La Musica è morta!
La Musica è morta!
E così, in un giorno qualunque di uno degli anni più orrendi che memoria d’uomo vivente ricordi, Ennio Morricone ha deciso di lasciarci.
E si è portato via il cielo.
Ce l’aspettavamo, è inutile negarlo, ma fa male come non ci aspettavamo.
Un dolore sordo, che annichilisce il sorriso e i pensieri felici.
Con lui se ne va uno dei pochissimi fari ancora accesi di questa nostra civiltà eternamente in bilico sull’orlo del precipizio del suo miserabile crepuscolo.
Questa nostra civiltà che balla spensieratamente da balconi che affondano inesorabilmente in un magma di cinismo infantile e indifferenza abominevole, pronta pavlovianamente a sciogliersi sull’ennesimo inutile hashtag.
Morricone era altro, era altrove.
Di un altro millennio. Nulla della quotidiana valanga di volgarità faceva parte del suo essere.
Nulla della quotidiana lotta per diventare ancora un po' più cretini era nel suo esistere.
La sua luce riverberava da ogni singola nota composta nel suo quotidiano, benedetto lavoro e pure in mezzo alle sue opere meno importanti, più facete, una parola di speranza, un soffio di profondissima intelligenza trovava sempre la via.
Mi sento infinitamente più solo nei confronti del Tutto, del buio totale.
Anche se non è di poco conto sapere che tutta la sua musica sarà con me sino alla mia dipartita, il fatto che non ci sia più l’autore spezza la mia volontà di combattere, di andare avanti.
Una cosa è procedere nel quotidiano sapendo che se Morricone riesce nonostante ciò che ci circonda a partorire bellezza vuol dire che c’è ancora speranza, forse non tutto è perduto.
Una cosa è continuare senza un simile compagno di traversata.
Perchè non stiamo parlando di un artista qualunque ma di uno dei massimi artisti del Novecento, verosimilmente della Storia intera della Musica.
Quando una luce del genere si spegne, luci che non dovrebbero spegnersi mai, il buio per chi ancora lo vede è fulmineo e totalizzante e ubiquo. Ne approfitta subito per scattare avanti e, come in una partita di scacchi, tentare una mossa per guadagnare terreno verso lo scacco matto della nostra specie. E di solito ci riesce benissimo.
Troppi ormai sono gli agenti provocatori dell’oscurante imbecillità che ci pervade per poter contare su una qualche difesa.
Le tenebre hanno conquistato un’altra posizione.
Un faro si è spento.
E adesso ci sorbiremo, non necessariamente tuttavia ma quasi inconsapevolmente, noi che lo conoscevamo intimamente, noi che ci abbiamo dialogato e al quale abbiamo fatto le confidenze di una vita intera, noi subiremo i mille ritratti falsi, ridicoli, pelosi di un Morricone che non è mai esistito.
Ci racconteranno com’era, cosa diceva, cosa pensava e poi lo dimenticheranno.
Ed è lì che noi che lo amavamo e lo amiamo dovremo essere Persone.
Allora noi dovremo ergerci a difesa di un ricordo e combattere la battaglia che lui non può più seguitare, per sdebitarci infine dell’infinito debito che abbiamo nei suoi confronti.
Un ricordo. Cos’è un ricordo se non una nota improvvisa nel silenzio?
Le note di Morricone sono milioni di miliardi, un intero universo di stelle e nebulose e galassie fatte di suono, di musica.
Un cielo di ricordi. Un firmamento di note. Per fare luce nel buio.
Nel suo negarsi a noi tutti anche la fruizione della sua arte impone un almeno momentaneo ripensamento.
La sua presenza oggi è sottrazione, anche della sua musica.
Nell’ultima intervista che ricordi aveva manifestato imbarazzo per i balli scomposti dai terrazzi e le musiche suonate dai balconi sopra i quotidiani cadaveri del nostro malanno.
Aveva chiesto di fare silenzio.
Basta note allora, che silenzio sia.
Ci sarà un nuovo tempo per essere lieti e sconsideratamente spensierati, ma non ora.
Silenzio!
Silenzio perdio!
La Musica è morta.