Resident Evil

Resident Evil

 

Musica di Makoto Tomozawa, Akari Kaida e Masami Ueda

 

Introduzione

ENTER THE WORLD OF SURVIVAL HORROR...”, una linea di testo bianca su sfondo nero che appare, a metà strada tra l’invito e la minaccia, durante ogni caricamento di Resident Evil. Appare lentamente, lettera per lettera e con il carattere ed il rumore tipici delle vecchie macchine da scrivere mentre inconsapevolmente conia la definizione per un nuovo genere di videogiochi.
Certamente nemmeno Shinji Mikami che Resident Evil l’ha concepito, creato e diretto avrebbe mai pensato di dare origine ad un nuovo filone videoludico, il Survival Horror appunto, con una semplice frase pensata al solo scopo di ingannare l’attesa del caricamento. In effetti, nella storia ultratrentennale dei videogames, giochi che possono vantarsi di essere primi di un genere si contano sulle dita delle mani. Resident Evil, prodotto nel paese del Sol Levante da CapCom, con tutte le sue qualità e tutti i suoi difetti, è indubbiamente uno di questi.
Con “Survival Horror” si intendono oggi quei videogames che vedono come protagonista una persona comune che deve sopravvivere e cavarsela in un ambientazione tipicamente horror. I nemici sono quindi mostri, zombi, demoni, mutanti ed il protagonista è solo e spesso debole. E’ vero che questo tipo di gioco è nato prima di Resident Evil; la creazione di Shinji Mikami però, oltre ad aver “inventato” la classificazione, è stata indubbiamente la prima ad avere un successo mondiale di proporzioni inattese persino per gli stessi produttori. Il “fenomeno” Resident Evil ha così generato schiere di fan, di collezionisti e di cultori e ha dato il via alla produzione di nuove versioni, riedizioni “enhanced”, sequel e porting verso quasi tutte le piattaforme di mercato. Dopo 12 anni dal lancio, Resident Evil è ancora sulla cresta dell’onda: a brevissimo verrà rilasciato il V episodio per PC, PS3 e X360 mentre il cinema ha già prodotto ben tre titoli dedicati all’IP CapCom.

La prima versione del gioco fu pubblicata nel 1996 per Playstation 1. Edita dapprima in Giappone con il nome Biohazard, per la pubblicazione negli States e in Europa dovette cambiar titolo dal momento che Biohazard era già stato utilizzato da una band metal/hardcore newyorkese. La prima console Sony era stata introdotta sul mercato solo due anni prima – nel 1994 - sicchè il gioco fu a tutti gli effetti uno dei primi grandi titoli per la neonata piattaforma. E’ anche per questo motivo che, pur geniale ed innovativo, Resident Evil non era privo di difetti “di gioventù” essenzialmente, ma non solo, di natura tecnico-concettuale. Negli anni successivi CapCom pubblicò infatti nuove versioni rivedute, corrette e migliorate ritoccando anche il comparto sonoro e musicale.
Ciò che ci interessa in questo momento è però andare a scoprire la versione originale, quella che ha innescato la reazione nel lontano 1996, esplorandone con attenzione gli aspetti più interessanti per i lettori di Colonne Sonore.

 

La musica

Resident Evil - 34 tracce - Durata: 66'39"

L’avventura si svolge nell’ambito di un castello all’interno del quale il o la protagonista si trova ad affrontare zombie e mostruosità di diversa natura. Lo scopo è naturalmente quello di sopravvivere svelando nel contempo la storia del castello e dei suoi abitanti. Come racconta Makoto Tomozawa - il Music Director del progetto - nelle note di copertina del CD della Colonna Sonora, la produzione pose molta attenzione all’”apparato sonoro” di Resident Evil. Gli effetti furono infatti studiati con attenzione eccezionale per l’epoca allo scopo di contribuire attivamente alla creazione dell’atmosfera; chiunque abbia affrontato e concluso l’avventura CapCom certamente ha ancora indelebili nella memoria il suono dei passi dei protagonisti nei vari ambienti, il disgustoso rumore di uno zombi che si trascina per i corridoi del castello o che mastica la carne della vittima di turno, oppure il verso dei doberman “infetti” che ci si trova a dover affrontare.
Parimenti, la musica fu, letteralmente, progettata per supportare efficacemente la narrazione e le varie situazioni di gioco. Ancora, Tomozawa racconta che il regista optò per offrire al giocatore un costante apporto musicale, come già avvenuto in altre produzioni, cercando però al contempo di costruire una struttura leitmotivica strettamente legata agli ambienti esplorati dal protagonista.
Semplicemente, ciò significa che nel gioco determinati temi musicali sono associati a specifiche locazioni in questo modo definendo e proponendo sempre la stessa “situazione emotiva” al giocatore che entra in una certa stanza. Le eccezioni a tale regola sono comunque frequenti in quanto, ad esempio, in occasione di alcuni combattimenti o durante i filmati narrativi, vengono proposti brani che nulla hanno a che vedere con i leitmotives ambientali.
La realizzazione delle musiche per Resident Evil fu affidata a ben tre musicisti, il già citato Makoto Tomozawa insieme ad Akari Kaida e Masami Ueda che, sotto la costante supervisione di Mikami, riuscirono a creare una soundtrack assolutamente “efficace” e perfettamente “funzionale” alla narrazione.

Benchè esclusivamente elettronica, anche a causa dello scarso budget iniziale dedicato al progetto, la musica presenta comunque sonorità tradizionali – quindi con abbondante uso di archi, organo, arpa e pianoforte sintetici - contrariamente, ad esempio, alle composizioni industrial di Akira Yamaoka per Silent Hill.
Dal punto di vista strutturale e compositivo i brani sono estremamente elementari; molti di essi sono costituiti da semplici melodie di poche note o da un paio di accordi ripetuti per tutto il brano, retti su un unico ipnotico arpeggio. Su questa base, gli autori modulano il messaggio musicale semplicemente intevenendo sulla ritmica, sull’arrangiamento, sulla tonalità o sulla strumentazione utilizzata: troviamo quindi pacati e malinconici arpeggi durante i momenti di pausa, feroci accordi dissonanti su base tecno per i combattimenti e lente ma inquietanti situazioni cromatiche per le fasi esplorative. I brani, di per sè brevissimi, vengono riprodotti in loop fino a che un evento di gioco non ne determina il cambio.
Non mancano momenti appena più sofisticati dal punto di vista melodico: per esempio, il tema proposto all’inizio dell’avventura durante la prima fase esplorativa dell’atrio del castello risulta particolarmente evocativo ed in grado di immergere immediatamente il giocatore nell’atmosfera di gioco. Si tratta di un brano per synth strings comunque molto semplice che propone due lente melodie in contrappunto affidate a due sezioni distinte dell’orchestra (sempre e solo elettronica). E’ sufficiente iniziare ad esplorare il secondo piano del castello per ascoltare quasi lo stesso brano in cui le due sezioni dell’orchestra sono state invertite al fine di dare all’ascoltatore una fallace impressione di “novità”.
Se da quanto sopra si può già intuire la scarsa profondità musicale della soundtrack, il frequente ricorso a scritture atonali o dissonanti nei momenti d’azione e l’occasionale utilizzo di effetti noise nella seconda metà del gioco rendono l’ascolto isolato della musica di Resident Evil un’esperienza piuttosto avara di soddisfazioni se non per i fan del gioco.

Nel 1997 CapCom pubblicò un CD contenente la colonna sonora di Biohazard/Resident Evil remixata (Resident Evil – Original Soundtrack Remix). Prodotta da Pioneer LDCE, è oggi praticamente impossibile da trovare persino in rete se non a prezzi irragionevoli. Vero oggetto del desiderio, invece, per i collezionisti ed i fan dell’IP, il CD contiene 34 tracce che ripropongono quasi tutti i temi ascoltabili durante il gioco. I brani sono stati rielaborati dallo stesso team di musicisti che li ha prodotti per renderli più adatti ad un ascolto isolato ma senza comunque snaturare il brano originale, nel bene e nel male.
Possiamo quindi riascoltare il già citato brano esplorativo introduttivo (“At Deep Mountains and Dark Valleys, the Night Begins”) che troviamo ampliato ed arricchito sia in termini melodici che nelle sonorità. Non mancano poi i brani dedicati all’esplorazione delle altre parti del castello (“Wandering About”, “Ivies Domain”, “Queer Structure”) efficaci nel suggerire un’atmosfera misteriosa ed inquietante ma comunque tutti simili al primo e tra loro per melodie e strumentazione.
I temi ipnotici basati su melodie essenziali e ripetute ai limiti del minimalismo (ma senza scomodare Philip Glass e gli altri grandi della corrente omonima) sono ascoltabili in “Peace of Mind” - delicato arpeggio per arpa dedicato alle “Save Room”-, “Vacant Flat”, “Flooded Corridor”, “Deception” e “Concealed Passage”. I brani dedicati ai momenti d’azione e agli scontri con i nemici (“Fatal Bite”, “Yawn”, “Plant 42”) sono invece caratterizzati da dissonanze e atonalità che anche in questo caso non hanno nulla a che vedere con le opere dei maestri del XX secolo.
Infine, a dimostrazione di quanto affermato da Tomozawa nelle note di copertina, per la gioia dei fan, nel CD sono presenti molti degli effetti sonori utilizzati per il gioco, talvolta persino raccolti in tracce dedicate (p. es. “Dismal Field”).
L’opera di remix della soundtrack originale rende indubbiamente l’ascolto di questa musica più interessante... potremmo addirittura intravvedere nei momenti più fortunati l’ispirazione dei Goblin, ma si tratta, comunque, di un riferimento piuttosto forzato ed indotto più dal “suono” degli strumenti utilizzati che non dalla qualità della composizione.

A questo punto è fondamentale sottolineare un concetto essenziale per interpretare correttamente questa OST: il giudizio espresso fino a questo momento si riferisce esclusivamente al valore musicale assoluto della produzione. Se invece giudichiamo la musica di Resident Evil in termini di “efficacia” e di “compliance” ai requisiti posti dal regista, la soundtrack raggiunge con successo lo scopo per cui è stata realizzata. In precedenza ho volutamente enfatizzato il fatto che la musica è stata “progettata” come una qualsiasi altra componente del gioco piuttosto che composta su “ispirazione artistica” dei musicisti. Da questo punto di vista, il lavoro di Tomozawa, Ueda e Kaida è assolutamente encomiabile per la qualità raggiunta, in linea con il resto della produzione ed è infatti incontestabile che il comparto sonoro e musicale di Resident Evil, anche in questa sua prima versione, abbia attivamente contribuito al successo di pubblico del gioco. Un esempio quindi purissimo di musica applicata.

A fronte di quanto espresso, è evidente che il CD sia raccomandabile esclusivamente ai collezionisti e ai fan di Chris Redfield, Jill Valentine e della Umbrella Corporation: se non sapete di chi e di cosa sto parlando, è assai probabile che non vi entusiasmerete nè emozionerete all’ascolto di questo disco. Mi orienterei allora verso produzioni più facili (Katamari Damacy, Lumines...) o più interessanti musicalmente (Medal of Honor, Final Fantasy, Halo o anche Devil May Cry).

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