16 Giu2010
I tre volti della paura
Roberto Nicolosi
I tre volti della paura (1963)
Digitmovies CDDM 144
56 brani – Durata: 72’42’’
Dopo i titoli di testa e l’ironica presentazione di Boris Karloff accompagnati da un tema principale dalla ritmica ossessiva su cui gli ottoni suonano come in un mitologico (“Black sabbath”), per le tre parti della pellicola vengono scelti registri stilistici molto diversi. Nella prima, intitolata Il telefono e contestualizzata in un interno borghese moderno dove una ragazza viene tormentata da una serie di telefonate minacciose, predominano le ritmiche sincopate di un jazz a tratti scuro (“Il telefono”) a tratti suadente (“Rose e Mary”), fino a diventare claustrofobico nella scena culminante del delitto (“Frank”). La seconda, I wurdalak, storia di vampiri calata nella Russia ottocentesca e girata, per quanto riguarda le riprese esterne, nella splendida cornice della città fantasma di Monterano (Roma), prevede diverse ripetizioni variate del tema dei titoli di testa; un motivo romantico per archi (“Vladimiro e Sdenka”); una serie di terrificanti dissonanze orchestrali nelle quali è particolarmente indovinato l’uso dei timpani (ad esempio ne “Il vecchio Gorka”) che sembrano scandire il passare del tempo, un ingrediente basilare della tensione. Gorka, interpretato proprio da Boris Karloff, partito per dare la caccia ad un vampiro, deve infatti far ritorno a casa entro mezzanotte per dimostrare di non essere diventato pure lui un wurdalak. La goccia d’acqua, terza ed ultima parte ambientata agli inizi del Novecento, è un autentico horror psicologico dalle sfumature decadenti incentrato sul dramma di un’infermiera che, avendo sottratto un anello prezioso ad una medium appena morta, cade vittima di una maledizione. Musicalmente è questo l’episodio più interessante: Nicolosi fa uso di una combinazione strumentale insolita (organo, arpa, celesta, basso elettrico e percussioni varie) con la quale compone un mosaico di suoni psichedelici molto appropriati nel descrivere l’incubo della protagonista che, in preda ai rimorsi e atterrita da visioni ed ossessionanti rumori (le gocce d’acqua che cadono dai rubinetti, il ronzio di una mosca, i tuoni), finisce per uccidersi. “Il cadavere di Miss Perkins” e “L’infermiera e l’anello” sorprendono per alcuni passaggi che ricordano i Pink Floyd prima maniera. L’unica traccia divagante, peraltro desunta dal livello interno, precisamente dalla scena d’apertura nella quale l’infermiera ascolta un disco suonato da un grammofono, è “La goccia d’acqua (Sangue viennese)”, rielaborazione di uno spartito di Johann Strauss.
A suggello dell’opera, Mario Bava colloca un finale dagli intenti apertamente demistificanti: un ancora più ironico Boris Karloff si rivolge al pubblico per svelare uno degli artifici cinematografici adottati dal regista. L’allegro pianoforte de “I tre volti della paura (Finale)” che integra il tono burlesco della sequenza è un esplicito invito a non prendere troppo sul serio le storie narrate e la finzione filmica.
Per concludere, una curiosità: la versione americana di questo film, oltre a stravolgere parzialmente alcune sezioni dello sviluppo narrativo dei tre episodi, presenta pure una colonna sonora diversa, firmata da Les Baxter.