Sissi

cover_sissi.jpgPino Donaggio
Sissi (2010)
Cinevox CD SC 81
25 brani – Durata: 50’30”

 

Chi volesse prendersi la briga di riascoltare le vecchie partiture di Anton Profes per la serie di film di Ernst Marischka che negli anni Cinquanta lanciarono il mito di Romy Schneider nei panni della principessa Elisabetta d’Austria, riscoprirebbe sotto metri di polvere un mondo musicale dichiaratamente parastraussiano (nel senso di Johann e eredi…), sospeso tra vaudeville e Biedermeier bucolico. Nella versione televisiva di Xavier Schwarzenberger quel mondo è scomparso, a favore di una moderna soap in cui la protagonista diviene eroina del proprio tempo ma, a posteriori, anche del nostro. Nulla da stupirsi dunque se Pino Donaggio si tiene ben lontano da tentazioni citazionistiche (che pure gli sarebbero agevoli, vista la sua formazione classica) o superficialmente salottiere e austroungariche. La strumentazione è come al solito fluida, il ruolo degli archi essenziale, l’invenzione melodica costante quanto pudica (“Sissi”); appaiono di tanto in tanto gustose quanto obbligate citazioni formali (il brillantissimo “Grand ball in Venice”, perfetto valzer di circostanza), ma a prevalere sono i  momenti e le atmosfere sofisticatamente crepuscolari in cui il maestro veneziano è specialista, come nello struggente violoncello solista di “Sissi and Franz”. Lo score si alimenta anche di suggestioni e impressioni direttamente veneziane (“A vision in Venice”) che sembrano riportare Donaggio quasi alla nitidezza e alla semplicità delle sue prime partiture composte proprio per film ambientati nella sua città natale. Tuttavia, se la partitura come s’è detto non declina obblighi verso modelli precostituiti o imperi aleggianti, non siamo nemmeno dinanzi ad un commento esibizionisticamente modernista. I moduli strutturali del compositore (melodie oblique e molto articolate, archi in primo piano impegnati in costruzioni di grande severità e compostezza, come in “A trace of sadness”, ritmi anche pulsanti: si ascolti l’attacco di “Sissi’s anxiety”, peraltro poi risolto in un delicato assolo pianistico ripreso dai fiati, o il drammatico “Sevastopolys”) rivendicano la propria omogeneità di genere in genere, e concorrono – qui come altrove – alla formazione di quello stile particolarmente colloquiale ma anche formalmente elaboratissimo che caratterizza da sempre la poetica di Donaggio.

Stampa