Allied

cover alliedAlan Silvestri
Allied – Un’ombra nascosta (Allied, 2017)
Sony Classical 88985392312
13 brani – durata: 42’46’’

Tra gli ultimi sodalizi rimasti saldi alle avversità vi è certamente quello del compositore Alan Silvestri e Robert Zemeckis. Due autori che sono riusciti a trovare l’uno nell’altro la propria controparte; il compositore che traduce in musica quello che il regista esprime con le immagini.
Così anche nel suo ultimo lavoro, Allied, Zemeckis si è rivolto a Silvestri per musicare la sua opera; un’opera distante dalle fantasiose passate pellicole del regista ben più inserita nella Storia, più di quanto non sia mai stato fatto.

Se, dunque, il tono della sua ultima fatica cambia, così si modifica anche la sua controparte musicale; Silvestri, non a caso, si è cimentato nella scrittura di una partitura che lascia lontano il suo tradizionale spirito per cercare di adattarsi maggiormente alle atmosfere del film.
Tutta la partitura appare, fin dal primo ascolto, dotata di una doppia anima, scissa tra una componente sentimentale e una caratterizzazione tipica dei spy-film. Questo appare evidente in “Essaouira Desert - Main Title” nel quale a un piano di apertura subentrano strumenti a fiato che rompono l’andamento per trasformasi in assoluta attesa, quella stasi tipica delle spy’s stories. Tale dicotomia prosegue quasi in tutti i brani; le due anime sembrano accostarsi ma mai uniformarsi. In “German Embassy” ritroviamo quel piano di apertura che poi sembra scomparire quasi del tutto; probabilmente è questo il punto debole di una score che sembra ondeggiare continuamente da una parte all’altra senza trovare l’esatta direzione. Quelle due anime di cui abbiamo parlato non riescono a dialogare e a creare un tessuto musicale capace di tenere in sé quella capacità iconica che, in altri lavori, il compositore era sempre (o quasi) riuscito a creare.
In “It’s a girl”, la componente emotiva trova la sua maggiore distensione qui incarnata dagli archi che si dispiegano prima di lasciare spazio al movimento frammentato di “Trust” che, quasi in perfetta antitesi, ne costituisce il suo omologo.
L’intera OST soffre inoltre di un problema di durata, eccessivamente ridotta, tale da non permettere di sviluppare quanto prefisso; ci troviamo di fronte a discorsi che sarebbero potuti essere sviluppati in maniera più piena dal momento che contengono molti spunti interessanti; proprio uno di questi è contenuto in “The letter – End Credit”, il migliore brano della partitura, nel quale si riesce a dispiegare quella componente emotiva rimasta avviluppata nelle increspature dei brani precedenti, come “Best day ever”.
In quest’ultimo brano (non a caso il più lungo) risulta tangibile, attraverso l’uso dei fiati, uno sviluppo tardivo di una score che è rimasta zoppicante e che cerca di trovare maggiore completezza in tracce che sono presenti in maniera intradiegetica all’interno della pellicola. Mi riferisco agli ultimi sei brani, composti da artisti vari che hanno l’unica funzione di immergere l’ascoltatore (ma forse sarebbe più giusto dire spettatore) all’interno del clima post bellico.
Certamente ci si attendeva di più da un artista che, lavorando con Zemeckis, è riuscito a scrivere partiture memorabili; qui manca proprio quella componente iconica che, in altri lavori, Silvestri è riuscito a dare.

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