-western”.
Pubblicato a tiratura limitata dalla GDM Music nell’ottobre del 2008 e ormai introvabile, il CD raccoglie integralmente le due OST; fatta eccezione per un paio di 45 giri coevi al lancio dei rispettivi film, esse erano rimaste finora inedite con grande disappunto degli appassionati. La prima è quasi interamente fondata sul tema principale “La verde prateria”, un motivo arioso che sprigiona ottimismo e rimane impresso sia per la sua melodia solare sia per la ricchezza degli arrangiamenti: le basi sono monopolizzate dall’orchestra d’archi sulla quale spaziano la chitarra elettrica, il flauto, le campane e, nel bridge, l’organo. Si contano ben sette variazioni, alcune veloci (“La ferrovia”), altre rilassanti (“La verde prateria - 3a versione), altre marchiate dalle sonorità tipiche del nostro western (il virtuosistico fischio di “Belo Orizonte - 3a versione” non si dimentica), ma tutte molto divertenti. I momenti a tinte scure non sono frequentissimi data l’impostazione complessiva del film: “Saloon black”, introdotto da tamburi inquietanti e poi sviluppato da una minacciosa chitarra elettrica distorta intervallata da rintocchi di campana, e “Asuncion”, eseguito da una tromba deguellizzante su un serrato groove chitarristico. “Marcia della resurrezione”, bizzarra celebrazione della rivoluzione cantata in spagnolo dal coro, chiude in modo spensierato il primo episodio. Richiamata in più punti in chiave strumentale, la stessa fungerà da trait d’union con la colonna sonora del sequel, dove, oltre ad un altro, sebbene più solenne, brano marziale intitolato “Il West ti va stretto”, troneggia il cantabile leitmotiv “Galapagos”. Il suo incipit in crescendo per chitarra acustica, campane e ocarina, simile a quello ideato da Cipriani per Un uomo, un cavallo, una pistola (1969), sfocia in una ritmica galoppante sovrastata dalle tastiere e dalla tromba. Come da copione, diverse saranno le ripetizioni, perlopiù abbastanza omologhe e di matrice flautistica (“Viva Alleluja”), ma presenti anche in un canonico e fugace deguello (“Ballo del cowboy”) o con una ritmica latineggiante (“Viva Alleluja - 2a versione”). Tra i temi più volte reiterati, il cupo e misterioso “Mar del Plata” è quello che si pone maggiormente in antitesi col tono generale della pellicola, peraltro fedelmente testimoniato dalle stravaganze di “Fortaleza”, un tango con intermezzi per marranzano, dal piglio circense de “La fiesta di Sara” e dalle inclinazioni burlesche di “Verso il sole”. Insomma i due score, senz’altro meno disimpegnati di quanto ci si potrebbe aspettare, vantano più di un momento in grado di suscitare entusiasmo tra i cultori del western all’italiana.
Infine, per doveri di completezza, segnalo che esiste un’altra edizione uscita nel 2005 per l’etichetta tedesca Koch Media, comprendente i DVD dei due film e, in allegato, il CD con le musiche di Stelvio Cipriani scandite in un’identica tracklist. In alternativa, si potrebbe effettuare un download dal sito della CAM. Meglio che niente, certo, ma per un collezionista, si sa, non è la stessa cosa…