Black Swan

cover_black_swan.jpgClint Mansell
Cigno Nero - Black Swan (Black Swan, 2010)
Sony Classical 88697804352
16 brani – Durata: 52’00”

 

Quinta collaborazione fra il newyorkese Aronofsky e il britannico Mansell, questo thriller-noir ambientato nel mondo del balletto classico segna, ancor più dopo The Wrestler, un deciso mutamento di rotta sia nelle scelte stilistiche e narrative del regista, ormai passato dagli inizi hip-hop e undergroundeggianti a ben più rassicuranti e astuti contenitori “di genere”, sia in quelle del suo musicista di elezione, che dal minimalismo compulsivo e disturbato  di scores come Pi greco - il teorema del delirio e soprattutto Requiem for a dream (il cui brano “Lux aeterna” è forse il capolavoro di Mansell), sembra ora spostarsi su fonti decisamente classico-sinfoniche, con ampi e dichiarati spazi al più palese e circostanziato citazionismo, qui ovviamente anche motivato dal substrato narrativo. Accade così che il “Nina’s dream” di incipit risulti una scoperta, nemmeno troppo strutturata, parafrasi ciaikovskiana dal “Lago dei cigni”, le cui note originali peraltro dilagano nel film con un’enfasi retorico-simbolica che si sarebbe detta ignota financo al regista del già corrivo The Fountain: il modello è sussunto garantendone una sorta di intelaiatura esterna (l’assolo iniziale dei legni, il rigonfiamento cantabile degli archi, l’elevarsi della temperatura nello stacco dei tempi), e l’operazione si rivelerà ancor più scoperta, sino ad una vera e propria “riscrittura sull’originale”, verso la chiusura dell’album con brani come “A Swan is born” e soprattutto “Perfection” (quest’ultimo di fatto, una mera riesecuzione della partitura originale ciaikovskiana), senza contare l’assolo pianistico finale e trascrittivo di “A Swan song (for Nina)”. Sin qui, si diceva, è una specie di contestualizzazione obbligata di una musica di livello “esterno” spinta a raccordarsi con il livello “interno” delle pagine di repertorio. Poi Mansell si mantiene egualmente su un registro più convenzionale di quello proprio abituale, a cominciare dal rigoroso utilizzo dell’orchestra, e non rinuncia ad atteggiarsi a compositore colto con movenze tipiche del classicismo ottocentesco (“New Swan Queen”); tuttavia, pur dovendo anche garantire alcuni stereotipi legati pur sempre alla cifra “dark” del film, il 48enne compositore di Coventry può prodursi più liberamente nelle proprie oscure, iterative e brevi melodie circolari (“Power, seduction, cries” o ancor più “The Double”), dove una cellula principale viene levigata e riprodotta, circondata da pulsazioni percussive elettroniche in crescendo. Ciò produce conflitti interessanti, come i fantasmi ciaikovskiani che riaffiorano nel violoncello che cerca di farsi strada nel magma del digital sound in “Opposites attract”, o veri esercizi di “fear music”, musica della paura, come in “Night of terror”, che svela bene fin dove possa spingersi la capacità di astrazione e di sintesi di Mansell: il quale in ogni caso si dimostra qui coraggiosamente alle prese con fonti stilistiche e culturali radicalmente diverse dalle proprie consuete, e per ciò stesso ancor più meritevole nell’aver tentato – non sempre con eguale successo – di introiettarle in un risultato artistico sospeso fra l’omaggio al passato e al lato oscuro del melò, e la propria innata vocazione ad un “soul sound”, ad un suono dell’anima che non si riconosce in alcuna forma di naturalismo o di tradizione consolidata.
                                                                           

Stampa