Corruzione al Palazzo di giustizia

cover_corruzione_al_palazzo_di_giustizia.jpgPino Donaggio
Corruzione al Palazzo di giustizia (1975)
Fin de Siècle Media -  FDS27 (2007)
16 brani – Durata: 37'07''



Dall'omonimo dramma teatrale di Ugo Betti, Corruzione al Palazzo di giustizia è il secondo lungometraggio diretto dal regista romano Marcello Aliprandi, che veniva proprio dal teatro, essendosi dedicato a numerose regie nel corso degli anni Sessanta. Dopo il debutto con La ragazza di latta del 1970, Aliprandi tornò dietro la cinepresa quattro anni più tardi con questo noir d'indagine che ottenne buoni consensi di pubblico e critica, con un notevole cast che comprendeva Franco Nero e Umberto Orsini fra gli italiani e lo spagnolo Fernando Rey e l'americano Martin Balsam fra gli stranieri.
La OST di Pino Donaggio, originariamente pubblicata su LP dalla Carosello Records, è stata riversata per la prima volta su CD dalla label francese Fin de Siècle Media nel 2007, mentre nell'autunno 2013 la stessa Carosello ha digitalizzato le tracce del vinile originale mettendo a disposizione l'album mp3 della colonna sonora.
La collaborazione tra il compositore veneziano e il regista romano risale curiosamente al periodo cantautorale di Donaggio, nel 1973, quando Aliprandi firmò insieme a Donaggio il testo letterario della canzone “Da capo”, arrangiata da Ninni Carucci e inserita nell'LP album “È difficile... ma non impossibile... vivere insieme” e di fatto denunciata nell'LP come facente parte della colonna sonora del film, ma non presente nell'album della OST. Poi la collaborazione dei due artisti proseguì nel cinema con l'interessante thriller psicanalitico Un sussurro nel buio del 1976, per approdare dunque alla televisione nel 1978 con il film Quasi davvero, cui seguì la commedia cinematografica sul nudismo Senza buccia (con Ilona Staller, 1979), la trasposizione televisiva del racconto fantastico La mano indemoniata di Massimo Bontempelli del 1981, fino al fanta-thriller religioso Morte in Vaticano del 1982 per il grande schermo. Il settimo e ultimo film della coppia sarà Soldato ignoto del 1995, due anni prima della prematura scomparsa del regista avvenuta a Roma nell'agosto 1997. Aliprandi è dunque uno dei registi con i quali Donaggio ha lavorato maggiormente nei suoi quarant'anni di carriera di musica per film.
Il 33enne Pino Donaggio è praticamente al suo esordio con la musica per il cinema perché, nella sua filmografia ufficiale, Corruzione al Palazzo di giustizia è il secondo titolo dopo Don't Look Now di Nicolas Roeg del 1973 e il primo film italiano da lui musicato. Le connessioni con la produzione cantautorale sono esplicite fin dal tema principale del film, quello dei titoli di testa, ovvero “Al palazzo di giustizia”, nel quale le figure ritmiche degli archi sono mutuate dall'incipit pianistico della canzone “La voglia di vivere” composta da Donaggio nel 1973 su testo di Bruno Lauzi. Al sostrato ritmico degli archi, freddi e ossessivi, si sovrappone il motivo della tromba su una poliziesca melodia di umore dark jazz che si sviluppa in scala con inserti acuti di voci femminili in funzione di ripieno arrangiamentale. L'intervallo di seconda dei titoli viene riproposto, anche con metronomo differenziato, in alcune sequenze del film per sottolineare momenti particolarmente importanti per la comprensione narrativa (per esempio quando Franco Nero riesce ad aprire la cassaforte nella quale è contenuto un fascicolo segreto di estrema importanza). In “Archivio”, dopo l'esposizione di questo ostinato cellulare, ascoltiamo uno sviluppo strutturale in forma di giga barocca con archi, pianoforte e il flauto e la tromba che condiscono l'affresco con le note del motivo riproducibile (ovvero il salto di sesta minore con appoggio sulla sensibile) e il successivo prosieguo in scala con l'aggiunta motivica dei gradi in andamento progressivo. In “Corruzione”, all'ostinato si succedono sovrapposizioni archistiche che, sollecitate dai rintocchi pianistici, sfogano in un sincrono tensivo. Tra i motivi ricorrenti e variati è il tango/valzer “Goja al cabaret”, canzone di derivazione funzionale-intradiegetica (sincronizzata fuoricampo con la voce dello stesso Donaggio in duetto con Hanach Evelyn) come siparietto canzonatorio-cabarettistico retro outfit riservato al corrotto industriale Carlo Goja (interpretato da Balsam), poi ripreso con varianti timbrico-contestuali in funzione esterna leitmotivica ma anche caricaturale, a tradurre un continuo gioco di marionette manovrate da fili invisibili che inseguono una verità che nessuno di loro è in grado di conoscere e condividere nel carosello del “tutti contro tutti”. Nel clima sacrale del classicheggiante “Eccellenza” di bachiana fattura si inserisce il timbro stentoreo dei celli che accompagnano la deambulata entrata in scena per l'appunto del cosiddetto Eccellenza (interpretato dal caratterista Umberto D'Orsi, ovvero il Cavalier Catellani della partita a biliardo con Fantozzi nel coetaneo film di Luciano Salce), un politico corrotto che collude col Goja. Ostinato nel suo andamento ossessivo di gusto jazz col basso e il rullante ma con spasmi di corde e toni vicini di intangibile irrequietudine è il brano “Indagine”. Nel gruppo delle tracce tensive si inserisce anche “Trasferimento”, un minimalistico dialogo tra gravi gittate pianistiche e protuberanze d'archi in completamento logico, poi in aumentazione di esigenza pellicolare, ma ricondotte al basilare gametico iniziale. Nel citazionistico “Promoveatur ut amoveatur” il tema della tromba è spoglio e quasi in funzione trenodica da duello (Dani si sta infatti per incontrare in archivio con Prandon e tra loro si svolgerà realmente un duello a colpi di inganni e accuse, culminante poi con la morte di infarto del secondo). C'è il dark jazz, il tensivo dell'inquiry poliziesca, ma non manca lo slancio nostalgico-melodico che viene associato alla fragilità del personaggio di Elena, l'infelice figlia del giudice Vanini, che finge di non conoscere le tresche del padre e che lotta con una dipendenza da stupefacenti. Intorno a questa figura troviamo un medesimo proposito creativo già riscontrato nel precedente Don't Look Now, con un motivo dolce e struggente che, in funzione intradiegetica, ascoltiamo nascere dalle mani stesse della ragazza (aspirante concertista) che lo suona al pianoforte di casa (traccia “Notturno”, eseguita in realtà al piano dalla stesso Donaggio - come avvenuto per altro anche in “John's Theme (Children Play)” del citato thriller di Roeg). Ascoltando il tema con attenzione si scopre quell'inconfondibile touch che caratterizzerà i temi pianistici composti da Donaggio in varie pellicole future, con particolare rimando alle esperienze depalmiane (non per ultimo “The Breakdown” della più recente OST di Passion), ove si mescolano umori di genealogia barocca a più romantiche libere incursioni nella letteratura debussiana. “Passeggiata” propone il tema legato a Elena col ricorso al flauto traverso (preludio all'imminente tema di Carrie e strumento-feticcio per Donaggio), mentre gli arpeggi dei celli in “Solitudine” rendono il tema ancora più penetrante e malinconico ed è lo stesso che nella traccia “Finale” commenterà l'abbandono del giudice Dani ripreso da una panoramica dall'alto disteso sulla scalinata del palazzo di giustizia (dove il film era cominciato), al quale però segue, nello scroll dei titoli di coda, il motivetto cabarettistico di Goja, a riprova che la corruzione è un grande e assurdo gioco a scacchiera, ove ognuno è costretto a mangiare qualcuno per non essere a sua volta mangiato.

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