Wallander

cover_wallander.jpgAdam Nordén
Wallander (Id. – 2005 - 2014)
Kritzerland KR 20023-2 – Edizione limitata 1000 copie
28 brani – durata: 53’00”



Il fragile, emotivo, umanissimo ispettore di polizia svedese uscito dalla penna di Henning Mankell è divenuto popolare presso il grande pubblico anche attraverso tre volti televisivi: il primo è stato quello di Rolf Lassgård, in una serie svedese iniziata intorno alla metà degli anni Novanta; il secondo, sempre Made in Stoccolma, di Krister Henriksson, ed è quello attualmente trasmesso su Top Crime; il terzo, e forse più noto, è quello dovuto all’interpretazione tormentata e shakespeariana di Kenneth Branagh, in un ciclo di coproduzione anglo-svedese iniziata nel 2008 andato in onda sia su Rai Tre che su Laeffe. Mentre la prima e la terza serie hanno visto l’alternarsi di più compositori televisivi (la serie di Branagh in particolare ha impegnato l’inglese Martin Phipps, figlioccio di Benjamin Britten), la seconda ha visto applicarsi un unico compositore di riferimento, il 43enne di Stoccolma Adam Nordén, origini jazzistiche e una già lunga carriera sul piccolo schermo sia nella fiction che nella pubblicità. Questo particolare ha garantito alla serie prodotta dalla Svensk Filmindustri una continuità stilistica preziosa, anche dovuta alle particolari caratteristiche e alle scelte linguistiche del compositore.
La Kritzerland ora mette per la prima volta nero su bianco queste partiture raggruppando una decina di episodi, in una selezione di brani effettuata personalmente da Nordén ricavandoli dai master originali in suo possesso.
Come è facile dedurre anche da un ascolto iniziale si tratta di “musica spaziale” o forse meglio ancora “spazialista”; musica cioè che crea e abita uno spazio quasi fisico smisurato, orizzontale, spesso immobile; è lo stesso compositore ad ammetterlo in una sua nota di copertina, accanto al puntuale profilo tracciato dal produttore del cd Bruce Kimmel; spazio e luce sembrano le coordinate principali di queste partiture, dove sono assenti ritmi concitati o enfasi timbriche, e tutto sembra allinearsi con la fredda, luminosa e incombente grandiosità di un paesaggio del Grande Nord. L’arpeggio d’apertura che introduce al nobile, severo tema degli archi dedicato al protagonista in “Before the frost” è immediatamente circondato e sprofondato in cupi rimbombi elettronici della percussione, prima di un disegno più mosso e ritmato reso inquietante dal contrasto con echi, riverberi sonori e sovracuti; un ostinato pianistico molto semplice costituisce l’”Anna’s theme” mentre il “Linda’s theme” dedicato alla figlia del poliziotto, personaggio instabile e problematico (la serie venne funestata nel 2007 dal suicidio dell’attrice 32enne che la interpretava, Johanna Sällström), è costituito da un lungo tremolo tenuto in ”la” degli archi sul quale ancora il piano accenna, fra lunghe pause, una frase delicata e incerta. Ritorna un tremolo dei violini in “mi”, raddoppiato dai bassi due ottave più sotto, che accoglie un gruppo di terzine del piano e una serie di rintocchi funebri della percussione in “Anna dies”, evidenziando una delle procedure quasi ricorrenti nel compositore, ossia la coesistenza e spesso il conflitto fra aree timbriche molto lontane. Domina ancora il pianoforte, limpido e algido, in “The container” mentre “The Overdose – Collapse” è musica elettronica d’avanguardia senza veli, dove il suono viene assaporato e lasciato cadere nel vuoto, con vibrazioni cantilenanti (“Father and daughter” e “The hospital”) simili ad emulsioni sfuggenti, fra tintinnii e risonanze oniriche, carillonistiche. Nordén non teme le trappole della “ambient music”, cui sembrano accostarlo alcuni cedimenti ipnotici (“The castle ruins”), e indulge ad una malinconia crepuscolare e trasognata, come nella breve ballata per chitarra di “The tricksters – At the beach”, altrove ricercando effetti tutt’altro che convenzionali, che ricordano curiosamente alcune esperienze di design sonoro del nostro Teho Teardo, come in “The black king”; il compositore ottempera raramente al regolamento piuttosto rigido della “thriller music” da serie televisiva, e non ama né la “scary music” né l’”action music”, anche se a quest’ultima concede qualcosa soprattutto nell’incalzare dei ritmi in Mastermind, episodio presente con numerose tracce, e alla prima guarda in alcune dissonanze pungenti, ma più contemplative che terroristiche. Gli archi lottano con la percussione e con alcune fulminanti incursioni degli ottoni (“Action suite”, forse la pagina più muscolare e accalorata del cd) ma è piuttosto il senso di una solitudine interiore, di una desolante banalità del Male quella che emana dagli score; delitti e segreti inanellati dalla serie vengono così avvolti da una nube di grave smarrimento esistenziale, di tristezza interiore, ben lontane dalla serialità pirotecnica e fracassona delle serie americane. E questa differenziazione non poteva del resto non ripercuotersi e riprodursi anche nella musica, dove alcuni squarci lirici suggeriscono una desolazione fluttuante e sperduta, come nei due “Piano themes” di Mastermind, il secondo dei quali si rivolge ancora ai moduli dell’avanguardia nel trattamento estremamente libero e antiromantico dello strumento. Quasi “musique concrète” sembra “The Hospital”, che denota in Nordén una vena sperimentale tutt’altro che trascurabile, mentre “Vendetta” (sic) punta ancora sull’immobilizzazione del suono, sulla rarefazione dei timbri e la repentina irruzione delle percussioni. Oscure masse sonore si agitano e ribollono in “The Martinson Family”, con il pianoforte fedele al proprio ruolo di pacificatore attraverso una serie di accordi mesti discendenti. Un coro femminile venuto da altri mondi s’intreccia con misteriosi sussurri su un pedale di celli in “The secret – Burning photos” ma è ad un “Adagio” degli End credits di “Before the frost” che l’album affida la propria conclusione: un ondulante riproposizione in re minore del tema di Linda che precede un accorato fraseggiare degli archi sostenuti dalla chitarra e finalmente liberi di sfogarsi in un epicedio che si disperde lentamente nel silenzio.
Musica venuta dal freddo, dunque, ma di certo non “musica fredda”: è ancora Nordén a dichiarare di essersi prefisso, nel suo lavoro, solo un obiettivo, quello di non sovrastare mai l’azione o i personaggi, al punto da farne quasi un principio etico. Ed è quanto si avverte con chiarezza nell’ascolto di queste pagine trasparenti, glaciali e sconsolate.

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