Avatar

Recensione "pro" di Antonio Marguccio:

cover_avatar.jpgJames Horner
Avatar (Id. – 2009)
Fox Music/Atlantic 521681-2
14 brani – durata: 78'51''



Atteso per il prossimo 15 gennaio in Italia anche in 3D, Avatar ha avuto una lavorazione di quattro anni ed è costato ufficialmente 237 milioni di dollari. Concepito già nel 1994 dal regista James Cameron (creatore della celebre saga di Terminator, nonché autore del pluripremiato Titanic), il live action fantascientifico è stato procrastinato per permettere alla nuova generazione di effetti speciali e soprattutto all'avvento dell'animazione CGI di materializzare un mondo alieno datato 2154.

Protagonista della storia è l'ex marine paraplegico Jake Sully, ingaggiato nel Programma Avatar che prevede missioni spaziali sul pianeta Pandora, ricco di un minerale prezioso ma abitato dall'ostile popolo Na’vi. L'incontro salvifico con una sensuale donna Na'vi, Neytiri, permetterà a Jake di guardare la realtà con occhi diversi e di abbracciare la causa dei nativi. Fatte le dovute premesse, ci preme anzitutto dire che la musica di James Horner, data alle stampe vive benissimo slegata dalle immagini, è prolissa, melodica, a tratti eterea e sognante, quindi anche chi non ha intenzione di andare a vedere il film al cinema potrà far viaggiare la propria immaginazione standosene tranquillamente seduto davanti all'impianto hi-fi (l'unico consiglio è magari di aprire le finestre visti i picchi di decibel percussivi che invadono l'ascolto). Si comincia alla grande con un assortimento di percussioni e vocalizzi etnici sopra un background di pad elettronici (“You Don’t Dream In Cryo”). Quindi il solfeggio del soprano, lasciato quasi in silenzio e seguito da ritmi tensivi dove a farla da padrone sono i loop e i campioni di voci “Ah” sintetizzate. Anche altrove nell'album all'elettronica è demandata una porzione non indifferente di musica, talora per ricreare ambientazioni new age o atmosfere decadenti sottolineate dall'uso ossessivo del pitch-shifting (“Pure Spirits of the Forest”). Riutilizzando alla lettera gli espedienti visti su Apocalypto, Horner costella inoltre la partitura di voci gutturali che irrompono nella massa di percussioni multietniche e flauti irlandesi e shakuhachi (“Jake Enters His Avatar World”). Stesse reminiscenze vocali ma nello stile già visto su Troy regalano una caratteristica sintesi sinfonico-tribale in “Jake's First Flight”. Sul versante dei temi principali del film, l'autore si è per così dire limitato ad un love theme costruito su una progressione in chiave minore di quattro note. Questa semplice intuizione musicale, presentata a volte con l'orchestra al completo ma spessissimo eseguita al pianoforte e con una base di arpeggiatore (“Becoming One of "The People"/Becoming One With Neytiri”), è tendenzialmente l'unico elemento di originalità dell'intero score, visto che gran parte delle idee messe su pentagramma sono riprese dal bagaglio cinemusicale dell'autore e non solo. Complice infatti una temp track che ha fatto largo uso di Zimmer e probabilmente anche di Silvestri, non è raro imbattersi in qualcosa di clamorosamente déjà entendu, come in “Gathering All the Na'vi Clans for Battle”, che ricorda da vicino il tema in progressione “The Might of Rome” e l'iconico Pirates of the Caribbean. Tuttavia, lasciando alla materia l'opinabilità che essa merita, giova sottolineare che la personalità di Horner non ne rimane scalfita e semmai la vera stonatura dell'intero album è prodotta proprio dalla canzone finale affidata a Leona Lewis, vincitrice dell'X-Factor americano. Modellata sul cliché di “My Heart Will Go On”, la romantica “I See You“ non sembra in asse con una partitura epica che vive di rimescolamenti e intersezioni. Nel complesso Avatar è un lavoro di tutto rispetto ma fondamentalmente prevedibile. Suo punto a favore è l'equilibrio tra fonti musicali diversissime e non intrinsecamente affini all'approccio neoclassico che rappresenta pur sempre la base di partenza per un compositore come Horner.

Recensione "contro" di Dimitri Riccio:

AVATAR: cronaca di una morte annunciata

La tristezza che mi assale accingendomi a scrivere di quella che, almeno sulla carta e per i fans, doveva essere la partitura dell’anno (e per certi versi come vedremo, lo è) è lo stesso che ti coglie quando devi ammettere che qualcuno che stimi o a cui vuoi bene l’ha fatta talmente grossa che nemmeno gli occhi dell’amore possono sminuire la portata negativa dell’evento.       
E Avatar sia allora...
Il buon Jimmy Horner va purtroppo in giro da mesi a raccontare in diverse interviste che ha impiegato un anno ( leggi UN ANNO!!!!) per comporre la musica per il film evento AVATAR. Dico purtroppo perchè  allora tu pensi: diavolo!, Goldsmith ha impiegato due settimane per comporre quel capolavoro che è Chinatown, in un mese e mezzo Herrmann ha messo la parola fine alla musica per il genere horror- thriller con Psycho, Rozsa con un anno a disposizione ha dato la parola a Dio con la sua musica per Ben Hur, chissà cosa combinerà il buon Horner!
Purtroppo, ecco che torna il purtroppo, Horner in un anno non ha composto praticamente nulla, o meglio ha davvero solamente combinato qualcosa nel senso vero del termine, perchè ormai lui le sue partiture (?) le “combina” solo più, non sembra che le scriva: mette un pezzo di Glory, gli unisce un pezzo di Perfect Storm, gli attacca l’immarcescibile e oramai davvero indigeribile, inaccettabile danger motif  con le sue stramaledette quattro note, un po’ di etno-elettronica da Where the River Runs Black ed ecco fatti otto-nove minuti di “grande” musica da film e via così sino alla fine del disco. Ogni secondo di musica in questa partitura è riconducibile a qualcos’altro e, come se non bastasse, in un film di fantascienza Horner ha la faccia tosta di unire a questo pot-pourri di tutta la sua carriera  pure i battimani di Zorro e l’immancabile flauto irlandese, le uniche due cose che, per un briciolo di coerenza sarebbero potute restare fuori dall’appello.
Ma stiamo scherzando?
Ma davvero in un anno di tempo non è riuscito a scrivere un tema che non avesse l’incipit di “My Heart Will Go On”?
Ma come si può fare una cosa così e vantarsene?
Ma almeno non dire nulla, non fare figuracce, non dare lezioni di musica e non atteggiarti a grande artista!
Ma davvero questo compositore ha un’opinione così infima di chi va al cinema e di chi ascolta la sua musica e, non ultimo, del film stesso per cui compone, per brutto che sia, da pensare di essere superiore a tutto e a tutti, da potere serenamente dormire il sonno del giusto dopo avere compiuto un simile misfatto e, non pago, sbandierando senza pudore il suo “capolavoro” a destra e a manca?
Davvero ci si può ancora confrontare anche a livello critico con un autore di siffatta specie?
Una musica da anni copiata e incollata (infatti ci si chiede Quando Horner abbia mai realmente composto qualcosa dato che le sue cose topiche sono mutuate pedissequamente da Prokofiev, Shostakovich, Brahms, Mozart e tutti quelli che vi vengono in mente, in un gioco di rimandi e di specchi che confondono e imbarazzano da trent’anni chi si accinge ad ascoltare la sua musica con tutta la buona fede possibile...), può mai essere oggetto di seria analisi e critica?
E, arrivando al punto, si può scrivere di una musica come questa per AVATAR, che il compositore ha impiegato un anno per crearla?
Prendiamo per buona questa affermazione (non ci sono motivi per pensare che non sia vera), a che conclusione può giungere chi ne deve parlare non da fan (che per definizione è fanatico) o da neofita ma deve altresì organizzare un discorso articolato in maniera strutturale, comparativa , qualitativa, avendo già digerito tutta la propedeutica all’autore? Dovrebbe probabilmente suggerire al buon Horner di cambiare lavoro, dato che la sua vena poetica con un intero anno a disposizione non ha saputo produrre nulla più che il solito melange deja entendu.
Dirgli con tutto il buon garbo possibile che se spremi spremi il succo che esce è tutto qua, bisogna buttare il limone!
Quindi con ogni probabilità Horner, e ammetterlo fa male a chi come il sottoscritto ha sempre tentato di assolverlo, di trovare delle tracce di bontà anche all’interno delle sue partiture più indifendibili, non ha più nulla da dire e da dare nell’ambito della musica applicata visto che i risultati di un anno di composizione sono i medesimi di quelli partoriti in quindici giorni (vedi Troy) ed è quindi più che lecito non aspettarsi più nulla da questo musicista.
Non si può assolutamente scusare un compositore che così colpevolmente getta via un’ occasione come questa, a prescindere dalla qualità (per ora sconosciuta) della pellicola di Cameron, perchè c’è la buonanima di Jerry Goldsmith, che ha scritto delle partiture clamorose per film orrendi (vogliamo discutere di quanto belli fossero film tipo The Final Conflict, Cassandra Crossing, Lionheart, Baby, Supergirl, First Knight o del suo capolavoro per quella mezza cavolata che è Legend?) a puntare il dito contro Horner: non basterà che il film sia brutto (dio non voglia) per assolvere costui dall’accusa capitale di accidia, di inedia.
Abbiamo davvero bisogno in tempi così bui per la musica da film di persone come Horner, dal quale si pretenderebbe perlomeno serietà, che continuano a fare del male al binomio già tanto bistrattato immagini-musica?
Non basta l’esercito di cloni che ormai ha ridotto l’arte della musica per film a mero montaggio di effetti sonori?
Non bastano gli Zimmer, gli Ottman, i Rabin, i Badelt, i Bates e i Tyler e tutti gli altri?
Quanto deve ancora durare questo lungo accanirsi, questo svilimento, questa umiliazione di un’arte che una volta era esclusivo territorio di veri, reali compositori e oggi palestra per sound designer?
Se le coltellate arrivano anche da musicisti come Horner, che la musica la conoscono, non ci resta davvero più nulla se non quelle mefitiche quattro note, il danger motif, come vengono chiamate, trasfigurazione blasfema delle quattro note della quinta beethoveniana che come un monotono, onnipresente,  nefasto memento da quasi trent’anni per mezzo di questo figlio degenere bussano alla porta della musica per film per celebrarne infine la morte.
AVATAR è probabilmente il De Profundis della musica per film, certamente della musica di Horner, che in un mondo dove esistesse ancora la figura di m..... si vergognerebbe di dire ad ogni piè sospinto che ha sudato dalle cinque del mattino alle due di notte per un intero anno per scrivere questo tragico bignamino musicale, con buona pace del buon Doug Fake di Intrada che incorona questa come la migliore partitura del 2009 perchè gli ricorda, dice lui, come era una volta la musica per film...
Resto allibito da una tale considerazione, fatta tantopiù da un personaggio che nel mondo della musica per film è stimato e considerato: come si possa affermare che il peggio o il meno peggio siano il meglio è un mistero che mi soverchia, mi atterrisce. Che questo sia davvero il meglio in giro oggi è, non una buona notizia come dice Fake, ma un vero e proprio incubo, dal quale chiunque sano di mente vorrebbe svegliarsi subito!
Questo è il meglio della musica per film nel 2009?
Questo è il paladino dell’arte che fu di Newman, Waxman, Korngold, Herrmann?
Checchè ne dica Fake un tempo le partiture per il cinema erano un’altra cosa e non bisogna stupirsi se l’infima qualità delle partiture di oggi, tolti rari casi, assolve il compito di alibi nei confronti di un fallimento musicale come quello di Horner: non è quello che stiamo vivendo un tempo dove la mediocrità, se non la totale incapacità di fare qualunque cosa, sono indicati come esempio, come modello?
Non è questa l’era degli ignoranti e degli impresentabili?
Se è ormai sano e serio, normale, sviscerare criticamente le filmografie orribili di Alvaro Vitali e osannare i cine-schifi natalizi di italica matrice, organizzare tavole rotonde sul trash cinematografico e creare delle riviste e dei siti che ne esaltano le ignominie come fossero Bergman e non solamente esibizioni di culi, tette, scoregge e parolacce, se è giusto che gli eroi siano questi come possiamo ancora stupirci di qualcosa?
La chiacchera da cortile ormai fa notizia, è opinione, va rispettata e così tutti dicono la loro con presunzione, con stolida convinzione grazie alla troppo facile esposizione che internet dà al pensiero di chiunque, al patologico bisogno di protagonismo fine a se stesso che il martellamento rincoglionente della televisione ha creato e la massificazione informatica ha inossidabilizzato.
E allora ecco già nati il partito di chi difende la musica di AVATAR e quello di chi la schifa, sempre e tutto in nome del sacrosanto, intoccabile, inalienabile gusto personale e stop, senza mai un briciolo di sano approfondimento critico, senza il minimo bagaglio culturale di qualsivoglia specie, con dibattiti che ormai sono lo specchio informatico di quelli delle aie televisive dove i maledettissimi uomini e donne qualunque si starnazzano uno contro l’altro in un italiano solitamente pessimo...
Qualunque stupidaggine ormai è Verbo grazie ad Internet.
Un tempo per scrivere di qualcosa, non bastava sedersi in pigiama davanti al computer, ma si doveva perlomeno crearsi dei contatti, farsi conoscere, scrivere almeno qualcosa di buon senso, e soprattutto spedire a qualcuno i propri scritti che li vagliava prima di pubblicarli facendo da  filtro anche e soprattutto alle cretinate: oggi non più, oggi basta che un deficiente qualunque nell’angolo più remoto del pianeta proponga su qualche blog di ammazzare questo o quel personaggio che subito qualche altro demente si unisce al coro.
Ma questo non vuole assolutamente diventare un pamphlet contro internet, che pure i suoi meriti, e sono molti, li ha.
Qui si vuole sostenere che con AVATAR Horner fa molto più male alla musica per film di qualunque Zimmer o chi per lui, perchè mentre da costoro non ci si aspetta nulla, si sa bene che limiti terribili abbiano, da uno come Horner ci si aspetterebbe perlomeno la serietà e l’integrità che dovrebbe avere chi compone: Herrmann avrebbe sputato in faccia ad uno che pur sapendo comporre in maniera classica (argomento che viene sempre posto in difesa di Horner) non sforza un sopracciglio per scrivere qualcosa di nuovo, ma anzi fa di tutto per dare alla critica seria argomenti per potere definitivamente demolire la musica per film, continuando a scopiazzare da tutti i compositori classici e da se stesso, dopo che per quarant’anni i compositori seri da Steiner a Williams si sono seriamente spezzati la schiena col loro lavoro e hanno combattuto contro l’ostracismo più incancrenito imperterriti ed eroici per dare una dignità a quest’arte.
E cosa dobbiamo dire noi, che da vent’anni combattiamo e tentiamo di fare capire come possiamo, che la musica per film è MUSICA e non solo accozzaglia di note sgrammaticata e senza ispirazione, se quello che abbiamo davanti alle nostre orecchie oggi, dopo tutto, è proprio una marea, uno tsunami di musica per film che c’è da vergognarsi ad ascoltare ed è impossibile e assolutamente inutile difendere?
Davvero questo compositore non prova un briciolo di imbarazzo a continuare a riproporre da anni (scusate ma la cosa mi ossessiona davvero...), come tema portante di quasi tutte le sue partiture, l’infausto tema di quattro note che abbiamo già citato?
Posso accettare, non capire, l’idea del cameo horneriano (come se fosse Hitchcock...) ma Hitch appariva di sfuggita nei suoi film, non faceva il protagonista in tutti!
Ma si rende conto questo signore di essere indifendibile?
Eppure tant’è, e Horner si giustifica stolidamente nelle interviste dicendo cose anche condivisibili, e cioè che comunque il pubblico cinematografico non è preparato per una musica estrema, che bisogna quindi restare nel solco di una musica codificata, che più di tanto non si può sperimentare nella musica per film, e via discorrendo, poi ascolti la partitura e pensi: ci stà prendendo per i fondelli!, evidentemente pensa che un film e la gente che va al cinema non meritino nulla, nemmeno un briciolo di rispetto!
Perchè il fatto che nel film la musica funzioni non basta a giustificarlo.
Perchè anche Goldsmith e Williams e Herrmann dovevano combattere contro i suoni del film ma non si tiravano indietro e tentavano sempre di scrivere una musica nuova, strutturata, importante , spesso anche difficile, con la consapevolezza che magari tante belle cose non si sarebbero sentite ma che l’integrità artistica viene prima di tutto.
Puzza tanto di autoassoluzione, invece,  quello che Horner dice, perchè è conscio del fatto che la sua partitura è fallimentare, che il suo anno di composizione, se fosse una prova di conservatorio, sarebbe da ripetere perchè pur non essendoci errori formali, sul piano contenutistico è un aborto.
E il poco di buono che c’è in AVATAR, e c’è ed è davvero poco, deve solo fare arrabbiare ancora di più, perchè è lì che Horner denuncia il dolo, la premeditazione del delitto musicale e si autodenuncia nel tentativo disperato di autoassolversi anche creativamente.
Non è più questione di vedere il mezzo bicchiere pieno o vuoto: è cosa c’è dentro il bicchiere che importa ed è rancido, puzza oltre che scarseggiare.
Con AVATAR Horner si unisce definitivamente a quel branco di terroristi musicali che si è messo in testa al mondo della musica per film e la sta pilotando a rotta di collo verso il baratro più oscuro e non basteranno le tante anime pie a salvarla. Non basteranno i Giacchino, i Desplat, i Rombi e tutte quelle povere rondini che, da che mondo è mondo, non fanno e non faranno mai primavera.
Non potranno pochi eroi combattere e vincere contro un branco immenso di produttori, registi e musicisti sordi, musicalmente ignoranti, amorali e biechi.
E se il 2009 è stato uno degli anni più bui della musica per film il 2010 sarà peggio, finchè questa nobile arte musicale creata all’inizio del Novecento morirà di inedia, di immobilismo, quando i compositori, come già oggi accade per la maggior parte dei film, non serviranno più a commentare un film in musica, ma basterà un ingegnere del suono esperto in musica da film, che assembli la colonna sonora ideale per il film e finalmente la musica per cinema sarà archeologia pura.
E che ci crediate o no, AVATAR è un altro tassello fondamentale nel mosaico dell’ incombente giorno del giudizio della musica per film.
Ecco perchè, in fondo, AVATAR è forse la partitura cinematografica più importante del 2009: per il tradimento perpetrato alla sua stessa ragion d’essere.

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