La tourneuse de pages
Jérôme Lemonnier
La voltapagine (La tourneuse de pages, 2006)
Colosseum LC 03387
15 brani – Durata: 50’13”
Selezionato per l’ultimo Festival di Cannes nella sezione Un certain regard, La voltapagine di Denis Dercourt fa del suo tessuto musicale uno strumento narrativo di grande importanza. Il film è ambientato nel mondo della musica per pianoforte; la colonna sonora di Jérôme Lemonnier non poteva non tenerne conto: a fare la parte del leone, all’interno della soundtrack, è proprio il pianoforte.
Le sfumature sono molteplici, eppure i brani non risultano slegati nella loro complessa diversità. Un tema principale ritorna spesso in alterazioni differenti, basato su una scala discendente in cui nove (o dodici) note si ripetono divise in terzine; si tratta di una melodia semplice, ma capace di nutrire un tessuto connettivo che regala al lavoro di Lemonnier coerenza e organicità.
L’OST può così spaziare fra toni diversi nell’evocare sensazioni differenti. La tensione prende forma nell’esatto virtuosismo con cui vengono eseguite le scale e i trilli, negli accordi gravi, nelle lunghe note che tengono gli archi per creare quella sensazione di mistero cara ai thriller (anche sovrannaturali); ne sono esempi sia “Le miroir des choses” sia il conclusivo “Dîner d’adieu”.
L’elegante melanconia di alcuni passaggi non deve però far pensare a una raffinatezza sfuocata e troppo di maniera. È anche il ritmo qui a dar forma all’inquietudine, con le scale e i pizzicati nervosi (in particolare quello del Trio op. 67 n° 2 di Dimitri Chostakovitch, incluso nell’album). Il mistero sa declinarsi inoltre in inflessioni quasi oniriche; in “Générique” le note sparse del piano sono quasi stranianti; i suoni di “Le départ” sono qua e là simili a echi nel vuoto. Anche le sonorità in “La disparition de Mélanie” si uniscono in un complesso mix capace di riprodurre i recessi della mente e i pensieri che l’attraversano.
Eppure nella colonna sonora de La voltapagine non ci sono solo ansia e ambiguità. Alcuni passaggi possiedono toni rilassati, quasi romantici. “Le miroir des choses” va per questo ascoltato fino alla fine; il Trio op. 148 D897 di Schubert, eseguito dal Trio Wanderer, brilla poi per lirismo e poesia. Soprattutto, sono piacevolissimi i pezzi composti come sonate per pianoforte: si rivelano squisiti tanto “Prélude de Mélanie” quanto “Sonatine de Tristan”. E sono sublimi, ovviamente, la densità e lo spirito del Preludio BWN 875 in re minore di Bach, suonato dallo stesso Jérôme Lemonnier e anch’esso inserito nella colonna sonora.