Oscar & Lucinda

Cover Oscar & LucindaThomas Newman
Oscar & Lucinda (id., 1997)
Sony 0-7464-60088-2-9
29 brani – durata: 55’26’’



Delicato e poco noto film del 1997, Oscar & Lucinda di Gillian Armstrong, tratto dal romanzo omonimo di Peter Carey, è una storia d’amore bizzarra e fantasiosa tra due anime complesse, libere e coraggiose per la quale la regista australiana si avvale nuovamente, dopo Little Women, della collaborazione di Thomas Newman. Il compositore si trova a dover fondere musicalmente le diverse componenti emotive del racconto, dal romanticismo alla spiritualità religiosa, dal dubbio interiore e dal senso di colpa che attanagliano soprattutto Oscar alla festosità dei pochi momenti lieti e giocosi che la storia concede ai suoi protagonisti (a tal proposito, spicca l’allegra bellezza del brevissimo “Floorwashing”). Newman punta alla dolcezza elegante e riflessiva (“Sydney Harbor”, “Letters on the Mantel”), non rinuncia a quella particolare gradevolezza e armonia tipica delle partiture di molti film in costume (siamo infatti nel diciannovesimo secolo, a cavallo tra Inghilterra e Australia) ma fa anche risaltare le peculiarità del racconto, dando una qualità sonora ai due elementi che costituiscono, oltre al gioco delle carte (“One Obsessive”, “The Other Compulsive” vanno a descrivere le attitudini dei due verso il gioco d’azzardo), una vera e propria ossessione per la coppia di personaggi principali, vale a dire l’acqua, che terrorizza Oscar, e il vetro, che invece affascina irresistibilmente Lucinda. E così spiccano i suoni cristallini e tintinnanti dell’introduttiva “Prince Rupert’s Drop” (il titolo si riferisce ad un tipo particolare di goccia di vetro che segna l’infanzia di Lucinda) il cui tema musicale si svilupperà più compiutamente in “The Church of Glass”, che rappresenta l’attimo in cui i sogni, i desideri e le visioni di Oscar e Lucinda sembrano realizzarsi, l’attimo in cui la scommessa con l’Eterno sembra vinta, e tornerà infine negli “End Titles”. I toni drammatici e oscuri trovano invece spazio in “Prayer Wounds”, “The Murder of the Blacks” e soprattutto nella spaventosa “Aqua” che sembra non offrire più alcuno spazio alla melodicità splendente di molti dei pezzi precedenti per privilegiare invece l’ossessività impaurita e soffocata che abita i pensieri di Oscar; più dolce ma ugualmente amara e desolata “The Caul”, che ripropone la melodia di “The High Downs and The Sea” andando così a chiudere il percorso di vita grande, originale e coraggioso, ma destinato alla sconfitta, compiuto da Oscar. Una sconfitta che però è solo esteriore, e la fluidità trionfante dei già citati “End Titles” è lì a dimostrarlo: la vittoria, per Oscar e Lucinda, sta nell’aver creato e nell’aver vissuto, da esseri umani pienamente liberi. Hanno scommesso con il Cielo in piena consapevolezza, e la limitatezza della Terra, che ha demolito i loro piani, perde potere e importanza. Perchè una Chiesa di vetro è forse impossibile da costruire e da trasportare. E molto probabilmente è inutile. Ma resta comunque bellissima.

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