The Namesake

The NamesakeNitin Sawhney
Il destino nel nome (The Namesake, 2006)
Decca/Foxmusic 475 9152
21 brani (9 canzoni e 12 di commento) – Durata: 51’10”

Dopo Monsoon Wedding, la regista indiana Mira Nair torna sugli schermi con The Namesake, tradotto in italiano con Il destino nel nome. Si tratta della storia di una coppia indiana emigrata negli Stati Uniti, Ashoke e Ashima e dei loro figli, uno dei quali, chiamato Gogol, come il celebre scrittore russo, dà, con il suo strano nome e il destino a esso legato, il titolo al film.

La colonna sonora è firmata da Nitin Sawhney, quarantenne indiano di seconda generazione cresciuto a Londra, artista che ha costruito la sua opera intorno all’incontro e alla fusione tra la musica tradizionale indiana e i moderni ritmi occidentali, caratteristiche che si ritrovano anche nell’intera partitura di The Namesake.
Il tema principale è una melodia tipicamente orientale, suonata con strumenti altrettanto tipicamente orientali, quali sitar, sarangi, santoor e flauti indiani, ma, proprio come l’intreccio del film narra l’incontro tra la cultura indiana e quella statunitense, anche la musica unisce ritmi tradizionali a modernissimi ritmi tecnologici. È il caso, per esempio, del rap "The Chosen", non un rap a tutti gli effetti, bensì una sorta di variazione sul tema di un brano tradizionale indiano trasformato e modernizzato ad hoc. Ma l’esempio più evidente di questo scontro tra culture, musicali e non, è rappresentato dal pezzo "Flight IC408": il tema che, come da titolo, fa da sottofondo al volo dall’India agli Stati Uniti è introdotto dall’annuncio del medesimo, in inglese, il quale ricorda "Samarcanda" di Roberto Vecchioni (C’era una grande festa nella capitale, perché la guerra era finita…), per proseguire poi con ritmi orientaleggianti, interrotti di tanto in tanto dal ripetersi del nome del volo, Flight IC408.
Ma non mancano i brani interamente tradizionali, come la "Baul Song" e le canzoni intonate dalla vocalist Mitali Bhawmik.
Nel complesso, è una partitura interessante, proprio grazie ai contrasti tra i ritmi orientali e quelli occidentali, che rischia, però, di risultare stancante, a causa della ripetitività delle musiche indiane.

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