C’è ancora domani

cover ce ancora domaniLele Marchitelli
C’è ancora domani (2023)
Flipper Srl
13 brani – Durata: 19’04”

C’è ancora domani” per le musiche originali di una colonna sonora?
Don’t try this at home! (Non provate a farlo a casa!) è un modo di dire in inglese che sottintende un avvertimento; un monito spesso utilizzato in contesti pubblicitari e di intrattenimento, per consigliare alle persone di non tentare una particolare azione o attività da sole perché questa potrebbe essere pericolosa senza una specifica preparazione. La musica è pericolosa è invece un affascinante affermazione di Fellini - divenuta anche il titolo di uno spettacolo-concerto di Nicola Piovani - che è anche una frase emblematica e quanto mai pertinente se la riferiamo alla colonna sonora di C’è ancora domani.
Cerchiamo di chiarire meglio queste prime riflessioni specificando subito che l’opera prima della Cortellesi è riuscitissima e ispira una profonda e immediata empatia. Bisogna avere rispetto e attenzione di fronte a un film capace di infilare una serie di miracoli di tale peso: (ri)portare nelle sale un pubblico trasversale, trattare un tema delicatissimo con intelligenza e senza cadere nella banalità, risollevare gli incassi e le sorti del nostro cinema con un prodotto di qualità e di sicura presa che potrebbe anche uscire fuori dai confini nazionali. Il tutto poi impreziosito da un cast tecnico e artistico perfetto: attori, regia, montaggio, scenografia, costumi, tutto.
Davanti a questi presupposti così superlativi potete ben capire quanto ragionare sull’aspetto valoriale di una colonna sonora, comunque riuscita e funzionale, possa dai più essere considerata un dettaglio. Proviamoci invece partendo da un dato incontrovertibile che attiene alla presenza massiccia di canzoni di repertorio. La playlist contiene autentiche perle e interpreti della canzone d’epoca (Fiorella Bini, Achille Togliani) e d’autore italiana (Lucio Dalla, Fabio Concato, Daniele Silvestri, Musica Nuda) insieme ad altri brani internazionali più contemporanei che spaziano dall’hip hop al noise rock (Outkast, The Jon Spencer Blues Explosion, Big Gigantic). Una selezione ricca e variegata che ci suggerisce da una parte l’importanza data al potere evocativo delle canzoni come elemento distintivo del film e dall’altra alla considerazione del budget generalmente oneroso che questo tipo di soluzione comporta. Due elementi che indicano una scelta ragionata e strutturale confermata anche dall’utilizzo formale di queste canzoni che non sono mai ornamentali e diegetiche ma sempre di commento e con un forte impatto emozionale. Gli esempi più illuminanti li troviamo nelle scene dove ascoltiamo “Nessuno” e “A bocca chiusa”, due brani che commentano i momenti più drammatici e intensi del film, dove le atmosfere più dure e violente vengono stemperate da un trattamento registico da musical, in cui la Cortellesi e Mastandrea interagiscono coreograficamente o addirittura giocando con il labiale della canzone. Anche altri titoli sono sincronizzati su scene altrettanto forti e dense come l’incontro tra la protagonista e il suo primo amore (“M’innamoro davvero” di Fabio Concato) o come nella descrizione del momento in cui si palesa nella mente di Delia l’idea del riscatto sociale dove lo sfondo musicale è rappresentato da una delle più toccanti canzoni su Roma scritte da un non romano: “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla (purtroppo non in una delle versioni discografiche migliori).
Chi poteva essere l’autore delle musiche originali del film se non Lele Marchitelli? Un compositore abituato, purtroppo o per fortuna, a condividere le sue colonne sonore con un ingombrante numero di canzoni di repertorio grazie alla duratura collaborazione con Paolo Sorrentino (La grande bellezza, The Young Pope). In realtà in C’è ancora domani Marchitelli ha questa volta a disposizione un buon numero di punti musicali che utilizza per comporre una partitura che merita apprezzamento in più di un momento della pellicola (su tutti il tema de “La lettera”).
Dove invece nell’economia del film le musiche originali risultano sfortunatamente carenti è proprio nella convivenza con le varie canzoni. Dinanzi a una mole così importante di repertorio non è certamente facile mantenere una scrittura musicale incisiva soprattutto se, quasi sempre, il compositore non può fare altro che musicare i raccordi tra una scena e l’altra. Il lavoro di Marchitelli sembra quindi sacrificato a un ruolo secondario e pericolosamente subordinato a quello delle canzoni del film.
Torniamo dunque alle premessa di questa recensione dove si allude ai rischi insiti in questo modello di colonna sonora dove convivono tanti elementi musicali spesso contrastanti tra loro per tipologia di genere, stile, orchestrazione, scrittura, timbrica, epoca, ecc. ecc.… e dove, all’interno di un impianto filmico con una sua marcata coerenza storica ispirata al neorealismo italiano (bianco e nero, grafica dei titoli, costumi, trucco e parrucco), si decide di dare invece alla musica il compito di sorprendere e sparigliare le carte attraverso scelte diverse e non simbiotiche (cane/cane, gatto/gatto). E’ già accaduto in passato e i risultati sono stati a volte anche sublimi e spiazzanti come nel caso della colonna sonora di Marie Antoinette - un film del 2006 scritto e diretto da Sofia Coppola - dove ad una sceneggiatura ambientata nella Versailles del 1770 veniva affiancata una serie di brani di rock e synth pop anni ‘80.
Diciamo quindi che stavolta, nel caso della variegata e polimaterica colonna sonora di C’è ancora domani, è andata benissimo perché tale è il successo del film che parlare di disomogeneità musicale sembra solo una minuzia da addetti ai lavori.
Ma per favore, cari registi e produttori, non fate diventare le musiche di C’è ancora domani un modello da emulare.
Don’t try this at home!

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