Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione

cover borromini and berniniRemo Anzovino
Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione (Borromini and Bernini. The Challenge For Perfection, 2023)
Nexo Digital Srl
16 brani – Durata: 35’48”

Se si deve rintracciare una figura di compositore e musicista come reale ‘Compositore dell’Arte’ non si può far altro che menzionare (almeno nel nostro Bel Paese ma, azzarderei, anche all’Estero) Remo Anzovino. Ma in che senso ‘Compositore dell’Arte’ visto che può apparire come una definizione comprensibile all’istante nondimeno al contempo sviante o sproporzionata? Il napoletano Anzovino, tra i più internazionalmente noti tra i nostri compositori e interpreti sia in ambito solistico strumentale che della musica applicata alle immagini, ha ottenuto nel 2019 il rilevante premio Nastro d’Argento – Menzione Speciale Musica dell’Arte – per le sue colonne sonore composte per docufilm di argomento culturale, sociale, artistico e sportivo dal valore universale, quali personaggi, monumenti ed eventi storici tra cui Frida Kahlo, Napoleone, Elisabetta II, Pompei antica, il disastro del Vajont, Vincent Van Gogh, Claude Monet, Paul Gauguin, Muhammed Ali, Pier Paolo Pasolini, l’ossessione nazista per l’arte degenerata – alcune di queste partiture confluite in un prezioso cofanetto Sony Classical del 2019 dal titolo “Art Film Music” –.
Allora sarebbe più corretto definirlo ‘Cantore della Storia tra le Note’; tuttavia si andrebbe perdendo quel surplus compositivo insito nella carriera del quarantasettenne autore campano (classe 1976) nei riguardi di una larga fetta di Geni dell’Arte, tra scultori e pittori, approfonditi musicalmente fino a Borromini e Gian Lorenzo Bernini.
Questi, ultimi solo in ordine di tempo, esplorati in note nel docufilm Borromini e Bernini – Sfida alla perfezione diretto da Giovanni Troilo, già regista di Frida. Viva la vida, Le Ninfee di Monet. Un incantesimo di acqua e luce e Power of Rome, su soggetto di Luca Lancise, prodotto da Sky e Quoiat Films e distribuito da Nexo Digital all’interno della stagione della Grande Arte al Cinema, con ruoli attoriali di Jacopo Olmo Antinori, Pierangelo Menci e Antonio Lanni.
Per meglio raffigurare questa sfida d’arte, chiarificatrice è la frase d’effetto del critico d’arte, regista e scrittore Waldemar Januszczak, tra gli intervistati del docufilm, insieme all’architetto e accademico Paolo Portoghesi, al professore della Cornell University di Roma Jeffrey Blanchard, al professore associato presso l’Università di Camerino Giuseppe Bonaccorso, alla curatrice e critica d’arte Aindrea Emelife e alla Professoressa di Storia dell’arte medievale e moderna alla American University di Roma Daria Borghese: <<Da un lato Borromini, un autentico architetto, un uomo che prende lo spazio e lo scolpisce perché ce l’ha nel sangue, dall’altro Bernini che è uno scultore, un grande scultore, ma quando si parla della sua architettura si scopre essere un conservatore. […] Ammetto che esistono due forze contrapposte che definiscono il barocco romano o meglio quello italiano: da una parte Bernini che si affida al marmo, al denaro, allo sfarzo, dall’altro Borromini che si affida alla purezza, alla pura bellezza dell’architettura>>. Rapportandola all’approccio compositivo di Anzovino, che si focalizza in special modo sulla sofferenza della creazione di un’opera e sulla manualità della sua realizzazione da parte del genio solitario e scontroso Borromini (1599-1667) rispetto all’antagonista mondano e spregiudicato Bernini (1598-1680), così definiti da uno degli altri intervistati, Jeffrey Blanchard, <<Borromini è un ragazzo prodigio e genio, Bernini è lento ma comunque un genio: è interessante come la genialità si sviluppi a ritmi diversi>>: da un lato synth stridenti, metallici e alienanti, più elementi corali liturgici, per l’ideazione dell’opera d’arte architettonica, dall’altro violoncello in solitaria e archi a supporto o in controcanto, più pianoforte, per la messa in opera dell’arte architettonica stessa e la sua sofferente tuttavia acutissima coscienza di rivoluzione eccentrica nel mondo della Roma Barocca del 1600. Una scrittura, quella di Anzovino, per questa colonna musicale che vive, come spesso accade in questo compositore, anche al di fuori del filmico, perché colma di potenza espressiva fruibile separata dalle immagini.
L’album della colonna musicale si apre col brano “Agnus Dei”, un canto corale traboccante di oscurantismo su un incedere zimmeriano angoscioso e vorticoso, visceralmente cavernoso. “At the Court of the Popes” usa archi, effetti sintetici risuonanti all’infinito e un organo liturgico in una pagina glassiana circumnavigante, estenuante e ipnotica nello stesso tempo. “Borromini’s Theme” esibisce il leitmotiv per violoncello solista, accorato e pensoso, su tappeto d’archi e fagotto nelle note più gravi, dove via via si aggiungono elementi corali, violino e synth: un adagio che cresce piano piano in maniera sofferta e risolutoria. “Sculpt the Space” per tastiera, synth, percussioni techno metallicamente pop, è una danza (in effetti i due attori che interpretano Borromini e Bernini ballano come sotto folle effetto di oppiacei) spiazzante e astratta, che nel suo tintinnio finale quasi strega l’ascoltatore. “Lament”, come enuncia il titolo stesso, è un lamento sintetico a bocca chiusa, in cui il coro angelico e gli archi si cingono tristemente in un amorevole conforto senza, invero, pace alcuna. “Personal Ghosts (Groove)” suona mistericamente cupo e modernamente drogante: un prog liturgico che entra sotto pelle. “Rules of the Game” nella sua configurazione risuona come una sarabanda trattenuta e affaticata alla Georg Friedrich Händel. “Hypno” palpita cardiacamente e sinteticamente sotterraneo e profondo. “Broken Strings” evidenzia dolorosamente archi in contrappunto in un adagio barberiano pregno di rinuncia e delusione. “Duel” si poggia su ostinati d’archi guerreschi, perentori ed epici, con quel sottofondo synth rumoristico violoncellistico molesto, a tratteggiare la rivalità tra i due architetti, sulla falsariga del medesimo effetto ricreato dal premio Oscar Volker Bertelmann per Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues), film del 2022 diretto da Edward Berger, anche se la composizione di Anzovino risale a molto prima. “Beyond the Sky” evangelizza le soluzioni architettoniche del Borromini attraverso il suono circolare ed etereo del piano su archi luminosi in controcanto. “No Limit” si apre modernamente, con quel synth siderale e glaciale, molto anni Ottanta alla Tangerine Dream, ad una forma danzante di matrice techno elettronica cadenzata e roboante. “Revenge” è puro mood techno-rock-metal selvaggio, con quell’effetto stordente di puntina su giradischi graffiante, a loop. “At the Court of the Popes (Strings Version)” torna ad essere ondivaga in levare alla Philip Glass, tortuosamente avvolgente. “Borromini’s Theme (ostinato)” è una variante del tema succitato, con un crescendo coral-orchestrale incantatorio nella sua ineluttabile conclusione desolante. Chiude l’album “Sant’Ivo alla Sapienza”, che vede al pianoforte solista Anzovino racchiudere tutta quell’austera autorità spirituale, con perenni allusioni che evocano l’infinito dell’opera di Borromini.
In definitiva, soltanto un vero e genuino ‘Compositore dell’Arte’ può narrare invisibilmente su pentagramma ciò che lo spirito e l’anima di un grandissimo Genio dell’Architettura ha espresso esclusivamente attraverso l’Opera realizzata fondamenta su fondamenta, mattone su mattone, marmo su marmo, progetto su progetto. Questa è la potenza della Musica che sovrasta tutte le Arti, anche quelle definitivamente incancellabili della nostra Storia.

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