Rush Hour 3

Rush Hour 3Lalo Schifrin
Rush Hour - Missione Parigi (Rush Hour 3, 2007)
Varèse Sarabande 302 066 834 2
19 brani – Durata: 50'45"

Squadra che vince non si cambia”, recita il vecchio adagio. E così, ecco che anche per il terzo capitolo della serie poliziesca/kung-fu Rush Hour tornano i protagonisti Jackie Chan e Chris Tucker, il regista Brett Ratner, lo sceneggiatore Jeff Nathanson e, sul podio del direttore d'orchestra, il grande Lalo Schifrin.

Fu Ratner a volere a tutti i costi Schifrin come autore della partitura del primo film: il regista voleva ricreare infatti il sound delle colonne sonore degli anni '70 ed aveva in mente soprattutto il leggendario score de I tre dell'operazione drago. Il compositore rispose con un rinnovato e freschissimo entusiasmo, dopo diversi anni passati lontano dalle scene cinemusicali hollywoodiane, proponendo una vera e propria rivisitazione di quella sua classica partitura. Schifrin infatti ritornò agli stilemi e alle caratterizzazioni musicali che sottolineavano le sue partiture per film come Dirty Harry, Bullitt, ma soprattutto Enter the Dragon, ossia una commistione irresistibile tra jazz, funk e sinfonismo. Così anche per la terza puntata, Schifrin rivisita il sound e le orchestrazioni che lo hanno reso popolare in passato, come dimostrano la traccia iniziale (“Main Title – Rush Hour Theme”, affidata a pianoforte, basso, batteria e chitarra elettrica, che accompagnano l'orchestra) o alcuni dei momenti di puro divertentissimo funk sinfonico (“Dragon Lady”, “Bikers”), dove soprattutto la sezione degli ottoni e quella delle percussioni rispondono con grande gusto. Il compositore argentino qui sembra volersi divertire anche con le sfumature e le possibilità timbriche offerte dall'orchestra (“In the Sewers”, “Farewell to Kenji”). La pellicola offre poi a Schifrin la possibilità di destreggiarsi in tessiture orientali (“Su Yung Returns”, “Hiding Su Yung”, “Shi Shen”) e piccole parentesi parigine (“Two Americans in Paris”), aggiungendo così ulteriori colori alla già variopinta tavolozza orchestrale. Impeccabile poi la capacità con cui Schifrin riesce a commentare tensione e dramma (si ascolti tutto il finale in crescendo di “Eiffel Tower Meeting”) e la destrezza con cui riesce sempre a manipolare le idee tematiche principali. Ma, come si diceva, è soprattutto nelle pagine d'azione che il compositore sfodera un piglio energico di grandissima ed invidiabile capacità tecnica (“Chasing the Assassin”, “Hospital Gunfight”, “Swordfight”), in particolar modo nella ricchissima scrittura per percussioni. In generale forse si potrebbe osservare che una colonna sonora del genere sia solo un esercizio di stile o di alto artigianato, ma visti i tempi che corrono ci sarebbe quasi da gridare al miracolo. La verità è che fa sempre un gran piacere sentire che vecchie volpi come Lalo Schifrin siano ancora capaci di una freschezza e una vitalità (oltre ad un mestiere solido come la roccia) che la gran parte dei colleghi più giovani si possono solamente sognare.

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