Chips - Season Three: Volume 2

Cover Chips Vol.2Alan Silvestri
CHiPs –  Stagione 3: Volume 2 (Chips - Season Three: Volume 2 – 1979/80)
Film Score Monthly – FSM Vol.11 No.10
27 brani – durata: 79’11’’

Molto attesa dopo l’apprezzata prima emissione delle musiche di commento composte da Alan Silvestri per la seconda stagione dell’indimenticato tv-show Chips, ecco, come promesso, a distanza di due anni (e a ventinove dalla registrazione e messa in onda) l’edizione discografica a cura di Film Score Monthly dello scoring per la terza serie. Procedendo nella stessa direzione della prima pubblicazione, l’etichetta di Lukas Kendall compila un’esaustiva selezione dei commenti prodotti dall’allora ventinovenne compositore – ancora di là dall’entrare nel firmamento dei grandi nomi hollywoodiani – evitando inutili ripetizioni di sorta attraverso un profilo dei più significativi momenti attinenti a ciascuno dei 24 episodi musicati da Silvestri nell’arco del biennio 1979/80.

Se stavolta il compositore americano non divide la paternità degli estratti con altri musicisti (l’album precedente includeva filologicamente l’unico spartito proposto da Bruce Broughton per la serie) la prassi imposta dal suo ruolo all’interno delle economie narrative del telefilm non subisce sostanziali variazioni. Nuovamente chiamato ad una musicazione perlopiù “esterna” e perimetrativa dell’azione schermica, il suo comporre si dipana sulle direttive di una corrispondenza stretta e puntuale con la cinetica prestabilita dei chase, dei panorami e dei margini dinamici della tradizionale messa in scena costruita intorno ai due poliziotti della strada Frank Poncherello e Jon Baker. Grado zero del commento per immagini declinato massimamente alla risposta dei meccanismi di découpage, gli score silvestriani mantengono nella seconda stagione di Chips un rapporto preferenziale (se non limitato) con la nuda scansione di montaggio che risulta in un reagente dinamico perlopiù impermeabile agli stimoli emotivi del materiale diegetico e sommariamente votato ai cut, all’avvicendarsi scalare dei piani, all’alternanza interno/esterno e alla variabilità ritmica dell’editing; reagente a cui la musica risponde elaborando di volta in volta soluzioni che vedono nel disco-funk anni’70 plastico idioma ma anche scelta ineludibile a fronte dei risaputi diktat produttivi. Semmai un referente semantico può essere ravvisato esso non può che ricondurre, per ovvia approssimazione, alle più basilari retoriche tensive di emergenza, velocità, pericolo e risoluzione eroica per le quali in fondo il musicista è unicamente interpellato. Ecco dunque rimarcata la generale funzione di sfondo delle partiture telefilmiche di matrice urbana licenziate nel medesimo frangente storico: musica che raramente sfiora funzioni connotative e finanche un supporto drammatizzante ma fondamentalmente ribadisce (la velocità delle motociclette e le strette agogiche), contestualizza oltremodo (le spiagge californiane e le combinazioni di chitarre/archi swinging), fotografa ostinatamente in campo lungo e lunghissimo mantenendosi alla periferia del discorso narrativo.

Come gli esiti della stagione precedente hanno dimostrato, Silvestri si produce però in un lavoro che coscientemente si attiene ai canoni ma non evita, laddove possibile, sforzi artistici verso traguardi che possano almeno garantire varietà e dignità musicale, in primo luogo eleggendo il suo mandato a palestra professionale. L’economia di mezzi (l’orchestra continua a non superare i 20 elementi), l’imposizione stilistica e l’impossibilità di accedere al dramatic scoring  incontrano la spinta brillante di un musicista per nulla deciso all’arrendevolezza: giocoforza, ogni cue insiste su una ricerca delle sezioni strumentali demandata al virtuosismo dei turnisti (che includono sporadicamente il compositore stesso alle chitarre elettriche) così come ogni ostinato è un esercizio di scrittura che si appella a tutte le varianti di pedali, riff, figurazioni e sincopi tra i quali l’artista inizia a selezionare le preferenze che lo porteranno, dopo l’esordio cinematografico, alle punte di eccellenza in simili ambiti. Così come l’inesauribile vena melodica è ulteriormente messa sotto sforzo dal principio di rigenerazione tematica che il compositore ha stabilito sin dai primi episodi. Insomma un cimento da guardare soprattutto in tralice, cogliendo, al raffronto con le immagini, come gli sviluppi di un ritmico groove giustapposto ad una corsa sull’autostrada sviluppino il motivo dell’episodio flettendo verso impressioni di senso e coerenza narrativa – addirittura emotiva - non trascurabili. Procedimenti simili acquistano rilievo forse ancora maggiore in questa seconda selezione, considerato come le griglie formali della disco vengono infittite. Su espressa richiesta del produttore, Silvestri registra tracce vocali per alcuni score dei primi episodi, cui però sopravviverà via etere soltanto lo strumentale dato il rifiuto finale dell’emittente. FSM apre l’album proprio con questi “semi-rejected”, ascoltati per la prima volta, portando giustamente all’attenzione quanto la sortita nella forma canzone dell’epoca (refrain-sviluppo strumentale-strofa-refrain) non abbia intaccato l’aspirazione al racconto dell’autore, altresì incentivandola e lasciando trasparire sprazzi di collimazione con la ballata. “Counterfeit” (con una cadenza e un act out afro-jazz di marca schifriniana che confermano una delle influenze fondamentali alla scrittura giovanile del compositore) è in questo senso la più interessante, ma funzionano in ugual modo anche la sfolgorante “High Octane” e la metrica fortemente cadenzata di “Valley Go Home!”.

Ai tre brani cantati seguono le tracce delle due note puntate “pattinanti” di “Roller Disco”, suddivise su cd in tre parti, dopo una coda in “Valley Go Home!” quantomai efficace all’ascolto autonomo visto l’incipit a salire che fa da sipario al ritorno nel tradizionale regime di underscore. Il raggruppamento di questi primi due blocchi come ‘concept suites’ beneficia enormemente alla tenuta del disco e, considerata la preferenza di Silvestri per la scrittura d’ensemble rispetto alle molte digressioni solistiche già ampiamente esplorate nella seconda stagione, assicura una longevità d’ascolto forse addirittura superiore al precedente, già accessibilissimo album. “Small Amount” scivola direttamente nel primo episodio incaricato di riportare la pubblicazione all’ordine cronologico e alla presentazione di un brano per episodio: “Death Watch”, consumato l’inevitabile quadruplo colpo d’avvio della grancassa a vuoto, sospende il temperamento ballabile dei primi blocchi e precipita la compilazione in un brano dalla vertiginosa urgenza ritmica; collabora una chitarra particolarmente abrasiva che sancisce la prima delle preferenze negli arrangiamenti (si veda anche “Second Chance”). E subito a seguire, in “Drive, Lady, Drive”, inizia ad emergere un altro colore di preferenza della stagione: un fiorente pianoforte che fa la spola tra scale jazz e impeto rapsodico, fissato sin d’ora nel bagaglio stilistico dell’artista e in seguito riproposto anche su grande schermo. L’estratto presenta inoltre rapide parti per sax, fiato che chiude il terzetto di strumenti maggiormente interpellati, anch’esso sulla rampa di lancio di una carriera protagonistica nella seguente filmografia silvestriana. Se le sue migliori vetrine sono nella digressione jam di “Valley Go Home!” e nell’accompagnamento alla sequenza di paracadutismo di “The Watch Commander”, il pianoforte trova esemplificativa strutturazione nel convulso “Wheeling” (da notare il rampante riff di drum&bass), con progressioni su base ritmica che rimandano agli exploit sinfo-jazz di Chi ha incastrato Roger Rabbit e Amnesia investigativa (mentre gli accordi finali di “Kidnap” sono il prototipo del pianismo calypso di All’inseguimento della pietra verde). Il brano prelude alla prima anomalia della stagione, “Christmas Watch”, dove un’apertura in pieno mood di carola natalizia evidenzia una divergenza inedita dai canoni della musica da balera. La seconda, ancor più pronunciata, è dietro l’angolo: in “Jailbirds” Silvestri ha la possibilità di staccarsi dall’extradiegetico ed entrare nel livello interno provvedendo ad una source emanata da un documentario in scena. Beffardamente, il passaggio di livello non modifica la retorica di base che resta quella della tensione, risolta con un pedale reiterato contenete i minimi comun denominatori del thrilling. La mancanza della sezione ritmica e la consecutiva concentrazione sul trattamento orchestrale, nonché su una scrittura finalmente esplicitante una certa drammatizzazione, individuano nell’episodio un documento importante della giovanile maturazione orchestrale dell’artista, sebbene palesante un’identità ancora acerba. Val la pena però ipotizzare come il passaggio da una fonte esterna ad una interna comunque funzionale a doveri di commento (è lo score del documentario) possa aver naturalmente richiamato Silvestri, nel transito, a smettere gli stilemi disco per mimetizzarsi in quelli del topos di riferimento; eventualità che spiegherebbe diversamente l’oscillare del segmento tra scolasticità ed esercizio di stile, suffragata dalla personalità già nascente riscontrabile nell’altra esperienza televisiva dell’autore, per altro contemporanea: nello stesso anno, musica infatti anche l’ultimo episodio di Starsky & Hutch, “Sweet Revenge”, orientandosi verso scritture ben più descrittive ed estranee ad imposizioni ballabili. Alcuni di questi segnali emergeranno comunque nelle successive stagioni di Chips, complice una maggior terreno d’azione per la musica.

La classica versione abbreviata della sigla originale di John Parker nuovamente arrangiata da Silvestri – ascoltata brevemente anche nel “Bumper” – chiude ancora il CD ma, come per quella d’apertura, si tratta di altro materiale recuperato dall’oblio: epurato della fragranza del basso elettrico rispetto all’orchestrazione della stagione precedente, il tune aggiornato non arrivò al varo televisivo degli episodi e fu ascoltano brevemente soltanto durante il lancio promozionale. Senz’altro un ulteriore rarità che si aggiunge ai meriti di un’operazione discografica eccellente, anch’essa limitata a 3000 copie. Ancora una volta l’album si fregia di una triplice rilevanza: si aggiunge come tassello importante all’operazione di tardivo recupero del lavoro inedito del compositore impostata all’inizio del nuovo millennio dalla Varèse Sarabande; sottopone alla proliferante attenzione nei riguardi del prodotto seriale di origine televisiva un altro esempio paradigmatico della musica applicata al medium negli anni ruggenti della sua consacrazione più popolare; ribadisce una lente d’ingrandimento sul lavoro di formazione di un’artista senz’altro fondamentale al futuro sviluppo estetico del mainstream musicale. Le esaustive note di copertina annunciano l’arrivo di una terza emissione con la quarta stagione. Non resta che attendere.

 

Stampa