Los Abrazos Rotos

cover_los_abrazos_rotos.jpgAlberto Iglesias
Gli abbracci spezzati (Los Abrazos Rotos – 2009)
Emi Music 5099963785221
25 brani (21 di commento + 4 canzoni) – Durata: 56’ 52”



Torna Pedro Almodóvar, torna Penélope Cruz e torna anche Alberto Iglesias (già autore, per il regista spagnolo, delle colonne sonore di Tutto su mia madre, Parla con lei, La mala educacion e Volver).

Tornano con Los Abrazos Rotos (Gli abbracci spezzati), un melodramma colorato e carico - di passioni, di lacrime, di sangue, di cuori affamati e spezzati - eppure anche molto semplice nella sua linda, compassionevole e affettuosa spietatezza. Quella peculiare naturalezza espressiva delle ultime opere di Almodóvar che viene spesso definita come “fluidità” si può rintracciare anche nelle note di Iglesias, belle di una bellezza semplice e netta (magnetici, nella loro brevità, i “Titulos de Crédito”), ottenuta però non per banale sottrazione, ma attraverso una ricchezza strumentale e melodica instancabile che si immerge con veemenza in atmosfere fatte di oscura seduzione e di tristezza grave (“Llamadas Telefonicas”) , o in una durezza da noir (il mistero, inteso nella sua connotazione più cinematografica e cinefila, è una componente importantissima nel film) evidente, ad esempio, in “El Espía Atrapado” e “Caida, Recogida Y Rayos X ”. Iglesias è minuzioso. Non tanto nel seguire le svolte dell'intreccio, quanto nel tessere una partitura che è sì di impatto immediato ma anche ricca di perle impercettibili ad un ascolto poco approfondito: strumenti che affiorano, svaniscono e poi ritornano, piccoli momenti melodici nascosti nelle tracce che si imprimono e prendono al cuore.
Si ascolti il brano “Los Abrazos Rotos”: parte con un ritmo rotolante, fortemente seduttivo e languido. C'è la chitarra, ci sono gli archi, Iglesias mette le emozioni in primo piano senza esibirle, con delicatezza.
L'accorata “Final y A Ciegas” contiene, come da titolo, la versione di “A Ciegas” riarrangiata dallo stesso Iglesias e cantata da Miguel Poveda.
Un approccio personale, quello del compositore. Non si piega al commento cinematografico superfluo e nemmeno ambisce a costruire significati complessi duellando con le immagini. Iglesias cura la sua musica, solo quella, con amore e competenza, e ne fa dono generoso ai fotogrammi di Almodóvar.

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