Mad Men

cover_mad_men.jpgDavid Carbonara
Mad Men (Id. - 2013)
Silva Screen Records B00D7DTSAU
23 brani – durata: 46’00”



Poche serie televisive hanno vinto tanti premi come Mad Men: 4 Golden Globe, 7 Emmy, 4 Critic’s Choice Television Award e un numero impressionante di nomination per tanti motivi differenti, tra i quali miglior trucco e miglior costume. Mad Men infatti è uno di quei telefilm che nasce con il nobile e un pò complesso intento di rivalutare o rivisitare un decennio passato della storia americana, non così lontano da non avere più testimoni (cosa che porta sempre ad una certa invenzione delle storicizzazioni più antiche) ma nemmeno così vicino da non fare ancora parte del mito.
Gli anni ’60 sono stati fondamentali per migliaia di motivi, culturali, storici, politici ed economici, ma negli Stati Uniti sono stati in particolar modo il decennio che ha costruito nel bene e nel male quello stato moderno che conosciamo noi tutti ora. Il compositore della colonna sonora, David Carbonara, mette in luce qui le sue qualità di autore ma non solo, perchè un’attenzione così evidente per le suggestioni musicali delle sonorità d’epoca e tipica di chi, ancora più del compositore, ha fatto per anni il difficilissimo lavoro dell’editor, mettendo insieme non solo i propri lavori ma anche quelli degli altri e cercando di trarne sempre fuori la soluzione più adatta al contesto musicale. Il compositore ha attuato una scelta storicista nel riproporre il genere più in voga nel periodo tra le classi più ricche del paese in maniera abbastanza fedele: ha avuto da questo punto di vista anche un certo coraggio nel non ammodernare dei generi ormai caduti in parte in disuso con delle orchestrazioni più moderne o più avvincenti. David Carbonara ha invece preferito attentersi alla storia e alle orchestrazioni originali presentando solitamente due diversi tipi di organico: uno più piccolo per il jazz e lo swing dove poco meno di una decina di strumenti suonano da soli e uno più esteso per la grande musica orchestrale americana con un’intera orchestra che accompagna uno strumento solista. Del primo gruppo fanno parte i brani numero 5 “Bunnys Bop”, 7 “Drapers Ruse” e 15 “Like a Good Girlfriend” che evocano proprio l’ambiente di un jazz club degli anni ’60 con il loro swing pulito e già classico, i glockenspiel e la spazzola usata sui piatti della batteria; ma anche la traccia 3 “Beautiful Girls” che aggiunge quella sonorità francese (ricorda addirittura un pò Tiersen) che si cercava di riprendere nel primo jazz a New Orleans e anche delle sonorità più latin che si mescolano alla grammatica jazz come iniziavano a fare proprio alla fine degli anni ’50 (tracce 9 “The Arrival”, 10 “Hotel Bossa”, 17 “A Little Kiss” e 20 “Christmas Conga” che vedono mescolare al jazz quell’attenzione per gli ottoni tipica della samba e della bossa nova e strumenti come le maracas e la chitarra classica). Del secondo gruppo invece fanno parte dei pezzi, solitamente di carattere tragico e drammatico, in cui a uno stile concertato vede l’alternarsi di uno strumento solista e l’orchestra (traccia 2 “The Man With the Miniature Orchestra”, 11 “Lights Out”, 14 “Don and Betty in Rome”, 16 “First Kiss”, 18 “The New York Times”, 22 “Betty’s Call” dove lo strumento solista è il pianoforte, il flauto o il violoncello e 21 “Petes Not Talking” con un clarinetto solo che riprende un pò Debussy); altro sottogruppo è invece quello che vede l’uso dell’orchestra in una maniera assai più semplice e di sfondo: nei brani 6 “Hurry in to The Far Away Places”, 8 “Summer Man” e 12 “For Number Four and Anna” l’orchestra è infatti solo un tappeto sonoro che sottolinea la melodia dello strumento solista che sià esso un violino, un oboe o una campana. Tre brani soltanto non fanno parte di questa categorizzazione ma  propongono altre caratterizzazioni: la traccia 4 “Betty Home and Sallys Story” ha un violino “celtico” che accompagna l’orchestra più vivace e brillante, il brano 13 “At the Codfish Ball” è un vero e proprio tango, suonato dal pianoforte e dal clarinetto e il pezzo 19 “Glo-Coat” è in stile western (ovvero non tanto in stile country ma proprio in stile Morricone-Spaghetti Western) con armonica, banjo e schiocco di frusta. Tutti e tre ovviamente sono brani caratterizzanti di particolari momenti più o meno ironici e particolari, unici istanti nei quali il regista vuole far l’occhiolino al pubblico e estraniare dunque lo spettatore dal momento storico presentato. L’unica canzone presente è “A Beautiful Mine” di RJD2 che chiude la raccolta come canzone di coda e che poco c’entra con lo stile e l’ambientazione dell’epoca ma che si inserisce perfettamente nell’utilizzo che della musica pop si fa nelle serie televisive con intento quasi puramente commerciale e pubblicitario.

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