Rocco Chinnici – È così lieve il tuo bacio sulla fronte

cover rocco chinniciPaolo Vivaldi
Rocco Chinnici – È così lieve il tuo bacio sulla fronte (2018)
RaiCom
16 brani – Durata: 30’24”

Cinema e tv degli ultimi quattro decenni italiani sono (purtroppo da un lato, grazie al cielo dall’altro) affollati di figure e protagonisti che hanno tragicamente scandito con il loro sacrificio la storia del Paese: servitori dello Stato caduti vittime della mafia o del terrorismo le cui biografie ci sono state restituite da numerosi registi e sceneggiatori perché rimangano d’esempio e di monito alle generazioni a venire, sempre che queste ultime abbiano la voglia di ascoltare e capire.

 Ecco allora che da Aldo Moro a Falcone e Borsellino, dal generale Dalla Chiesa al “giudice ragazzino” Rosario Livatino, dai poliziotti Boris Giuliano e Ninni Cassarà sino ai magistrati Terranova e Chinnici, passando per i meno noti ma non perciò dimenticabili nomi delle scorte spesso immolate insieme ai loro protetti, si è creata negli anni una lunga galleria di eroi che è stata anche l’occasione per altrettanti attori di misurarsi con personaggi non di finzione ma drammaticamente calati nella realtà civile e politica. S’inserisce in questo filone la fiction di Rai 1 diretta da Michele Soavi con Sergio Castellitto nei panni di Rocco Chinnici, che prende il sottotitolo dal libro autobiografico della figlia Caterina, anche lei magistrato come il padre. Chinnici fu l’ideatore del pool antimafia di Palermo dal quale sarebbero usciti poi Falcone e Borsellino, e venne assassinato da Cosa Nostra con un’autobomba insieme ad altre tre persone il 29 luglio dell’83, tre anni dopo il capitano dei CC Emanuele Basile e il procuratore Gaetano Costa, e nove prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio che avrebbero colpito i suoi due pupilli e le rispettive scorte.
  La filmografia del pluripremiato Paolo Vivaldi, che nella generazione dei compositori italiani cinquantenni rappresenta una delle punte di diamante, sembra particolarmente versata proprio sul fronte delle biografie, soprattutto televisive e non necessariamente ”politiche”: da De Gasperi a Einstein, da Edda Ciano a Don Zeno Saltini, da Adriano Olivetti a Pietro Mennea, dal commissario Calabresi agli scalatori del K2, da Luisa Spagnoli a Boris Giuliano – per non citare che i protagonisti di alcuni titoli – il compositore si è dimostrato particolarmente sensibile e attento nel cogliere l’anima di questi personaggi così diversi tra loro, senza mai scadere nella retorica o nella pomposità celebrativa, ma coniugando acutamente nelle sue partiture il lato delle vicende umane e personali con quello dei valori simbolici e civili di cui essi sono portatori.
 Non fa eccezione questo delicato affresco musicale per il giudice interpretato da Castellitto, che si avvale sin dall’inizio di un tema pianistico (“Rocco Chinnici’s theme”) mosso, agitato ma armonicamente semplice, basato su uno schema variativo del piano intorno a disegni secondari degli archi. Un miniritratto pudico e affettuoso, ma in qualche modo già presago. Ed infatti i riverberi elettronici di sottofondo in “The poisons’ courthouse”, su cui si stendono meste, desolate frasi degli archi, ci avvisa con tonalità da thriller di quale destino incomba non solo sul protagonista ma più in generale su una società civile che sembra preda senza difesa del cancro mafioso. Anche “The sea of Villagrazia”, nel quieto divagare del piano sul tappeto di archi, vira un momento contemplativo in meditazione malinconica, mentre “Judge Costa’s death” illustra bene uno dei momenti più tragici del racconto (appunto l’assassinio del giudice Costa) non attraverso sussulti ritmici o action music, bensì tramite struggenti frasi dei violini divisi in registro acuto; e il tema dedicato alla figlia Caterina (nel film impersonata da Cristiana Dell’Anna) è un limpido esempio del pianismo di Vivaldi, nella forma quasi di uno “studio” chopiniano introdotto e chiuso da una movenza lenta con un rapido episodio centrale più dinamico. Anche il tema per la moglie di Chinnici, Agata detta Tina (nel film è Manuela Ventura) si srotola come un canto quieto e triste che inizia dal violino solo e si propaga poi agli altri archi.
 Con tutta evidenza, è un’impostazione elegiaca ma non lacrimevole e men che mai enfatica quella voluta dal compositore, che trova non a caso un punto di arrivo in “Elegy for the mafia victims”: un asciutto, severo adagio ancora per archi e piano fondato su un pedale in mi dal peso indiscutibilmente funebre anche perché “sporcato” da minacciosi quanto sobri effetti elettronici. “Bad companies” riprende tonalità e struttura dell’”Elegy” ma, complice lo staccato degli archi e il ritmo più sostenuto, le indirizza in una direzione più positiva e serena: nella quale si muove anche il breve ma toccante “Roses by the sea”, che chiama in causa il bellissimo fraseggio dei celli sui leggeri tocchi del pianoforte.
 Un vero e proprio stacco stilistico si ha con “This house is unsafe”, pulsante e inquieto brano misto di elettronica e orchestra che sembra quasi rifarsi indirettamente a certi passi di Pino Donaggio per partiture e film analoghi (si pensi a Il caso Moro o Giovanni Falcone…): il clima però qui si acquieta subito sulle lunghe esposizioni degli archi, sostenute in chiusura dalla ritmica elettronica. Ancora archi con il pianoforte in sottofondo ma costantemente presente e “significativo”, in “Good news, bad news”. Più scopertamente minaccioso, con toni cupi fondati sul colore orchestrale e sull’assenza di scatti ritmici, “The judge’s gathering”, mentre “Bloody money flow” estrapola un sinistro tema degli archi staccati immediatamente ripreso e velocizzato in “Streets of Palermo” con un bruciante ostinato; ancora questo tema, evidentemente dal carattere e dalla destinazione luttuosi, in “Judge Terranova’s death”, di nuovo più lento nel ritmo e sigillato da un crescendo ultimativo.
 E si giunge così all’epitaffio di “Honourable criminals”, ancora una pagina di ferma ma ammonitoria compostezza che chiude una partitura troppo breve ma cionondimeno ampiamente sufficiente ad apprezzare il talento sottile e il rigore formale di un compositore che ha fatto anche dell’impegno civile una questione di stile.

Stampa