IT

cover it wallfischBenjamin Wallfisch
IT (Id. – 2017)
WaterTower Music
38 brani – Durata: 75‘00“

IT non è un semplice film horror, è un omaggio alla fanciullezza.
Nonostante le tragedie che si abbattono sui protagonisti, un gruppo di ragazzini "perdenti" della provincia americana, la gioventù tanto odiata e per nulla semplice, si rivelerà la loro àncora di salvezza. La geniale capacità di Stephen King di saper giocare sul giusto equilibrio tra orrore e comicità, tra spaventoso e ridicolo, tra onirico e reale, è anche la sua inconfondibile firma. Nel libro del 1986, King portava il lettore a riflettere e a interrogarsi su cosa significasse essere giovani: non vuole affatto dire essere ingenui o impotenti ma riuscire a vedere il mondo da un diverso punto di vista, con una differente sensibilità. Proprio questa sensibilità a volte rivela ciò che, sotto la patina dell‘indifferenza e dell‘abitudine, è ormai invisibile all‘occhio adulto.

Il regista Andrés Muschietti è riuscito in quella che si potrebbe definire una trasposizione "letterale" del romanzo dello scrittore di Portland; pare infatti di essere immersi nelle pagine di un libro piuttosto che seduti su una poltrona di cinema. Al successo di questa pellicola ha contribuito anche la brillante interpretazione di Bill Skarsgård che ha ridato vita e un nuovo carattere al mutaforme Pennywise, riuscendo a stupire anche lo spettatore più scettico, legato alla magistrale performance di Tim Curry nella miniserie tv del 1990.
Peccato non poter dire lo stesso della colonna sonora che si limita invece a fungere da sottofondo quasi impercettibile, una linea guida che si serve delle più banali e già conosciutissime strategie nel panorama dei film horror: carillon, voci sinistre di bambini, colpi di timpani e uso di tutti quei "trucchetti" che ogni spettatore, anche poco esperto, ormai conosce a memoria. Non è difficile immaginare quale sarà il momento di pathos, quale di spavento e quale di calma poichè ormai si è di fronte a format prestabiliti nel campo della composizione per film dell‘orrore.
Un esempio su tutti è la traccia “Georgie, Meet Pennywise“ che funge da colonna sonora al momento forse più pauroso di tutto il film, l‘incontro tra Georgie e il Clown Pennywise. Più che di colonna si dovrebbe parlare di cartongesso, un debole e scontato accompagnamento che si serve di frenetiche voci di bambini, sonorità elettroniche quasi assordanti, acutissime e improvvise. Non si è di fronte a nulla di nuovo, basta citare successi ai botteghini come The Conjuring 2, Annabelle, It Follows e molti altri ancora, per rendersi conto che le modalità per fare breccia nelle paure più recondite degli spettatori ormai non sono altro che ripetizioni e che è arrivato il momento di adottare nuovi stili e nuovi effetti per catturare l‘attenzione del pubblico.
Solo ascoltando “Georgie‘s Theme“ riusciamo a comprendere l‘orchestrazione del compositore, il suo vero stile, offuscato da effetti e synth nelle altre tracce. Molto lineare, delicato e quasi descrittivo, si riesce a intuire la dolcezza che caratterizza il personaggio di Georgie, tramite le note suggerite da Benjamin Wallfisch. Il brano “Transformation“ poi, offre forse qualcosa di più originale: l‘uso delle percussioni è impressionante, creando un "tappeto di suoni" che non lascia tregua. Il continuo e incessante insinuarsi di diversi strumenti a fiato (legni e ottoni) è davvero d‘effetto, il tutto senza fare a meno dei classici e iper utilizzati violini. Bisognerebbe comprendere che, come la pubblicità è la chiave del successo di ogni evento, la musica è la chiave per la riuscita di un film.
Degna di nota è invece la colonna sonora non originale, i brani anni '80 giocano un ruolo chiave, perchè fanno sì che si materializzi sul grande schermo e nella mente di tutti il mondo sognante e al limite del grottesco scaturito dalla penna di Stephen King. Un esempio su tutti? I New Kids on the Block, ragazzi!

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