The Omen

cover_omen_presagio.jpgMarco Beltrami
The Omen (Omen - Il Presagio, 2006)
Varèse Sarabande VSD 6736
20 Brani – Durata: 54’08’’

 

Come affrontare dignitosamente il confronto con uno dei capisaldi della musica thrilling – segnatamente il capolavoro per orchestra e coro composto da Jerry Goldsmith per The Omen di Richard Donner, datato 1976 ma praticamente immortale in quanto a influenza sull’immaginario collettivo e sulla musica da film di genere – senza scadere nel facile citazionismo o nella sterile rilettura del materiale originale? Ponendo la partitura come punto di partenza e non di arrivo; destrutturandone gli elementi specifici di base per poter approntare una ricostruzione personale dell’opera intesa ad una simmetria strutturale con il riferimento piuttosto che ad una somiglianza epidermica. Questo principio di rielaborazione dall’interno sembra esser stato la soluzione di Marco Beltrami (leggete l’intervista) per il non facile compito offertogli dal regista John Moore, autore del remake 2006 de Il Presagio. Almeno da quanto si deduce dall’acuto e soddisfacente esito finale del cimento, portatore per il giovane compositore anche di un’ulteriore responsabilità affettiva, essendo stato allievo e pupillo di Goldsmith (a cui l’album è dedicato). L’intento beltramiano si palesa già dal debutto dello score, dove il nuovo Main Titles presenta un ostinato ritmico che prende il posto del memorabile “Ave Satani” goldsmithiano nell’economia del commento senza rinunciare alle gregoriane liriche corali, ripensate però sulla base della nuova impronta compositiva. Emerge anche la diabolica cellula motivica di pianoforte generata dall’incipit dell’Ave, che Beltrami utilizza in pianta stabile come spia melodica del bambino protagonista. Con la presentazione del rasserenato tema della famiglia Thorn, Beltrami ristabilisce poi anche l’equilibrio tematico del primo spartito, attivando il diretto conflitto tra i due principali temi (male e bene), così come in Goldsmith la bucolica scrittura di “The New Ambassador” entrava in contrasto con l’inno satanico fino al soccombere fatale della prima – episodio (“Don’t Let Him Kill Me”) che il nuovo score rincorre ancor più esplicitamente dato il comune fulcro di tre note iniziali su cui Beltrami origina i due materiali, fino quasi a confonderli in una medesima frase melodica che trova il suo modulo (in senso matematico, cioè priva del suo occasionale valore negativo o positivo) in “The Funeral”. E’ una ricostruzione che non inibisce la caratteristica cifra beltramiana, fatta ancora una volta di un’elaborata filigrana timbrica e di una propensione alle tecniche di dissonanza avanguardistica. Anche il portamento tipicamente aperto ai crescendo, alle cadenze bartokiane e soprattutto ad un cura nell’orchestrazione al solito ragguardevole, non lasciano dubbi in quanto ad una identità musicale che non pretende mai di emulare l’anima ieratica del lavoro originale, concentrandosi invece sulla propria strisciante efficacia orrorifica. Semmai si riconosceranno ancora una vola il temperamento herrmanniano e l’atavica frenesia della gestione ritmica (“Damien’s Tantrum”, “Altar Of Sacrifice”), carismatici punti di forza di molti dei precedenti lavori dell’autore. Magari anche migliori di quest’ultima prova, che però trova valore aggiunto in una precisa idea di aggiornamento musicale che servirebbe da lezione a molti altri colleghi. Versioni riviste nell’arrangiamento da Bill Boston e dallo stesso Beltrami di “Ave Satani”, “A Doctor Please” e “Killer Storm” – dallo score premio Oscar del ’76 - trovano posto nella suite finale, “Omen 76/06”, quasi a rassegnare i materiali della fucina cui Beltrami ha attinto in corso d’opera. 

 

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