When You Wish Upon a Star

cover frisellBill Frisell
When You Wish Upon a Star (2015)
Okeh Records 88875142212
16 brani - Durata: 63’26”

Pensate che trascrivere la musica herrmanniana di Psyco per chitarra, voce e viola sia una follia? O che le raffinatezze impressionistiche di Il buio oltre la siepe non possano essere restituite che nell’orchestrazione originaria di Elmer Bernstein? O, ancora, che le sublimi linee melodiche di Morricone per C’era una volta il West siano intraducibili in contesti altri da quello voluto dall’autore?

Ebbene, ecco l’album fatto apposta per incrinare queste certezze. A firmarlo, con notevole coraggio, è Bill Frisell, ossia una leggenda vivente del jazz contemporaneo, ma anche – attenzione – un incessante contaminatore di stili, aree, tecniche e repertori. Ne discende che la riproposta di pagine celebri e meno celebri della musica cinematografica di ieri e di oggi ha tutto fuorchè un sapore nostalgico o di devozione celebrativa: coadiuvato da un quartetto di musicisti di eccellenza (Eyvind Kang alla viola, Thomas Morgan al basso, il percussionista Rudy Royston e la celebre violinista e cantante newyorkese Petra Haden) il 65enne chitarrista di Baltimora rilegge i brani con un’aggressività innovativa e parafrastica sensazionale, senza la minima sudditanza ma cogliendo in pieno – pur nelle scelte timbriche radicalmente divergenti dagli originali – il nucleo fondativo pensato dai compositori, in qualche caso addirittura enfatizzandolo con un rilievo inedito. Non c’è che l’ascolto, attento e scevro da pregiudizi, per sincerarsene.
Ad esempio, la minisuite divisa in due parti da Il buio oltre la siepe cattura immediatamente, isolandolo nella linea della viola e negli arpeggi della chitarra, l’epicentro melodico e crepuscolare della partitura bernsteiniana, che d’altronde vive essa stessa di un afflato sostanzialmente cameristico; e se la versione di “You only live twice” di Barry da Agente 007 si vive solo due volte trova nel canto malinconico e vagamente salmodiante della Haden una versione alternativa - ma egualmente suggestiva – a quella originale di Nancy Sinatra, è proprio con i due brani da Psyco che si è colti da stupore. Nei Main Title, Frisell rimpiazza brutalmente violini primi, secondi e viole con accordi di chitarra, delegando poi alla viola la lamentosa linea melodica intermittente e lasciando a batteria e basso l’onere dell’incalzare ritmico: il risultato è di una sinistra, demoniaca efficacia. Nel secondo brano, che corrisponde a “Hotel room”, Frisell mantiene la tonalità originaria e sposta l’ostinato delle viole su chitarra e viola, incaricando la Haden di vocalizzare la spettrale melodia sovrastante, con basso e batteria ancora una volta a garantire la ritmica. L’effetto è agghiacciante e insieme di profonda, desertica malinconia, molto prossima al pensiero originario del compositore. In una intelligente alternanza, l’album incrocia queste pagine spericolate e sorprendenti con altre più carezzevoli e concilianti; così è ancora la voce morbida e dolcissima di Petra Haden a rileggere la meravigliosa, crepuscolare “The shadow of your smile” di Johnny Mandel scritta per Castelli di sabbia, in una lunga versione la cui seconda parte offre a Frisell il destro per un saggio delle sue eccezionali doti di improvvisatore-variatore. Del tutto a loro agio nella più pura atmosfera western, i musicisti si slanciano poi in una breve ma pimpante versione del main theme di Jay Livingston e Ray Evans per la serie tv d’antan Bonanza, prima di cimentarsi con il “mèlos” morriconiano di C’era una volta il West: qui il tema principale vibra nel canto trattenuto della viola sopra gli arpeggi liquidi della chitarra, mentre la Haden prende temerariamente il posto di Edda Dell’Orso nell’alzare il suo canto struggente, senza nemmeno cercare di replicarne i picchi sopranili e siderali ma lasciandosi invadere dalla melodia in perfetta sinergia con gli altri strumenti; il risultato è una “ballad” toccante e rispettosissima dell’idea generatrice del maestro romano. Più problematica la resa di “Come una sentenza”: l’eleganza formale della chitarra di Frisell ha poco a che spartire con le sonorità lancinanti, vere coltellate, dell’originale, e la mancanza dell’armonica – o di chi per essa – sottrae alla pagina quella struttura binaria sovrapposta che ne rappresenta il nucleo; affettuosamente spiritoso è invece “Addio a Cheyenne”, con la viola a rimpiazzare il banjo.
La pagina disneyana di Harline e Washington da Pinocchio cui è intitolato l’album, è ancora affidata a Petra Haden, che si produce in un’altra interpretazione limpida, struggente e di francescana semplicità: voce, basso e chitarra. Dopodiché si apre lo spazio per una chicca: Frisell è infatti anche compositore in proprio, e tra le sue fatiche nella musica per immagini (prevalentemente documentari, corti e tv) c’è un corto d’animazione horror-parodistico, Tales from the Far Side (194, Mary Newland, con un sequel nel ‘97). Il theme di Frisell è tutto sapientemente intessuto su stereotipi “scary” volutamente enfatizzati (temi corti e cromatici, alternanze ossessive di accordi minori), che diventano base ottimale per il consueto caleidoscopio di variazioni del solista. Tutt’altra storia con una versione del manciniano “Moon river” che, pur andando ad aggiungersi alle innumerevoli cover dell’indimenticabile brano di Colazione da Tiffany, trova ancora nella duttilità e sensibilità vocale di Petra Haden un’interprete ad un tempo impeccabilmente fedele e straordinariamente moderna, ancora una volta accompagnata solo da basso e chitarra. Tocca invece alla viola, più gemente e lamentosa che mai, rischiando persino qualcosa sul fronte dell’intonazione, offrire il tema di Nino Rota da Il Padrino (anche qui non si può dire che Frisell tema i confronti...), con un esito che sottrae completamente la pagina a qualunque folklore localistico e ne estrapola piuttosto il tematismo lirico funebre. Altra sorpresa è il tema di un grande della Golden Age come David Raksin per Il bruto e la bella: uno slow fluttuante e morbido, in cui la voce della Haden fa da strumento leader nel dipanare la melodia notturna e avvolgente.
Ed è ancora all’insegna di una “rarity” che Frisell ha voluto chiudere l’album, andando a ripescare “Happy trails”, canzone scritta nel 1952 dalla cantante e attrice Dale Evans in coppia con il marito-attore-cowboy Roy Rogers per quello che negli Usa fu un celebre programma radiofonico degli anni ‘40 poi divenuto popolarissimo show televisivo negli anni ‘50: anche qui, l’impianto country trova nella voce – raddoppiata – della Haden e nell’arrangiamento del chitarrista una tonalità insieme nostalgica e decisamente ironica.
Che sono poi i colori primari di questo CD decisamente anomalo, divertente, di rara intelligenza e perspicacia concettuale.

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