Pathos Bellico

cover_pathos_bellico.jpgAA.VV.
Pathos Bellico (1974)
Cometa edizioni musicali CMT 10019
21 brani – durata: 43’15”

Ennio Morricone, Luis Bacalov, Roberto Pregadio, Armando Trovajoli, Carlo Savina, Egisto Macchi, Antòn Garcìa Abril e Teimar in una sola raccolta cine-musicale per commentare la guerra con le sue molteplici atrocità e vittime innocenti, cercando di ricreare in note quel “pathos bellico” che tra polvere, spari e cannonate, rumore di aerei, cingolati e camionette, urla di dolore e di rabbia, ordini brutali e marziali, coraggio e disonore, battaglie furibonde e tragedie disumane, con profonda fatica e sudore provava a trapelare dagli animi di tutti quei militari che hanno vissuto momenti terribili e attimi di gloria per salvare la propria patria. La compilazione che la storica etichetta romana di colonne sonore Cometa edizioni musicali ha redatto è davvero interessante e ci mostra la grande duttilità e perizia compositiva di noti compositori italiani che si sono cimentati nello scrivere brani di sonorizzazione per reportage televisivi o documentari dedicati ai conflitti bellici mondiali del passato.
Si inizia con il pezzo dalle reminiscenze herrmanniane (soprattutto nella seconda parte!), “Mobilitazione generale”, puro brano action incandescente, di un Luis Bacalov in gran forma, con un uso dei fiati, degli archi e delle percussioni al cardiopalma, poi è il turno di Roberto Pregadio con la marcetta meditativa “Trincea” che lascia la bacchetta nuovamente a Bacalov con il crescendo tensivo “Dislocamento”. Il Maestro Morricone con “Occupazione 1939”, tra percussioni “cattive”, rumori d’ambiente, una chitarra elettrica e una tromba aggressiva in ostinato ci delinea il lato brutale della guerra. Torna il premio Oscar Bacalov con “Panico”, traccia con piano percussivo echizzato, tamburi in un continuum irruente.  Abril e il suo “Divisioni corazzate” ci assale brutalmente con un uso del reparto percussivo violento. Altrettanto violento e tensivo è “Prima linea 1940” dell’altro Maestro premio Oscar Morricone: anche qui (ma come prescinderne parlando di guerra!) le percussioni la fanno da padrone. Il papà di Mission riappare con “Raffiche 1942” dalle reminiscenze tipiche dei suoi brani drammaturgici e di commento western e polizieschi. Lo sperimentalismo tipico morriconiano fatto di atonalità e dissonanze, con un uso angosciante di strumenti percussivi anomali, si palesa in “Bollettini di guerra”. Rientra Bacalov con l’inno per tromba e archi ai “Caduti”, dove il pathos di cui parlavamo sopra vive e trasuda emozioni nostalgiche. Un altro grande Maestro, il compianto Armando Trovajoli, in “Perlustrazioni”, con qualche annotazione sonora molto “spaghetti western”, commenta l’attesa e la paura di soldati alla ricerca del nemico. Carlo Savina in “Allarme generale” sfoggia la potenza di ottoni, fiati e percussioni in un crescendo convulsivo. Trovajoli con “Lettere da casa” rallenta il ritmo adrenalinico della maggior parte dei precedenti brani, delineando un tema affranto, malinconico per archi, fiati e armonica “old western” in solitaria, molto bello! Morricone in “Reticolato 1916” gioca con la tensione sottesa che cresce sul finire. Bacalov con “Dispersi”, attraverso una chitarra elettrica e un piano battuto ritmicamente, tratteggia puro terrorismo emotivo. “Corte marziale” è un pezzo breve di Savina che con battiti cardiaci delle percussioni porta alla morte di un militare. Sempre Savina in “Rovine” gioca con un organo hammond e con tamburi per descrivere soltanto attimi di inquietudine, un brano cavernoso debitore di tanta musica Peplum. Egisto Macchi con “Alta tensione” ci conduce a rotta di collo, con effetti sonori fantasmatici, verso le trincee in battaglia. Lo stesso Macchi in “Attimi” mette in risalto la drammaticità della guerra fatta di lunghe attese estenuanti prima di una tragica morte annunciata. Lo sconosciuto Teimar con la sua ”In marcia” ci conduce in battaglia con un piano e rullanti sempre più angosciosi. Chiude il CD la traccia più lunga di tutto l’album, dal titolo “Respiri” di Macchi che altro non è che la dimostrazione perturbante e sottilmente ansiogena della fine di una vita che ha visto atrocità inenarrabili durante il conflitto bellico, e l’alternarsi del violoncello, violino, clarinetto solo ne ricalca nella sua protesa elegia la peculiarità altamente drammatica.    

 

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