Ricky

cover_ricky.jpgPhilippe Rombi
Ricky – Una storia d’amore e libertà (Ricky, 2009)
Music Box Records MBR – 059
17 brani – durata: 34’07”



Philippe Rombi (Giù al Nord, Asterix e il regno degli dei) è un compositore francese di 47 anni, ha al suo attivo più di una quarantina di colonne sonore ed è uno dei più talentuosi e originali autori di musica da film delle nuove generazioni d’oltralpe; una voce capace di uscire dai propri confini europei e divenire internazionale grazie alle sue doti sublimi nel creare melodie sinfoniche, a tratti minimali, affascinanti e colme di idee meravigliose.
Tra i sodalizi che ha creato nella sua giovane carriera, Rombi ha stretto una particolare e fruttuosa collaborazione con il regista francese, di un anno più grande di lui, François Ozon: “I suoi film sono caratterizzati da un forte spirito satirico e da un’ampia analisi della sessualità umana” (come riporta Wikipedia).
Insieme hanno curato dieci film dal 1999 al 2014 (Amanti criminali, Sotto la sabbia, Swimming Pool, CinquePerDue – Frammenti di vita amorosa, Angel, la vita, il romanzo, Ricky – Una storia d’amore e libertà, Potiche – La bella statuina, Nella casa, Giovane e bella e Una nuova amica) sempre sul filo di un romanticismo tra il fantastico e il reale, con picchi di sensualità liberatoria e dialoghi al fulmicotone, tra genio e sregolatezza sia in musica che in immagini; un connubio perfetto che fa corrispondere ad ogni nuova pellicola straordinaria un’altrettanto nobile partitura. Di quei sodalizi da studiare nelle scuole di Cinema e nei corsi di musica per film!
Quella che andiamo a recensire è la OST del 2009, pubblicata da poco dall’etichetta francese Music Box, di Ricky – Una storia d’amore e libertà: film tra la commedia drammatica e il fantasy, narrante la storia di Katie, una donna normale, che incontra Paco, un uomo comune, e qualcosa di magico accade. Una bella storia d’amore dalla quale unione un bambino stupefacente nasce: Ricky. Rombi compone, orchestra e dirige l’Orchestre symphonique Bel Arte (la sua prediletta) in un avvicendarsi di pagine tra il sinfonico e il sintetico, con vari momenti cupi e alieni nei suoni, interpolati da un tema portante per pianoforte solista (lo stesso compositore lo suona) di delicatissima armonia: lo si ascolta nell’introduttivo e bellissimo “Ricky (thème)”, una ninnananna soavemente cullante e dolce, anche se ad un ascolto attento sottintende qualche oscuro segreto che nell’apoteosi del violoncello e violino solista su archi trepidanti raggiunge vette di un lirismo avvolgente. Dal secondo brano, “Pré-générique”, in poi l’atmosfera si incupisce con suoni dei synth mischiati all’orchestra d’archi e fiati, come già accennato sopra, cupi, angosciosi, in cui cerca di farsi largo il pianoforte, a tratti dolente, dall’incedere orrorifico e connotativo di tanto cinema di genere thriller (vedi “Générique début”, “Les premiers jours” o “Naissance”). Il leitmotiv esposto dal violoncello solista e dalle arpe riappare fugacemente e mesto in “Nuit sur le lac”, subito dopo tutto si ottenebra in “Lisa”, pezzo horror giocato sulla tensione degli archi, arpe e piano. “Evolution” ripresenta il tema in forma carillionistica e ascetica. Glissandi degli archi e tremoli vari sprofondano l’ascoltatore in un pozzo di orrori nel brano successivo, “Conséquences”, tre minuti di paura in note con ostinato conclusivo che sembra voler portare la luce in cotanto buio, vere tenebre dell’anima. “L’hopital” inizia con un piano saltellante per poi dare libero sfogo ad un organo lugubre con una nota tenuta all’infinito, “Seule” è accompagnato dagli archi in levare tensivi e le arpe in controcanto. “Le retour de Paco” appare come un pezzo herrmanniano (come quasi tutta la partitura a dire il vero!) con i suoi archi in crescendo aggressivi. Un’apertura ariosa dal sinfonismo sereno e inneggiante si ascolta in “L’envol” che nella seconda parte diventa un brano d’azione compulsivo con chiusura sospensiva. “La révélation” ci regala il tema principale per piano solo, su tappeto d’archi, nel suo aspetto più tenue e fanciullesco. Il finale con “Générique de fin”, come è logico che sia, è una chiara e leggiadra ripresentazione del leitmotiv in tutta la sua bellezza compositiva struggente.  
Chiude l’album la canzone di Cat Power, “The Greatest”, leggera e carezzevole.  

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