Themes from the Songbook

cover_songbook.jpgGya Kancheli
Themes from the Songbook (2010)
Dino Saluzzi – Gidon Kremer – Andrei Pushkarev
ECM 2188
20 brani – durata: 59’48’’

 

Nell’analisi del presente CD vorremmo riallacciarci alle considerazioni espresse nella recensione della splendida realizzazione discografica della ECM intitolata Hymns and Prayers (leggi recensione) al riguardo dell’ universo musicale del compositore georgiano Gyia Kancheli, nato a Tibilisi il 10 agosto del 1935.
La Georgia è un paese straordinariamente bello e misterioso che affonda le sue radici in un turbolento passato storico e mitologico. Prometeo fu incatenato sulle rocce del Caucaso mentre la città di Tibilisi è stata distrutta innumerevoli volte, oltre venticinque nello spazio di 1.500 anni. Questa terra  è stata inoltre oggetto di conquista da parte di  popoli più disparati che hanno a loro volta contribuito allo sviluppo della sua  affascinante tradizione culturale frutto dell’influenza greca, romana, bizantina, persiana e orientale.
La sua vita culturale si manifesta subito molto vivace e già nel  XII sec. aveva in Chota Rustaveli (1172 – 1216)) il maggior poeta vivente, mentre la musica  si sviluppa di pari passo al cristianesimo anche grazie ai forti influssi provenienti da Grecia, Siria  e Bisanzio.
Le turbolenze politiche che da sempre sconvolgono la regione si fermano nel 1801 con l’annessione all’impero russo per incominciare poi di nuovo agli inizi degli anni ‘ 90 con la caduta della cortina di ferro.
Sotto l’impero zarista l’evoluzione musicale subisce un’inevitabile svolta occidentale senza peraltro rinunciare alla grande tradizione del passato.
Il  1851 vede la costruzione del Teatro dell’Opera a Tibilisi che in breve diventa uno dei più importanti dell’impero e dove sarà ospite regolare il grande basso Feodor Chaliapine (1905– 1992).
Gyia Kancheli non è solamente una personalità artistica di rilievo nella sua Georgia ma viene giustamente considerato uno dei più significativi e interessanti compositori contemporanei.
La sua ispirazione musicale trova fondamento nel folklore georgiano per svilupparsi  in un linguaggio di grande intensità spirituale e poetica  che costruisce un universo di grandi spazi sonori in cui l’avvicendarsi di intensi slanci mistici e meditativi si infrange sulle onde di devastanti esplosioni sonore.
Nel 1971 viene nominato  direttore musicale del Teatro Rustaweli dove in collaborazione con il famoso regista Robert Sturua (1938) egli compone una lunga serie di musiche di scena  per ben 25 importanti lavori teatrali.
In realtà uno dei suoi primi interessi musicali è il jazz i cui influssi ritmici e timbrici  si ritrovano in molte colonne sonore da lui realizzate. Insieme a  Schnittke  è  uno dei compositori per il cinema più prolifici della ex Unione Sovietica avendo composto musiche per ben 47 film,  con ciò aderendo  alla tendenza  ufficiale  che vedeva con favore il lavoro di importanti musicisti  classici per il cinema.
Questa sua attività viene ora in parte documentata in modo assai singolare da un nuovo album della ECM, pluripremiata casa discografica diretta dal maestro Manfred Eicher, che propone una selezione di brani tratti da musiche di scena e colonne sonore, raccolti dall’autore nel suo ‘Songbook’ nella poetica dell’originale rappresentazione armonica tratteggiata da tre suggestivi strumenti nelle mani di altrettanti formidabili artisti come Dino Saluzzi (fisarmonica), Gidon Kremer (violino) e Andrei Pushkarev (vibrafono).
Mentre le musiche di scena contenute nel CD si riferiscono ad alcune delle più interessanti realizzazioni registiche di Robert Storua al Teatro Rustaweli alcune perplessità sorgono nella scelta delle musiche scritte per il grande schermo. Mancano infatti due fra le colonne sonore a nostro avviso più suggestive scritte da Gyia Kancheli, in particolare quella relativa al bellissimo Ne goryuy (Non te la prendere, Mosfilm 1969) di Georgi Danelija (1930) come quella composta per Golubye gori (Le montagne blue o una storia impossibile, Georgia Film 1984) di Eldar Shengelaya (1933), graffiante satira della burocrazia sovietica.
Dino Saluzzi è il grande solista del bandeon e ne offre in questa registrazione una ulteriore testimonianza con la sua forte capacità di introspezione poetica che esalta nell’esecuzione il languore nostalgico della musica, a volte  forse in modo eccessivo con il rischio di una certa uniformità espressiva che tende a mitigare la tensione interna dei singoli brani e la vivace inventiva ritmica e timbrica propria  del compositore georgiano.
Particolarmente affascinanti risuonano al riguardo i brani relativi alle musiche di scena per i drammi sheakespeariani Hamlet (brani 6 - 13 – 19) e King Lear (brano 7) avvolti in una sommessa, quasi sognata drammaticità magnificamene tratteggiata nella sua dimensione lirica dal suono profondo prodotto da Saluzzi che si  coniuga in modo suggestivo con le eleganti modulazioni del vibrafono di Andrei Pushkarev.
Mimimo (Mosfilm, 1977) di Georgij Danelija  narra la storia di un giovane pilota di elicottero di una piccola locale compagnia nella regione del Caucaso - Valentin Konstantinovich Mizandari chiamato Valiko - che sogna di diventare pilota di grandi jet. Trasferitosi a Mosca, va incontro a una serie di imprevisti e avventure.
Probabilmente non è il miglior lavoro del regista georgiano ma il leitmotiv della sua colonna sonora offre a Gidon Kremer una perfetta cornice per esibire le sue straordinarie qualità di interprete nella sua  capacità di abbandonarsi e rappresentare con inimitabile estro artistico, profondità di pensiero e impressionante rapporto interiore fra corpo e strumento,  i  più accentuati contrasti di tonalità e atmosfera, passando con maestria suprema dal più impercettibile pianissimo a un climax fortemente espressivo, da un assorto passaggio contemplativo alla forza dirompente di un ritmo danzante dai tratti diabolici. Nel brano 15 egli ci offre uno dei momenti più coinvolgenti del CD, interpretando con la sua abituale forza espressiva il leitmotiv di Mimimo e cogliendo  in modo splendido l’interiore pathos nostalgico della struggente pagina.
Georgij Danelija ha realizzato nel 1986, negli studi della Mosfilm di Mosca, l’intrigante Kin-Dza-Dza, un lavoro  sicuramente fra i più piacevoli del panorama cinematografico del periodo sovietico e negli anni ottanta, con gli inizi della Perestroika, ha rappresentato negli ambienti delle giovani generazioni un clamoroso film-cult per la sua coraggiosa metafora socio-politica e la sua dirompente vena satirica.
Due cittadini sovietici, Vladimir N. Mashov (detto zio Vova) e Gedevan A.Alexidze (chiamato il violinista) lungo le strade di Mosca si imbattono in un alieno.
Mentre forniscono delle informazioni allo strano personaggio, urtano inavvertitamente un suo strumento e d’incanto si ritrovano in un paese sconosciuto, desertico e decadente: il pianeta Piuk della galassia Kin-Dza-Dza!...
Nella lontana galassia tutto appare primitivo, arrugginito e difettoso mentre gli abitanti, simili ai terrestri, sono in grado di comunicare in varie lingue e possiedono facoltà telepatiche.
La loro società è regolata da leggi e relazioni feudali e barbariche.
L’odissea dei nostri due eroi nella galassia di Kin-Dza-Dza non è affatto facile e il loro ritorno sulla terra passa attraverso innumerevoli peripezie.
Danelija conferisce al suo film un rilevante contenuto psicologico e filosofico nella sua singolare rappresentazione metaforica delle innumerevoli imperfezioni, vizi e debolezze dell’essere umano, della società e delle sue fatue costruzioni e istituzioni.
La partitura scritta da Gyia Kancheli va sicuramente annoverata come una delle sue più riuscite tra quelle  composte per il grande schermo. La  scrittura musicale dai toni ruvidi e spigolosi e dalla forte carica ironica assume nel film una funzione vitale inserendosi in modo magistrale nella dialettica delle immagini di un viaggio attraverso ambienti repellenti e astruse situazioni e trasmette allo stesso tempo in modo esemplare il sottile senso di nostalgia che avvolge il cammino dei due malcapitati esseri terrestri mentre si muove come espressione e specchio dell’inconscio umano.
Nel presente album il Leitmotiv del film viene lasciato alle coinvolgenti modulazioni tratteggiate con maestria dal vibrafono di Andrei Pushkariev - eccelso musicista, percussionista  e arrangiatore dell’orchestra Kremerata Baltica – che ne esalta validamente l’interiore carattere satirico.
Terra, ecco il tuo figlio (Quartuli Pilmi 1980) di Revaz Chkheidze (1926) è un film di forte impegno sociale che descrive il conflitto di coscienza e l’interiore lacerazione in cui si dimena il protagonista  Georgij Toreli, giovane segretario di direzione della circoscrizione che riceve la visita di uno stretto parente che si attende da lui un importante favore.
La radicata usanza georgiana (in realtà diffusa in tanti altri paesi…) di un codice d’onore di stampo patriarcale finisce con lo scontrarsi con l’intransigente coscienza di un individuo che onora i principi di rettitudine morale e che quindi respinge ogni forma di corruzione e nepotismo.
Il giovane segretario oppone un fermo rifiuto alle corrotte abitudini del luogo, nega il favore allo zio e viene perciò visto come traditore dai suoi parenti e dagli ambienti loro vicini
La canzone “Herio Bichebo” tratta dalla colonna sonora del film viene presentata in apertura della registrazione (brano 1) nella suggestiva veste strumentale avvolta nel  severo languore nostalgico rappresentato con maestria da Dino Saluzzi e Andrei Pushkarev in assoluta intesa musicale e spirituale. Il brano conclusivo (pezzo 20) del CD ripropone la canzone che viene presentata con l’Orchestra Sinfonica di Tibilisi che accompagna la voce del Maestro Jansug Kakhidze, suo celebre direttore e stretto amico del compositore, che in modo convincente si esibisce come solista con  timbri  sommessi e suadenti.
Un CD imperdibile per gli amanti dell’arte cinematografica e musicale della Georgia così come per i fan di grandi musicisti come Gidon Kremer, Dino Saluzzi e Andrei Pushkarev.

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