Wim Mertens, piano solo!

Reportage del concerto tenutosi a Bari il 22 novembre 2009

Wim Mertens a BariSono consapevole di averci messo un po’ troppo per scrivere questa recensione. Il concerto è quello di Wim Mertens, tenuto dal compositore domenica 22 novembre 2009 presso il Teatro Palazzo di Bari, evento inserito all’interno della rassegna TIME ZONES – sulle vie delle musiche possibili. La sala era gremita fino all’impossibile, tanto che i vigili del fuoco hanno dovuto verificare che non ci fosse pubblico in piedi o seduto nei corridoi a ostruire le uscite di sicurezza. Eppure, la musica del compositore fiammingo non è immediata, possiede un modo tutto personale di comunicare emotivamente con l’ascoltatore, e sicuramente non percorre la strada del pianismo sentimentale.

Il suo modo di affrontare la tastiera del pianoforte è al tempo stesso elegante e irruento, deciso, sonoro e intenso, un modo di tessere la composizione che fa pensare ad una attenzione particolare di tutta la trama sonora, quasi a ridurre gli interspazi tra un suono e l’altro. Non pretendo affatto di essere capito: la musica di Mertens va ascoltata, e non solo nelle esemplificazioni più famose (come “Struggle for pleasure”, il nome può non dir nulla, ma sfido chiunque ad affermare di non averla mai ascoltata). A tal proposito, ho cercato, incuriosito, qualche film con la musica di Mertens. Ho così individuato The Belly of an Architect, film del 1987 di Peter Greenaway. Individuarlo è stato facile, ma trovarlo no; ecco uno dei motivi per cui ho dovuto ritardare la mia recensione di circa due settimane. Dopo aver sguinzagliato l’amico cinefilo, sono venuto in possesso di un dvx che altro non era che la ripresa di un televisore nel quale andava il vhs del film... ma almeno era fatta. Dramma di parola, teatrale, dai forti contrasti e dai chiaroscuri inseriti in ogni aspetto cinematografico; persino elementi fortemente shakespeariani: la corte, il complotto, l’avvelenamento, il tradimento, l’ossessione, e la pazzia progressiva. Un film molto singolare che consiglio vivamente. Riguardo alla colonna sonora, si rimane delusi se ci si aspetta i soliti clichè della grammatica da musica per film, tipici del dialogo stretto tra musica immagine. Si tratta invece di una estetica molto diversa attraverso la quale la musica è la scenografia di una Roma (set del film) “grande” ma quasi matrigna, austera, perfettamente descritta dalla musica, che lascia però descrizioni dei personaggi e dei loro stati d’animo esclusivamente alla bravura degli attori. Il tema dell’architettura (che permea sceneggiatura, fotografia, regia) deve aver guidato Greenaway anche nella scelta di Mertens come compositore del suo film. Musica dal sapore barocco, costruita spesso su ritmiche non percussive ma serrate, tipiche del musicista fiammingo, che danno di Mertens l’idea di un architetto dell’arrangiamento, contraltare sonoro di tutto il lavoro fotografico del regista. Si tratta di una bellezza austera, a tratti severa, ma che si traduce in una riuscita aderenza tra immagine e musica già nelle intenzioni, prima ancora degli innumerevoli tentativi di appoggio di musica sulle immagini in sala di montaggio. Per apprezzare maggiormente il concerto, e per dare senso alla mia recensione su una autorevole rivista che parla di musica per film, ho sentito il bisogno di dotarmi di un termine di paragone. Ma Mertens, dal vivo, non si è risparmiato; piano e, spesso, voce hanno riempito una sala di una musica che non è facile, va seguita, va cercata al suo interno una bellezza che alla fine si trova, forse un po’ aristocratica, ma non snob, non distante.
Forse l’evento più atteso di TIMEZONES, e per questo, anche il più premiato dalla copiosa presenza di spettatori. Mertens è stato “costretto” a ben quattro uscite di bis prima di convincere l’acclamante folla a tornare a casa.

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