Tron Legacy

cover_tron_legacy.jpgDaft Punk
Tron Legacy (Id. - 2010)
Walt Disney Records 50999 9084702 8
22 brani più Bonus contenente video, foto gallery e trailer - Durata: 58’06”

Al secolo Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, entrambi parigini e sotto la quarantina, i Daft Punk sono considerati tra i gruppi protagonisti della scena techno-dance europea: celebri per apparire in scena vestiti da robot, praticano un cocktail di stili (acid house, electro ecc.) spesso supportato da forti suggestioni visive che rendono i loro video materia appetibile per registi visionari come Spike Jonze o Michel Gondry e la loro stessa musica materia facilmente malleabile in termini di visionarietà techno-sinfonica. Già, perché i Daft Punk, qui per la prima volta direttamente in veste di autori di soundtrack, declinano immediatamente la loro gratitudine a gente che si chiama John Powell, Hans Zimmer, Harry Gregson-Williams, Christophe Beck. Se aggiungiamo che questo imponente “score” si avvale delle orchestrazioni di Joseph Trapanese, della consulenza di Bruce Broughton e della robusta direzione di Gavin Greenaway, abbiamo chiaro, sin dallo scultoreo, wagneriano profilo dell’Overture, che siamo dinanzi ad un’operazione ambiziosa e – in linea teorica – assai meno stilizzata e sperimentale di quanto fu l’avveniristica partitura elettronica di Wendy Carlos composta nel lontanissimo 1982 per quel Tron di Steven Lisberger che aprì una fase di cinema sperimentale, interamente basato sulla computer-graphic, per la Walt Disney; e del quale ora il film di Joseph Kosinski rappresenta un sequel narrativamente coerente ancorchè molto dilatato nel tempo e tecnologicamente spericolato.
La partitura dei Daft Punk si basa su un respiro tematico amplissimo, accorato, classico, che si riassume bene nello stupendo solo di violoncello dell’“Adagio for Tron”, ma che s’impone un po’ dovunque in una concezione molto strumentale, acustica, sviluppata su architetture armoniche dichiaratamente zimmeriane, e nella quale l’apporto tecnologico dei due compositori appare limitato a funzioni di “rinforzo” o di situazioni dinamiche di circostanza (“End of  line”, ottima epitome dello stile del duo insieme a quel “Derezzed” che è già nelle classifiche mondiali e di ITunes). Sonnecchiano dunque nei Daft Punk due anime, in questa circostanza molto scoperte: quella dei miscelatori arditi di sonorità “spurie”, sintetiche e geneticamente modificate, e quella di sinfonisti apocalittici (“Rectifier” e il sontuoso “Finale”) con più di qualche referenza illustre da declinare. Il risultato è senz’altro non troppo originale, in quanto anche evidente frutto di un lavoro di équipe, ma conferma ancora una volta come negli scenari contemporanei della musica per film il polistilismo non sia un mero espediente di accesso ad ogni tipo di committenza bensì una spinta interiore alla contaminazione come una via d’uscita dal tunnel delle barriere culturali fra generi.

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