Viaggi di Ulisse

cover_viaggi_di_ulisse.jpgNicola Piovani
Viaggi di Ulisse (2011)
La Voce della Luna
6 brani – durata: 70’26’’

 

Il nuovo lavoro di Nicola Piovani è stato lanciato con una breve serie di live e può essere attualmente acquistato nei negozi o scaricato in digitale tramite l'etichetta “La Voce della Luna”, fondata dallo stesso autore per avere piena libertà creativa e al tempo stesso dare una chance ai talenti che vengono puntualmente cestinati. Indipendenza discografica non significa che Piovani abbia ignorato quel rapporto virtuoso che lo lega all'Ottava Arte e ai maggiori successi ottenuti con La vita è bella, Pinocchio e Il Marchese del Grillo. L'autore di colonne sonore, con la sua inconfondibile atmosfera festosa, un po' malinconica e profondamente “italiana”, non viene di colpo cancellato ma tuttavia risulta, ad un ascolto complessivo e ragionato del disco, quantomeno “ridimensionato”. A scanso di equivoci citiamo il secondo brano in scaletta intitolato “L'Isola delle Sirene” che contiene una cantabilissima ed estesa melodia per pianoforte (e tastiere elettroniche) nello stile che lo ha reso famoso. Insomma, Piovani c'è e la sua penna è quella di sempre. Ma il compositore sembra dare l'idea di evitare un centro drammatico o lirico e di procedere per ellissi, note ritornanti e sempre approssimative del mito di Ulisse. Non veniamo immersi in un percorso musicale coerente ma in un paesaggio frastagliato, indecifrabile nel suo insieme. Azzeccata metodologia di questo concept sembra dunque essere l'ampio ricorso a stralci jazz, evidenti sin dalla scelta dell'organico strumentale. L'opera è infatti pensata in maniera “itinerante” per una piccola orchestra di sei solisti (pianoforte, contrabbassso, sax/clarinetto, violoncello, percussioni, tastiere) ai quali si avvicendano anche strumenti della tradizione mediterranea come il mandoloncello e la fisarmonica. Come è stato notato non c’è niente di “mitologico” né di monumentale nel rimando all’opera omerica, ma tutto è invece a misura d’uomo e profondamente passionale. Altra scelta stilistica contaminante, che rende ancor più l’idea di uno svolgimento fluido e al tempo stesso narrativo, è la presenza di voci registrate che nell’intenzione dell’autore hanno una valenza essenzialmente musicale. Oltre ad Omero, i testi sono quelli di Konstantinos Kavafis (che inneggia all’avventura e all’irresistibile attrazione dell’ignoto), James Joyce (con un monologo da Molly Bloom tradotto in napoletano),  Torquato Tasso, Pindaro, Umberto Saba. Le citazioni – interpretate da un cast in cui figurano Massimo Popolizio, Mariano Sigillo, Massimo Wertmueller, Siobhan McKenna, Chiara Banfi e persino lo stesso Joyce – vengono infatti trattate anche in maniera puramente fonica ai limiti del pastiche di voci (“Penelope/Molly Bloom”). Questi espedienti fanno assomigliare l’album ad una lunga sessione di free jazz a cui forse manca, paradossalmente, proprio l’elemento culminante dell’improvvisazione. È invece lo spartito a dettare tempi e modi. Dai trasformismi di tempi pari in dispari (“L’Isola Dei Ciclopi”) ai duetti fonici tra contrabbasso, clarinetto, pianoforte e violoncello, che denotano la sensibilità timbrica di Piovani. Per esprimere a suo modo l’inizio del mito (“Prologo”), l’autore fa esporre dal contrabbasso pizzicato alcune note leitmotiviche dell’opera, per poi subentrare al pianoforte e lanciare l‘orchestra in un turbine tempestoso in cui si alternano le voci calde del violoncello e del clarinetto e le fragorose percussioni. Il secondo brano, “L’Isola Delle Sirene”, ha un inizio tensivo caratterizzato dai bassi pulsanti e i frenetici arpeggi al pianoforte, mentre ancora clarinetto e violoncello svettano duettanti. Piovani al pianoforte accompagna con note ribattute e iterative le voci recitanti e da questo apparente “nulla” fa nascere una melodia vellutata incorniciata dalle tastiere elettroniche che simulano il canto delle sirene e dalle percussioni cromatiche. L’incanto musicale si trasforma presto nel suo opposto, ovvero staccati al pianoforte e ritmi incalzanti che suggeriscono quanto pericolosi siano seduzioni e ammiccamenti di ogni genere. “L’Isola dei Lotofagi” vede protagonista il sax che espone una frase iterativa, qualche accenno di chitarra elettrica, percussioni esotiche e ricorrenti serie di tre note. Ne “L’Isola dei Ciclopi” il contrabbasso pizzicato evoca la spedizione temeraria di Ulisse e i suoi nella spelonca di Polifemo. L’atmosfera rimane sospesa e quasi ipnotica fino al sesto minuto in cui appare un motivo già preannunciato in precedenza ed ora esposto in maniera esaustiva con un arrangiamento caldo per pianoforte e fisarmonica. “Penelope/Molly Bloom”, il brano in qualche modo più “sperimentale”, si apre con una meditazione al piano solo di circa 3 minuti. Suo cuore pulsante è una lunga interpretazione in vernacolo napoletano di cui abbiamo già detto, mentre l’ennesima interpolazione tematica vede stavolta protagonisti la fisarmonica e il mandoloncello in un affresco sanguigno dell’italianità in “costume”. Timpani, batteria e clarinetto aprono la traccia conclusiva intitolata “Le Colonne D’Ercole”. L’atmosfera è stavolta un susseguirsi piuttosto esteso di frasi identiche che rasentano la monotonia. Le variazioni sono affidate agli strumenti, con l’innesto interessante della chitarra elettrica stile Anno Zero. Nel finale riaffiora il tema delle sirene, ancora più struggente, raggelante e passionale al tempo stesso, con un violoncello da brivido e i soffusi sinth tastieristici in primo piano. Come nota finale si può forse dire che la registrazione su disco, con l’ascolto asettico che ne deriva, penalizza in qualche modo la vitalità dell’ensemble. Certi fraseggi insistiti e diversi momenti di  improvvisazione dei solisti dietro le voci recitanti sono significativi solo se inseriti in un contesto live. D’altra parte il CD si esalta nei momenti intimisti, quando Piovani sale in cattedra con il suo pianoforte e regala puri momenti di magia.

 

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