Gomorra - La serie

cover_gomorra_la_serie.jpgMokadelic
Gomorra - La serie (2014)
GDM 4031
16 brani – durata: 41’00”



Non c'è dubbio che una delle ragioni del grandissimo successo di Gomorra – La serie, progetto nato sotto la supervisione di Stefano Sollima, sia da attribuire all’ottimo score composto ed eseguito dai Mokadelic (leggi intervista).
Vi abbiamo già presentato la band e recensito i loro lavori per il cinema, ma questa è la prima volta che i Mokadelic si confrontano con la colonna sonora per una serie tv.
Partendo dallo stesso approccio musicale applicato nei precedenti lavori di sonorizzazione (da Come Dio comanda di Salvatores ad ACAB dello stesso Sollima, etc), la band riesce a cucire perfettamente addosso alle immagini un abito sonoro calzante, che mantiene intatta la trama anche quando si confonde tra musica popolare, cantanti neo-melodici e rap partenopeo (come accadeva nelle varie puntate, con una ricca e azzeccata source music).
E’ la qualità complessiva della scrittura e del suono, l’incredibile compattezza emozionale del mood, il colore uniforme che le diverse composizioni mantengono, a colpire più di tutto dopo l’ascolto.
La cifra stilistica della band che, sin dalle origini e per loro stessa ammissione, guarda al lavoro di esponenti del c.d. post-rock come Mogwai, Godspeed You! Black Emperor, ma anche di Brian Eno o Terry Riley, oltre che agli esponenti della musica psichedelica degli anni ‘60/’70, viene mantenuta anche in questa occasione, ma risolta con un maggiore ricorso a componenti elettroniche (sia analogiche che digitali), ambienti sonori distorti, filtrati, chiusi in camera d’eco.
La gamma di sentimenti evocati oscilla tra dramma, tristezza, malinconia e un amaro senso di rivalsa, che si tratti degli accordi sospesi di “Dust to ring”, caratterizzata da lunghe note gravi dei synth, o dell’armonia elegante degli archi in “Right to the edge”; dalla caratterizzante “Doomed to live”, che toccava il picco emozionale alla fine di ogni puntata, con quella cassa ovattata dal ritmo sincopato, alle chitarre riverberate da western metropolitano di “Stoke the Baptism of fire” e “Kickback”.
Dalle forti dissonanze di “Nothing to be gained”, con quei synth gelidi, la bass line che sembra uscita da un disco dei Joy Division e il piano elettrico a riscaldare il cuore, a “Drug crash” e “Black Patrol”, dissonanti e immerse in cupi drones, infiammati a tratti da circolari fraseggi di chitarra e Rhodes.
E ancora brani quasi trip-hop, dalla cadenza sincopata, con pianoforte e chitarre in evidenza (“Easy father”, “We will vote”), echi dell’accoppiata Carpenter/Morricone e del Moroder di Scarface in brani dalla forte matrice elettronica come “Showdown”, “Newlywed” e “Ray of Hope”.
Dimensioni oniriche, visionarie, quasi allucinate dominano “Wild and savage”, con quello stillicidio in cortocircuito di note di Rhodes, manipolate e filtrate, mentre emerge un tenue filo di speranza nella conclusiva “Tragic vodka”, dominata da un magnifico pianoforte.
Chiude l’edizione GDM “Nuje vulimme 'na speranza”, brano rap di N.T.O (al secolo Antonio Riccardi, nipote del grande Enzo Avitabile) feat. Lucariello, che abbiamo ascoltato sui titoli di coda di ogni puntata.
In definitiva, un altro ottimo lavoro da parte di Mokadelic che stanno costruendo, passo dopo passo, un suono personale, riconoscibile, calzante ed efficace, quale che sia il tipo di storie con cui si confrontano.

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