12 Gen2015
Intervista esclusiva a Franco Eco
La musica è potente perché muove le emozioni dove si vuole: intervista esclusiva a Franco Eco
Colonne Sonore e le interviste sui generis tornano nel 2015 incontrando un giovane compositore dal pregevole talento che ha una lunga gavetta alle spalle e differenti esperienze espressive all’interno della Settima e Ottava Arte (documentari, teatro, programmi televisivi, corti e lungometraggi): parliamo di Franco Eco, crotonese di nascita, che da diversi anni compone per il piccolo e il grande schermo. Come al solito nelle nostre interviste sui generis è proprio Eco che racconta il suo iter compositivo nel Cinema, sondando titolo per titolo la sua filmografia in essere, facendo sì che ne venga fuori il ritratto di un compositore che ama l’essenza dei suoni, in tutta la sua molteplicità di forme e colori, spaziando da un genere all’altro con molta disinvoltura e con una predilezione per l’improvvisazione (solo apparente!) del suono stesso, come se sgorgasse da sé attraverso atmosfere differenziate e originali.Eco ha ricevuto da poco il Premio Internazionale Sonora “Miglior colonna sonora giovani autori” per il film di Giorgio Molteni, Oggetti smarriti, inoltre ha conseguito il Leone d’Oro per il Teatro alla 38esima Biennale di Venezia per le musiche de Il Corvo di C. Gozzi, ed è stato finalista con le musiche di Assenza di S. Grisoni al David di Donatello 2006.
Laureatosi al DAMS e specializzatosi in “Discipline Teatrali” all’Università di Bologna con una tesi di laurea sulla colonna sonora, Franco Eco ha studiato anche “recitazione e arte drammatica” presso la Scuola di Teatro Colli di Bologna diretta da E. Montagna. Ha studiato pianoforte e composizione presso il conservatorio privato “Saint Louis Music College - Istituzione di Alta Formazione Artistica Musicale” di Roma sotto la guida del M° Gianluca Podio. Inoltre ha frequentato una masterclass con Nicola Piovani e studiato violino con il M° M. Tintoni.
Il suo disco d’esordio è Dante Concert (UdU Records, 2009) concept album orchestrale sulla Divina Commedia con la prefazione di Giulio Andreotti (presidente Casa di Dante in Roma).
Attualmente è produttore del primo album di Chiara Ranieri (X-Factor) e della rivisitazione orchestrale de “La buona novella” di Fabrizio De André.
Visitate il suo sito ufficiale:
www.francoeco.com
Colonne Sonore: The Snake Charmer - l'incantatore di serpenti (Salvatore Allocca, 2010)
Franco Eco: È un docufilm sulla vita senza freni dello scrittore e giornalista Giancarlo Fusco, il primo lungometraggio che ho realizzato e fu la prima volta che mi misi alla prova con un racconto così lungo; prima avevo scritto solamente cortometraggi, un linguaggio molto dissimile dai lunghi, ma l’esperienza acquisita fu più che positiva. Con il regista Salvatore Allocca, che da subito ha avuto fiducia nel lasciarsi trasportare dalle mie idee, abbiamo pensato ad una musica fortemente didascalica, anche per contestualizzare storicamente il personaggio di Fusco, quindi abbiamo una big band sgangherata e divertente, che suona un free jazz da locale notturno, per raccontare la sfrenatezza e la vita nottambula di Giancarlo Fusco; poi un boogie woogie – come racconta Mario Monicelli che ricorda Fusco in una sfrenata coreografia con un pitone durante la guerra. Nel finale invece si lascia spazio all’emozione e alla parabola discendente del protagonista, all’esistenzialismo malinconico, al pianoforte che rintocca delicatamente, al minimalismo di una vita ripercorsa in “reverse”. Le luci si spengono, e i bicchieri di whisky rimangono abbandonati. Il suono si svuota.
CS: Napoletans (Luigi Russo, 2011)
FE: Aver scritto le musiche di Napoletans per me è stata una duplice sfida, forse la colonna sonora più difficile da me scritta; non solo per il confronto con la commedia pura – per certi versi serrata e matematica -, ma soprattutto per l’immenso bagaglio musicologico della cultura partenopea di cui necessariamente dovevo tener conto. Infatti ho scelto come strumento portante di tutta la colonna sonora il mandolino, che col suo timbro delicato e cantabile si è ben inserito in un’orchestrazione più classica.
Inoltre la musica non segue propriamente le scene con le regole canoniche che la musica per film insegna, bensì ho voluto provare a creare un elemento di rottura, e anziché scrivere sulle singole scene, ho provato a creare le musiche sui gesti e le azioni di ogni attore. È stato un processo difficilissimo perché ogni gestualità aveva la sua musica, come se si cucisse su una partitura gestuale ogni variazione sonora. Per fare un esempio veloce la musica sul film può ricordare lo stilema dei cartoni animati di Tom e Jerry o della Disney, e sicuramente questo è stato possibile solo alla peculiarità di un tipo di recitazione che è prettamente tipico di molti attori partenopei.
CS: Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato (Salvatore Allocca, D. Cursi Masella, 2011)
FE: È un film che è la prevedibile conseguenza della disastrosa combinazione di tre diversi caratteri femminili. Qui con la musica ho cercato di creare diversi crossover musicali: tanti colori musicali che accompagnano le rocambolesche peripezie delle tre amiche protagoniste. Ogni personaggio che vive nel film è intenzionalmente narrato per modelli ideali, sfiorando addirittura dei toni quasi macchiettistici! Di conseguenza l’esito della colonna sonora è risultata variopinta con i più differenti generi musicali: dal funky al jazz, dal blues al tango, dalla classica al british rock; tanti generi musicali che si sono scomposti e contaminati in un’incessante architettura caleidoscopica.
CS: Oggetti smarriti (Giorgio Molteni, 2013)
FE: Ho un piacevolissimo ricordo di tutta la fase creativa e produttiva di questa colonna sonora. Mi sono buttato con delle idee che potevano essere pericolose, ma alla fine sono rimasto contento del lavoro, il che è davvero raro che possa piacermi una mia score.
Il film ha una considerevole distanza da uno scontato cinema italiano. L’intreccio narrativo, le location e gli ambienti siderali sono stati tutti elementi che ho voluto tradurre (o tradire) in musica. Probabilmente sembrerà strano, ma per scrivere questa colonna sonora non sono partito dal film, bensì da un libro – La musica e l’ineffabile - scritto da un filosofo da me particolarmente amato, Vladimir Jankélévitch. Nel film Oggetti Smarriti la musica – col pretesto di nascere dal silenzio – si ripiega nel silenzio, forse più semplicemente per confondere la metafisica della narrazione col metaforico del musicale. La musica arriva quasi in punta di piedi, bagnata dal silenzio: intrecci corali, forme d’onda meditative e atmosfere sintetiche sono al servizio della metafisica pura, tutto atto a descriverne il vuoto e l’ineffabile, come direbbe Jankélévitch. Così il silenzio non è un non-essere (come siamo abituati ad interpretarlo), bensì diventa un altro… dall’essere.
CS: The Broken Crown (Ruben Maria Soriquez, 2013)
FE: È un gangster-movie girato tra la Puglia e la Germania. Racconta della redenzione di un boss e della difficoltà di scappare dalla propria famiglia. Anche qui come in Napoletans i luoghi geografici hanno influenzato molto l’organico strumentale, e la mia ricerca si è focalizzata soprattutto su un suono “mediterraneo” che potesse essere al tempo stesso vicino ad un sound tipico degli action-movie. Ad esempio lo strumento principe della colonna sonora è il bouzouki, ma c’è anche il santoor. Sono strumenti che ho scelto di far suonare con un ritmo ossessivo, quasi claustrofobico, in perfetto stile zimmeriano. Poi c’è il violoncello a cui ho affidato tutte le parti melodiche, con l’orchestra a farne da supporto armonico.
Adoro il violoncello perché tra tutti gli strumenti musicali, è quello che più mi ricorda la voce umana. Racconto un aneddoto: in questa colonna il “cello solo” era suonato da Giuseppe Tortora, un musicista che stimo tantissimo, e quando gli sottoponevo le partiture da registrare si spazientiva perché molte di queste, anziché essere scritte in chiave di basso, erano in chiave di violino… diciamo al limite delle possibilità tecniche dello strumento stesso. Erano delle parti talmente alte che potevano essere in tessitura di viola se non di violino! Ma in quel caso avevo scelto il violoncello proprio perché questo strumento suonato così alto conferiva una pasta sonora innaturale e imperfetta, quasi come se fosse un cordofono etnico o qualcosa del genere, addirittura a me personalmente ricordava proprio il lamento umano, e questo anche grazie alla tecnica di Giuseppe che riusciva a far “suonare” così alto uno strumento che è nato sostanzialmente per registri più bassi. Spesso un compositore ha delle idee, ma è soprattutto grazie all’esecutore che queste idee possono trasformarsi in qualcosa di unico che neanche il compositore stesso spesso riesce a immaginare quando scrive!
CS: Bologna 2 Agosto (Giorgio Molteni, D. Santamaria, 2014)
FE: In questo film ho avuto davvero tante difficoltà ad instradare le idee per la colonna sonora. Il film è stato subito difficile per me perché analizza scrupolosamente i fatti legati alla strage di Bologna, quindi non è un’opera di finzione, ma è legato soprattutto ad una storia vera con 85 morti. Questi erano i presupposti e sapevo già che sulla carta era emotivamente pesante scrivere. Sapevo però che non volevo una musica da thriller, o cose del genere. Dopo alcuni provini inutili in cui cercavo un linguaggio adatto al film, Giovanni Marolla, che curava le edizioni musicali per Warner Chappell Music e che è sempre stato fondamentale per tutti i suoi consigli, mi disse: “Franco, guarda e ascolta Diaz, ti può essere d’aiuto” ed iniziai a studiare il tipo di linguaggio musicale all’interno di quel film. Fu una corda che mi fu gettata da lui e forse è risultata essere la migliore musica che meglio si sposa con il film. Una colonna sonora fortemente minimalista, molto vicina alle idee compositive di Steve Reich. Personalmente ho seri problemi col minimalismo, ho il difetto di fare tanto, forse troppo, e in musica non è affatto necessario, anzi, i brani in cui meglio mi riconosco sono proprio quelli più spogli, semplici, minimi. Un collega più anziano mi disse che ho la foga tipica dei giovani compositori, ma è un percorso che ancora sto facendo su me stesso, un percorso di sottrazione e di conoscenza di se stessi.
CS: Quali sono i suoi compositori italiani e stranieri preferiti di musica per film?
FE: Personalmente non ho dei compositori preferiti, mi interessano di più le emozioni e i linguaggi espressivi che questi possono inventare attraverso la musica. Se dicessi che Fabrizio De André è il mio autore preferito e punto di riferimento per la composizione di colonne sonore sarei fuori tema, ma è così. De André è probabilmente il mio più alto riferimento di come l’arte possa muovere le emozioni. Puoi trovare questo in John Williams così come in un perfetto sconosciuto su Soundcloud. Per me hanno lo stesso valore perché sono io, in quanto individuo/ascoltatore, a darne un valore. E su questo ho imparato ad essere libero di ascoltare qualsiasi musica per scrivere musiche per film, anche se non sono necessariamente colonne sonore.
CS: Cosa significa per lei “musica per immagini”?
FE: Ahi, con questa domanda si entra in un campo minato. Ho molta difficoltà nel rispondere. La musica applicata o per immagini sono narrative e fortemente didascaliche, ma lo sono anche le cosiddette musiche assolute. Mi piacerebbe una musica altamente polisemica, ma col tempo sto maturando il fatto che la musica muove le emozioni e le valutazioni critiche lì dove il compositore vuole. Il compositore diventerebbe una specie di stregone. Aristotele nella Politica avanzò l’affascinante ipotesi che la musica non rappresenti l’espressione dei sentimenti, ma le emozioni umane stesse e che l’anima dell’ascoltatore si muove lì dove il musicista desidera. Probabilmente la musica per immagini non tanto “rappresenta”, piuttosto “riproduce” dei contenuti espressivi chiaramente identificabili proprio a supporto dell’immagine stessa. La musica non rappresenta le emozioni, ma è l’emozione stessa! La “Filosofia della musica moderna” di Adorno parla proprio di questo, del fatto che in musica non c’è spazio per valutazioni personali, critiche e individuali: la musica è troppo precisa per lasciare terreno fertile alla polisemia. Faccio un esempio lampante: se io riproduco un accordo maggiore e successivamente un accordo minore, siamo tutti d’accordo che il primo stimoli felicità e il secondo tristezza. Ecco, questo è alla base di un discorso ben più ampio che dimostra come sia difficile scrivere musica, soprattutto se commissionata come nel caso delle colonne sonore, e che pone l’accento sugli stati d’animo che devi tenere sotto controllo per non scrivere qualcosa che poi non c’entri nulla. La musica è molto potente, alcune volte supera anche il film stesso per cui è stata scritta e nella storia del cinema ci sono numerosi esempi. Sto imparando questo: la musica è potente perché muove le emozioni dove si vuole.